lunedì 9 dicembre 2013

Dobbiamo fermare i veri estremisti

http://www.eddyburg.it/2013/11/dobbiamo-fermare-i-veri-estremisti.html

di Domenico Finiguerra



L'autore appartiene ai pochi che non contrastano il consumo di suolo  solo con le parole, ma anche con i fatti.  Lo ha fatto come sindaco di un piccolo comune alle porte di Milano e  lo ha fatto come fondatore dell'associazione Stop al consumo di suolo. 

Quante volte, partecipando ad un dibattito sul territorio, su una grande opera, su un piano regolatore, vi è capitato di essere etichettati come dei radicali ambientalisti, degli estremisti, dei sovversivi annidati nei comitati? A me è capitato moltissime volte.

La cosa mi ha sempre dato anche un certo godimento. Aumentava la mia autostima. Essere accusato di essere un sovversivo dai dirigenti del partito del calcestruzzo (sia da quelli di matrice neoliberista che da quelli di matrice progressista) era motivo di grande orgoglio. Cose da raccontare ai nipotini. «Ma smettila di opporti alle autostrade e al Tav! Vuoi farci tornare all'età della pietra? Vuoi muoverti con i cavalli! Estremista e ambientalista del c...!», «Si, adesso siete anche contro l'expo 2015! Ma vergognatevi. Siete dei talebani del verde! Volete farci perdere occasioni di sviluppo, di crescita, di competitività! Irresponsabili», «Ma che problemi vi da questo outlet? Ci sistemano anche tutta la viabilità e ci fanno 7 rotonde. Ah certo! Voi volete andare nei campi a caccia di farfalle, oppure volete tornare a coltivare la terra! Bravo! Oltre ad essere ambientalista sei pure terrone!»(questa me la sono beccata da parte dei dirigenti del partito del cemento della corrente leghista).

Ma poi, con il passare del tempo, questa etichetta ha cominciato a starmi stretta e con mia grande sorpresa mi sono reso conto che in realtà, io e direi anche tutti gli ambientalisti, siamo dei veri ed autentici moderati. Nel senso che siamo impegnati nel moderare il peso dell'uomo sulla terra. Vorremmo mantenere, difendere o ripristinare i delicati equilibri esistenti tra il genere umano, gli altri esseri viventi e la terra. Terra intesa sia come pianeta che come terra che abbiamo sotto i piedi.

Di converso, quelli che ad ogni assemblea pubblica, consiglio comunale o talkshow televisivo, non perdono occasione per sbeffeggiarci, disegnarci su un albero intenti ad abbracciare un panda oppure additarci all'opinione pubblica come i nemici della patria, hanno perduto la natura e lo smalto di moderati. Approvando e finanziando grandi opere, speculazioni edilizie, saccheggi vari del territorio, distruggendo biodiversità e suoli agricoli, con lo scorrere dei cronoprogrammi dei loro cantieri promessi alla lavagna di Porta a Porta, i rispettabili politici e lobbisti in doppiopetto hanno subito una metamorfosi che li ha trasformati in veri estremisti sovversivi, quasi sempre polemici e pronti ad alzare i toni della discussione. Se necessario anche usando il manganello...

Esagero? Mi pare proprio di no. Anzi possiamo affermare con pochi dati certi, che i veri nemici del benessere del paese e dei cittadini che lo abitano siano proprio loro. Loro che in un quarantennio hanno compromesso il futuro delle presenti e delle future generazioni. Vediamo perché.

Che cosa è fondamentale per un popolo, per le persone che vivono su un determinato territorio? Che cosa è indispensabile alla sopravvivenza dei cittadini? Il cibo. E che cosa è accaduto al nostro paese? È accaduto che dal 1971 al 2010 ha perso 5 milioni di ettari di Superficie Agricola Utilizzata (SAU). Questo dato è dovuto a due fenomeni: l'abbandono delle terre e la cementificazione.

Per la risoluzione del primo, la politica è completamente assente e non riesce, anzi non prova neanche, ad arginare la perdita di terreno del settore primario rispetto al mattone. Coltivare la terra rende sempre meno in termini di reddito ed è molto faticoso, nonostante la meccanizzazione. Una crisi che richiederebbe anche un cambio di modello di produzione, avviando una riconversione che emancipi il settore stesso dalla monocoltura intensiva aprendo nuove prospettive. Non solo in termini di produzione ma anche di occasioni per riprodurre comunità e socialità.

Per il secondo fenomeno, la cementificazione, la politica dominante, non solo non ha arginato il fenomeno irreversibile della impermeabilizzazione dei suoli, ma lo ha facilitato e promosso: approvando normative che hanno spinto i comuni a fare cassa con la monetizzazione del territorio, progettando e realizzando opere infrastrutturali che hanno accompagnato l'espansione urbanistica (lo sprawl), favorendo la rendita urbana ai danni della tutela del territorio, del paesaggio e dell'agricoltura, coltivando il consenso facile con gli oneri di urbanizzazione che arrivano grazie alle colate di cemento.



Per rendere bene l'idea di quello che è successo nel nostro paese ci possono aiutare due grafici tratti da un rapporto sul consumo di suolo agricolo a cura del Ministero delle Politiche Agricole. Nel primo  (sopra)si può vedere che a fronte di un aumento della popolazione, la superficie agricola utilizzata è diminuita (del 28% in 40 anni) e la forbice tende ad allargarsi. Nel secondo grafico  (qui s)è chiaro ed evidente quanto l'Italia stia progressivamente perdendo sovranità alimentare. Riso, pomodori e frutta fresca sono le uniche colture che produciamo in misura superiore al nostro fabbisogno. Per tutte le altre siamo ben al di sotto dell'80% di copertura. Per alcune sotto il 40%. La media del nostro grado di approvvigionamento alimentare è tra l'80 e l'85% ed è in costante diminuzione. Solo 20 anni fa era pari al 92%


A questi dati, tenuti nascosti sapientemente all'opinione pubblica (ne avete mai sentito parlare al TG1, al TG3, a Ballarò, a Otto e mezzo?) se ne aggiunge un altro ancor più preoccupante: l'Italia è il terzo paese in Europa ed il quinto nel mondo nella classifica del deficit di suolo. In sostanza ci mancano 49 milioni di ettari per coprire il nostro intero fabbisogno che è pari a 61 milioni di ettari. Siamo destinati ad essere sempre più dipendenti dalla produzione di terreni di altri paesi. Il buon senso del buon padre o madre di famiglia dovrebbe portarci a fermare per decreto ed immediatamente la cementificazione ed il consumo di suolo, a bonificare le aree compromesse dal cemento e dai veleni, ad incentivare seriamente il ritorno alla coltivazione delle terre abbandonate. Ma purtroppo il buon senso e l'interesse collettivo sono spesso in contraddizione con gli interessi dei pochi e soliti noti...

Ma oltre che della perduta sovranità alimentare, gli estremisti dirigenti del partito del cemento si sono resi protagonisti dell'alterazione e della sovversione di delicati equilibri ecosistemici. Alterazione condotta grazie alle loro azioni irriducibili, condotte talvolta nottetempo: mitici i consigli comunali alle 3 di notte per approvare varianti ai piani regolatori (Nei quindici anni dal 1995 al 2009, i comuni italiani hanno rilasciato complessivamente permessi di costruire per 3,8 miliardi di mc). Le scelte di questi estremisti sono concausa certificata del dissesto idrogeologico e dello sprofondamento quotidiano del paese nel fango. Ma essi si ostinano quotidianamente a tenere la posizione, si oppongono in maniera davvero ideologica e radicale alle decine di proposte veramente moderate che presentiamo tutti i giorni.

Noi (ambientalisti, comitati, cittadini) chiediamo di investire le scarse risorse nella messa in sicurezza del territorio; loro ci rispondono arroganti che sono prioritari i buchi nelle montagne per portare merci a 300 km all'ora da Torino a Lione. Noi proponiamo di incentivare il recupero degli immobili esistenti, rendendoli più efficienti dal punto di vista energetico, di puntare sul risanamento/ricostruzione dei centri storici abbandonati (a partire da L'Aquila, dove recentemente si sono recati 22 sindaci moderati della Val di Susa per chiedere di impiegare in quella città le risorse destinate al Tav); loro si impuntano con le newtown in aperta campagna, le cittadelle dello sport, della moda, del design. Noi proponiamo di restaurare il paesaggio, di elaborare un grande piano nazionale di piccole opere, che aiuterebbe l'edilizia ad uscire dalla crisi (dall'abbattimento delle barriere architettoniche alla realizzazione di fognature, marciapiedi e piste ciclabili); loro ci rispondono polemicamente e strumentalmente con nuovi piani casa, nuovi grattacieli, nuovi grandi eventi e relative nuove grandi autostrade e nuovi grandi padiglioni. Insomma, noi chiediamo di andare più piano; loro accelerano con sprezzo del pericolo, spingendo il vapore a tutta velocità verso le estreme conseguenze, verso il baratro. Degli irresponsabili.

Risultato di queste scelte scellerate portate avanti con tanta veemenza bipartisan? Secondo l'ISPRA (Istituto Superiore per Protezione e la Ricerca Ambientale) ogni giorno vengono impermeabilizzati 100 ettari di terreni naturali. 10 mq al secondo. Quindi cosa facciamo?

Dobbiamo fermarli. Non c'è alternativa. Perché sono dei veri sovversivi. I veri estremisti di questo paese.

venerdì 4 ottobre 2013

Marezzane non si tocca! (PIANO B)

Penelope, la perturbazione in arrivo, ci impedisce di festeggiare “Marezzane Non si Tocca” all’aperto sulle colline, ma non ci ferma nel continuare a tessere la nostra rete di relazioni.

Abbiamo pensato di recuperare la seconda parte della giornata.
Quindi domenica 6 ottobre alle ore 18,00 presso il teatro del circolo Noi di San Pietro in Cariano via don Oliboni:

“Dal digiuno contro il consumo del territorio un’occasione per il futuro” 
saranno presenti Luca Martinelli giornalista di Altreconomia (http://www.altreconomia.it/site/) e don Albino Bizzotto, fondatore dei Beati Costruttori di Pace, che con il suo  digiuno ha dato avvio ad una forte presa di coscienza contro il consumo del territorio e contro le grandi opere del Veneto (oltre 90 persone veronesi stanno a staffetta proseguendo tale iniziativa digiunoterritorio.blogspot.it).
Letture di Massimo Totola e Cristina Patuzzo.

Alla fine proviamo a recuperare un po’ di festa con gustosa cena sempre presso il Noi di san Pietro in Cariano con l’immancabile riso all’amarone, spezzatino timorato e gelato al pero misso.


giovedì 3 ottobre 2013

Marezzane non si tocca 2013 - Comunicato Stampa

Domenica 6 ottobre si rinnova l'appuntamento con "Marezzane non si tocca!", manifestazione nata dalle associazioni Valpolicella 2000 e Comitato Fumane Futura in difesa della collina che la cementeria di Fumane vuole trasformare in miniera a cielo aperto.
Un momento di festa per tutti bambini e adulti, un’occasione di incontro per associazioni e cittadini che hanno a cuore il futuro della Valpolicella.
Malgrado l’impegno delle associazioni abbiano bloccato il processo di riammodernamento della cementeria di Fumane e il rilancio pluridecennale di tale attività, malgrado l’impegno per bloccare l’utilizzo dei rifiuti nel cementificio, malgrado il parere negativo vincolante espresso dalla Sovrintendenza contro i nuovi progetti di escavazione, Marezzane purtroppo non è salva.

L’intervento del presidente della provincia Miozzi e la benedizione del Prefetto hanno riattivato i canali politici e i funzionari regionali e ministeriali perché si riaprisse la partita di Marezzane.
La Cementirossi ha fatto ricorso contro il parere della Sovrintendenza che il TAR ha stroncato senza mezze misure.
Eppure malgrado tutto questo la funzionaria della Soprintendenza responsabile del procedimento della Cementirossi ha dovuto dimettersi anche a seguito delle pressioni nel frattempo intervenute e la regione anziché chiudere la procedura con la dovuta delibera di Giunta con la cassazione del progetto ha accettato che la Cementirossi presentasse una modifica al progetto che consiste in sostanza in una riduzione del sedime della strada per raggiungere Marezzane ma confermando per il resto la cancellazione della collina.

Marezzane, luogo del cuore del FAI, luogo di congiunzione tra la Valpolicella e la Lessinia è diventato simbolo delle contraddizioni che si stanno giocando in Valle.

Marezzane si lega infatti con le problematiche dell’area Lonardi e i progetti di biomassa di San Pietro, con i devastanti progetti edificatori previsti nei PAT e piani Intervento dei comuni e i processi di negrarizzazione, contro la devastazione infrastrutturale prevista nel Piano Provinciale, con le lotte condotte dai cittadini di Pescantina per mettere fine alla devastante esperienza di Ca' Filissine, con il progetto di istituire il Parco della Valpolicella, con chi promuove una agricoltura che promuova la diversificazione, la riduzione ed eliminazione dei pesticidi, con la devastante e incontrollata attività di cava in Lessinia.

Marezzane non si tocca è uno di questi momenti in cui cresce la consapevolezza che la Valle è a un Bivio e che è necessario uno stop chiaro al suo consumo, che occorre promuovere una diversa vivibilità, che la Valpolicella diventi luogo in cui si promuove una diversa cultura del vivere un territorio.

Oggi "la collina è ancora in gioco" oggi la Valpolicella è in gioco.

La festa inizierà alle 10,00 con la consueta marcia per il sentiero di Marezzane, alle 11,00 sono previsti i burattini del Progetto Favolavà.
A pranzo ci saranno i consueti "Gnocchi di Malga" e per chi si fermerà anche a cena il famoso "Risotto all'Amarone".
Dopo pranzo ancora intrattenimento e laboratori per ragazzi tra cui “ Segni, Tracce, Impronte... del vicino BOSCO" a cura dell’associazione Marinamù Ensemble.
Alle 15,30 momento importante: “Dal digiuno contro il consumo del territorio un’occasione per il futuro” saranno presenti Luca Martinelli giornalista di Altraeconomia e don Albino Bizzotto, fondatore dei Beati Costruttori di Pace, che ha da pochi giorni terminato i 15 giorni di digiuno per protestare contro le grandi opere del Veneto (oltre 90 persone veronesi stanno a staffetta proseguendo tale iniziativa - digiunoterritorio.blogspot.it).

La giornata è dedicata a due amici che ci hanno in questo anno lasciato: Sandro Campagnola anima e pensiero critico in questi anni della Valle, amico battagliero e sferzante (www.teladoiolavalpolicella.it) e Dario Ciapetti sindaco di Berlingo (BS) che con la sua presenza aveva voluto assicurare la vicinanza dell’associazione Comuni Virtuosi.

“Marezzane Non si tocca” quest’anno adotta due proposte: la sottoscrizione di abbonamenti alla rivista Altraeconomia e il sostegno al progetto film/documentario “Nevica ad Agosto” sulle storie e le lotte in Valpolicella in questi ultimi anni. Sarà presente la regista Lucilla Tempesti.

Luogo Malga Biancari - Marano di Valpolicella.

mercoledì 25 settembre 2013

Marezzane non si tocca 2013


Digiuno per il territorio


Da lunedì 16 quasi 80 veronesi fanno a staffetta un digiuno per scongiurare un ulteriore scempio del territorio che le grandi opere, le grandi e piccole speculazioni edilizie stanno compiendo ai danni del paesaggio e del suolo del Veneto.
Hanno raccolto il testimone che don Albino Bizzotto, fondatore dei Beati i Costruttori di Pace, ha lasciato, dopo i suoi 11 giorni di digiuno, ai cittadini di buona volontà che abbiano voglia di conservare quel territorio (sempre meno!) non ancora mangiato dal cemento. “Il Veneto – dice don Albino – è una delle regioni più attive al mondo nell’affaticare il pianeta”.
La cementificazione dei suoli riguarda innanzitutto i terreni più fertili della pianura veneta, mentre la costruzione di sempre nuove strade, autostrade, superstrade, svincoli, tangenziali hanno determinato una ulteriore frammentazione degli spazi destinati all’agricoltura e causano le sempre più frequenti esondazioni dei fiumi.

Anche alcuni esponenti del Comitato Fumane Futura e dell'Associazione Valpolicella 2000 sono tra i digiunatori.

lunedì 9 settembre 2013

Il biodistretto che ha sconfitto l'inceneritore

È successo a Greve in Chianti, dove decine di produttori del consorzio Chianti Classico si sono convertiti al biologico e hanno cambiato la storia di questo splendido territorio - Giuliano Marrucci
http://www.corriere.it/inchieste/reportime/ambiente/biodistretto-che-ha-sconfitto-inceneritore/473595ea-163f-11e3-a860-3c3f9d080ef6.shtml


La chiamano la conca d'oro. È la splendida vallata che parte dal piccolo borgo di Panzano in Chianti (frazione del comune di Greve in Chianti, Firenze) e che ospita a perdita d'occhio alcuni tra i vigneti più pregiati del nostro paese.
È qui che è nato il nocciolo duro di questa esperienza che è destinata a cambiare per sempre il mondo della viticoltura del belpaese.

«Abbiamo fatto questo matrimonio tra due purosangue, tra l'eccellenza della qualità e come viene fatta questa qualità». A parlare è Ruggero Mazzilli, titolare della stazione sperimentale per la viticoltura sostenibile, il guru del biologico che ha fatto innamorare le aziende che contano.

Tutto è iniziato attorno al 2005, quando nel comune di Greve viene ritrovato un esemplare di Scaphoideus titanus, la cicalina che gira per le viti infettandole con il fitoplasma più temuto dai viticoltori: la flavescenza dorata.
Responsabile di danni sterminati soprattutto in Piemonte negli anni '90, contro il propagarsi di questa malattia nel 2000 il governo ha emanato un decreto che impone il trattamento obbligatorio ovunque venga trovato anche solo un esemplare di cicalina. Un trattamento estremamente invasivo, che i produttori di Panzano temevano potesse distruggere definitivamente un delicato equilibrio creato in decenni di viticoltura di altissima qualità.

Ecco allora che si riuniscono e decidono di chiedere una consulenza a Mazzilli. Insieme cominciano a dubitare che il ritrovamento di un singolo esemplare significhi necessariamente il propagarsi della malattia. E così prima di intervenire, come imporrebbe la legge, decidono di avviare una campagna di monitoraggio, al termine della quale risulterà evidente che del trattamento in realtà non c'è nessun bisogno. Un approccio pragmatico che ha salvato questi terreni da interventi invasivi ed ha convinto i produttori a continuare a seguire i suggerimenti di Ruggero, che nel giro di pochi anni ha guidato la conversione a biologico dell'80% delle viti del territorio, una concentrazione unica al mondo.

È a questo punto che a Greve si comincia a parlare dell'inceneritore che l'allora piano provinciale dei rifiuti prevedeva dovesse sorgere proprio in questo comune. Ma il percorso avviato ha ormai trasformato l'associazione dei produttori vinicoli di Ponzano in un vero e proprio presidio per la tutela del territorio, votato a promuovere un'idea completamente diversa di sviluppo. Grazie anche alla sensibilità dell'amministrazione comunale questa idea si traduce nell'istituzione di un vero e proprio bio-distretto, cioè un territorio “dove agricoltori, cittadini, operatori turistici, associazioni e pubbliche amministrazioni stringono un accordo per la gestione sostenibile delle risorse, partendo proprio dal modello biologico di produzione e consumo”, come recita il comunicato stampa.
È la prima volta in Europa per un territorio votato alla viticoltura. Ed è anche l'arma vincente per convincere la Provincia che l'inceneritore qui non può essere costruito.

martedì 23 luglio 2013

IL PAESE NON È COSA VOSTRA

Come associazioni ambientaliste, culturali, sociali e di cittadini di Fumane condanniamo con forza la decisione dell'attuale sindaco, Domenico Bianchi, e della maggioranza che rappresenta, di indire, per mercoledì 24 luglio, su un tema fondamentale per il futuro di Fumane un consiglio comunale “informale”, che vuol dire a porte chiuse e che in concreto non vale nulla.

Non possiamo accettare che le nostre osservazioni al Piano di assetto territoriale del paese siano discusse lontano da noi cittadini, rappresentanti delle associazioni che le hanno presentate. È un modo di concepire l'amministrazione e la cosa pubblica veramente inaccettabile.

Come associazioni ”Borghi di Pietra”, “Fumane Futura”, "Valpolicella 2000” e "Comitato per il Polo Scolastico" faremo sentire la nostra voce all'esterno del municipio per ribadire che sulle scelte importanti del paese serve la partecipazione, la condivisione ed il coinvolgimenti dei cittadini e delle associazioni.

Per questo, diamo appuntamento a tutti i cittadini di Fumane e della Valpolicella che si battono per un futuro migliore di questo territorio per mercoledì 24 luglio alle ore 18 davanti al municipio di Fumane. Ribadiremo, anche di fronte ad un consiglio a porte chiuse che suona come offesa alla democrazia, il nostro ”NO” ad un Pat che non guarda al domani, che non disegna un paese migliore, ma che ripercorrere i soliti sorpassati riti di uno sviluppo edilizio fuori tempo ed antieconomico, che brucia ancora territorio, ambiente e paesaggio che restano le sole vere risorse per garantire un futuro a Fumane ed alla Valpolicella.

TUTTI IN PIAZZA IL 24 LUGLIO A FUMANE

Borghi di Pietra - Massimo Rossignati
Comitato per il Polo Scolastico - Vanessa Pangrazio
Fumane Futura - Paolo Groppo
Valpolicella 2000 - Daniele Todesco

lunedì 24 giugno 2013

In Italia a picco il consumo di cemento: è scoppiata la bolla della rendita


L’assemblea annuale dell’Associazione italiana tecnico economica del cemento  (Aitec), l’organo di rappresentanza del 90% della produzione dell’industria cementiera nazionale, aderente a Confindustria e del Cembureau (Associazione Europea del Cemento) ha dovuto probabilmente prendere atto della fine di un’epoca. Le cifre snocciolate dall’Aitec sono rivelatrici di una crisi verticale frutto anche della bulimia di territorio ed ambiente del passato: «Consumi di cemento in Italia in forte calo nel 2012: – 22,1% rispetto al 2011, con volumi dimezzati in sette anni. Per il 2013 stimato uno scenario di ulteriore arretramento».

Il Presidente dell’Aitec, Alvise Zillo Monte Xillo, ha detto: «Invochiamo misure di rilancio dell’edilizia e dei progetti infrastrutturali: il Paese necessita di un piano di riqualificazione urbana in chiave di efficienza e sostenibilità». Parole nuove, ma bisogna capire a cosa pensano Zillo ed i suoi soci quando parlano di infrastrutture perché quelle che ha in testa ancora Confindustria sono quelle pesantissime e contestatissime che ben poco hanno a che fare con l’efficienza e la sostenibilità.

L’Aitec sottolinea quello che da tempo diciamo anche qui a greenreport.it: «La crisi economica ha avuto impatto sull’industria del cemento più che su qualunque altro comparto: nel 2012 il decremento della produzione è stato di oltre un quinto ed ha portato così a dimezzare complessivamente i volumi nell’arco degli ultimi sette anni, in linea con l’andamento fortemente negativo del comparto delle costruzioni».

Uno scenario drammatico, soprattutto in un Paese che per lunghi anni ha avuto il record di consumo pro-capite di cemento ed il record della cementificazione del territorio e dell’abusivismo edilizio. Di fronte a questa crisi che è frutto di scelte sbagliate e della speranza che tutto continuasse come prima e più di prima in un settore più che maturo, «La filiera del cemento e del calcestruzzo lancia alle istituzioni un appello per l’adozione di politiche industriali strutturali in grado di far ripartire gli investimenti in edilizia e infrastrutture».

L’assemblea Aitec è stata l’occasione per il convegno “Edilizia e infrastrutture: opportunità di rilancio per il Paese” che ha messo a confronto ’imprenditoria, istituzioni ed esperti. Dai dati della Relazione Annuale di Aitec emerge che «Nel 2012 la produzione di cemento in Italia si è ridotta drasticamente, con un calo pari al 20,8% rispetto al 2011, attestandosi a 26,2 milioni di tonnellate. Anche i consumi di cemento hanno registrato una riduzione del 22,1% nell’anno, arrivando a perdere il 45% circa rispetto al massimo raggiunto nel 2006. Le prospettive per il 2013 permangono critiche, con l’attesa di un ulteriore forte calo dei consumi intorno al 20-25%, dopo che nel primo trimestre 2013 si è già registrato un decremento del 22,4%, e con una situazione di capacità produttiva in eccesso al momento stimata al 40-50%».

La filiera del cemento è comunque praticamente ferma in gran parte dell’Unione europea a 27, dove però il calo medio di domanda e produzione, anche se alto, si è attestato intorno al 19%, La Germania mantiene il ruolo di primo produttore e l’Italia in crisi nera si conferma comunque al secondo posto. Il rapporto sottolinea che «Tra i Paesi più importanti, proprio la Germania e la Francia sono riuscite a contenere più di altri la crisi, con un calo della produzione pari rispettivamente al 3,6% e al 7,3%» e questi due grandi Paesi non hanno certo il nostro tasso di consumo di suolo ed hanno ben atre politiche urbanistiche e/o infrastrutturali ed un’edilizia meno intossicata dalla rendita.

Ritornando al rapporto Aitec, «Il peso dell’export è aumentato nel 2012, arrivando a rappresentare una quota del 6,6% delle destinazioni del cemento, ma permane per ragioni strutturali, legate soprattutto all’elevata incidenza del trasporto sul costo finale del prodotto, l’impossibilità di considerarlo uno sbocco per compensare la carenza di domanda interna».

Il settore del calcestruzzo preconfezionato, assorbendo circa il 49% della produzione, continua ad essere il comparto più rilevante tra quelli di destinazione del cemento,  ma «Ha vissuto un anno molto negativo, facendo registrare un calo dei volumi di produzione pari al 22,5%, in linea con gli effetti della crisi sull’intera filiera».

Secondo il presidente dell’Aitec «Il rilancio di edilizia e infrastrutture rappresenterebbe un’opportunità di sviluppo per l’intero Paese, con effetti moltiplicativi su occupazione ed investimenti. Non è più rinviabile la decisione di avviare un piano di riqualificazione urbana, ispirato all’efficienza energetica e alla sostenibilità ambientale, in linea con quanto fatto nel resto d’Europa e che possa mettere al centro dell’attenzione il recupero di un patrimonio edilizio italiano, uno dei più vetusti in assoluto».

Qui si osserva veramente un cambio di passo, come i cementieri che cominciano a dire cose che fino solo a qualche mese fa bollavano come ubbie ambientaliste: «Proprio il tema del recupero del patrimonio abitativo italiano è oggi al centro delle proposte di Aitec. Il 60% degli edifici, pari a 1,5 milioni di unità, è stato costruito prima del 1974, anno di entrata in vigore della prima normativa antisismica e necessita pertanto di messa in sicurezza. Tale intervento di demolizione e ricostruzione, ad impatto zero pertanto in termini di consumo di suolo, consentirebbe circa 10 anni di piena occupazione per il mondo delle costruzioni e il riassorbimento di 600.000 addetti della filiera».

La proposta di Aitec è simile a quella che da anni fanno associazioni come Itala  Nostra, Legambiente, Inu e gli urbanisti più avveduti: «Concentrare gli interventi sulle aree industriali dismesse e sui quartieri residenziali caratterizzati da una scarsa qualità architettonica e inadeguati rispetto alle attuali normative sismiche, idrogeologiche e di risparmio energetico. Il passaggio dalla demolizione alla ricostruzione può inoltre prevedere forme di reimpiego degli scarti provenienti dalla demolizione, ad esempio ricavando dal calcestruzzo armato gli aggregati per i nuovi conglomerati cementizi, limitando in tal modo sia il consumo di materie prime che il ricorso alle discariche».

Si potrebbe chiosare che dai diamanti non nasce niente, ma che dalla crisi del cemento italiano potrebbe anche nascere una nuova politica urbanistica che faccia tesoro dell’ingordo assalto al territorio che ci ha portato alla attuale crisi verticale della rendita diventata improvvisamente un insostenibile fardello, non solo per il paesaggio e la bellezza dell’Italia “assassinata dal catrame e dal cemento”, ma anche per le tasche di chi sul consumo di territorio ha investito.

U.M.

sabato 22 giugno 2013

COMUNICATO STAMPA: "IL PAT CHE VORREI...quello che nessuno vi ha ancora raccontato"

COMUNICATO STAMPA  
"IL PAT CHE VORREI...quello che nessuno vi ha ancora raccontato"
Le idee delle Associazioni sul Futuro di Fumane

Venerdi 14 giugno presso la sala Consigliare del Comune di Fumane si è svolto un incontro sul Pat (Piano di Assetto Territoriale). Promosso dal Comitato Fumane Futura e dall'Asssociazione Valpolicella 2000, con il contributo di Legambiente e di Terra Viva, ha visto una buona partecipazione da parte dei cittadini di Fumane. Il giudizio delle Associazioni sul Pat approvato dal comune di Fumane, è stato fin dall'inizio nettamente negativo. Per i relatori, il Piano risulta totalmente inemendabile, estremamente generico e che omette completamente le problematiche principali del comune. Inoltre risulta ricco di buoni propositi generali che vengono completamente disattesi quando si addentra nelle ipotetiche linee di attuazone.
Dopo un'introduzione dove per sommi capi si è giustificato il parere negativo delle  associazioni, Legambiente a spiegato come nasce un Pat e quali sono gli sviluppi operativi successivi nello specifico osservando le dinamiche che sottintendono alle superfici che purtroppo ad ogni stesura increnmentano le aree edificabili. Da qui sono partiti gli interventi che hanno evidenziato con dati alla mano, tutte le criticità omesse o trattate con colpevole superficialità. Nello specifico i problemi che uno sviluppo basato sul continuo consumo di suolo agricolo, avrebbero su un patrimonio ambientale e paesaggistico molto delicato che resiste ancora Fumane. Ed ancora la problematica delle cave, ben 30 presenti nel comune di Fumane, con le ferite al territorio ben visibili e il sito produttivo di Exide con le problematiche di inquinamento di tale industria situata all'interno del paese. Grave per le associazioni che si pensi a nuova edificazione anche al centro del capoluogo dove è presente la problematica del campo da calcio, una ferita ancora aperta con la popolazione, dove, secondo le associazioni si potrebbe finalmente costruire la piazza di Fumane. 
Non meno importanti sono stati gli interventi sulla Scuola, sul Cementificio e le problematiche ambientali come le discariche e la qualità dell'aria.
Per il capitolo destinato alla  scuola si è evidenziata la contraddizione tra i propositi all'interno del Pat che sottolineano l'inadeguatezza del polo scolastico e la problematica della scuola elementare con la criticità della posizione pericolosa all'interno dell'incrocio principale di Viale Verona, mentre questa stessa amministrazione spende € 800.000,00 per la messa a norma dello stesso edificio.
Altra nota dolente il Cementificio Rossi confermato di fatto dal Pat senza che si sia trattato in profondità la problematica dell'incidenza di tale industria sulla qualità dell'aria, seppur evidenziato come tema problematico, e la totale omissione del tema oramai dimenticato della discarica abusiva presente all'interno del territorio di Fumane.
Prendendo spunto dall'esperienza di Terra Viva che punta ad un aumento delle pratiche biologiche e sostenibili in agricoltura, Fumane Futura e Valpolicella 2000 hanno declinato le loro proposte per un Pat che finalmente promuova e sviluppi la qualità, l'unicità e le potenzialità anche economiche del pregiato territorio di Fumane. Nello specifico si è rilanciato il messaggio centrale dello STOP AL CONSUMO DI TERRITORIO.



lunedì 17 giugno 2013

Dall'antica Roma un segreto per costruire: "Il cemento del passato meglio dell'attuale"

la Repubblica, 16 giugno 2013
http://www.repubblica.it/scienze/2013/06/16/news/dall_antica_roma_un_segreto_per_costruire_il_cemento_del_passato_meglio_dell_attuale-61220929/?ref=HREC2-14

ROMA - "In secula seculorum", nei secoli dei secoli. E così sia: una volta costruito un edificio, nell'antica Roma, ce ne si poteva dimenticare. Eccetto terremoti imprevedibili, tutti avevano la certezza che non sarebbe mai crollato. Perché l'impasto cementizio utilizzato ai tempi dell'Impero era meglio di quello che sappiamo fare oggi. Più resistente sì, ma anche più sostenibile dal punto di vista ambientale.

Per capirlo basta guardare le rovine romane ancora in piedi dopo oltre duemila anni. E a metterlo nero su bianco è uno studio di una squadra internazionale di scienziati, e potrebbe aiutare chi costruisce a farlo da qui in poi in maniera migliore. Gli scienziati e gli ingegneri hanno notato la resistenza all'erosione e all'acqua del cemento romano impiegato nella costruzione di porti, ancora pefettamente conservato in molti casi. L'ingegnere Marie Jackson dell'Università della California a Berkley fa i numeri: "Rispetto a quello romano, il cemento di Portland, quello che usiamo comunemente da 200 anni, in queste condizioni non durerebbe più di mezzo secolo prima di iniziare a erodersi". 

Per capire le proprietà del cemento romano, l'equipe ha analizzato tra l'Europa e gli Usa un campione estratto dal porto romano della baia di Pozzuoli, a Napoli. Il segreto è nell'utilizzo di particolari minerali, tra cui roccia vulcanica e calce, che a contatto con l'acqua rendevano il cemento particolarmente solido. E che per essere prodotto, non aveva bisogno di una dispersione di diossido di carbonio nell'atmosfera pari al 7% del totale, come accade oggi.  Il connubio calce-cenere vulcanica non c'è nel cemento di Portland. E quindi "dopo qualche anno inizia a fratturarsi, al contrario di quello romano", spiega ancora Jackson. Impiegare oggi quelle tecniche di costruzione è una sfida per tutta l'industria. Ma si avrebbe quindi poi accesso a un materiale più solido ed ecologico da produrre. Accanto alle altre soluzioni sostenibili per l'ambiente a cui oggi l'umanità ha accesso, ora c'è un'altra risposta che viene dal passato remoto. (t.t.)

mercoledì 12 giugno 2013

il PAT che Vorrei...



propongono


il PAT che Vorrei…
…quello che nessuno vi ha ancora raccontato

le idee delle Associazioni
sul Futuro di Fumane

con il contributo delle Associazioni:


e



 Venerdì 14 giugno

In Sala Consiliare a Fumane

Alle ore 20.45

mercoledì 22 maggio 2013

"ITALIA DESNUDA" Percorsi di resistenza nel Paese del cemento



VENERDI’ 24 MAGGIO 2013
Ore 20.45
Presso la FORESTERIA SEREGO ALIGHIERI a Gargagnago di Valpolicella
Via Giare 277



Francesco
VALLERANI
Università Cà Foscari Venezia
Presenta il suo libro
ITALIA DESNUDA
Percorsi di resistenza nel Paese del Cemento
Edizioni UNICOPLI

ne discuterà con

Mauro VAROTTO
Università di Padova



Francesco Vallerani insegna Geografia presso l’Università Ca’ Foscari-Venezia. Oltre a considerare i processi culturali e gli esiti fisionomici prodotti dal vistoso consumo di suolo che ha sfigurato il bel paesaggio italiano, ha affrontato il preoccupante allargarsi di condivise geografie dell’angoscia, con particolare attenzione al caso veneto.
Collabora con vari sodalizi impegnati per la tutela del bene comune.



salValpolicella
Tenuta Pule – Via Monga, 9 – 37029 San Pietro in Cariano (Verona)

mercoledì 15 maggio 2013

L'industria del cemento è finita

Italcementi e Cementir annunciano agli azionisti un dimezzamento nel numero degli stabilimenti. La crisi è ormai talmente evidente che non può più essere nascosta

di Luca Martinelli
http://www.altreconomia.it/site/fr_contenuto_detail.php?intId=4041

L'industria del cemento, quella che faceva il paio con il boom dell'edilizia ed è stata in continua espansione nei primi sette anni del Duemila, è finita. 
È finita da tempo, perché i consumi pro capite sono in caduta libera da un triennio, dopo aver toccato un massimo di circa 800 chilogrammi a testa, e  un cementificio, che è una macchina capital intensive, alla lunga non può lavorare al 60, 65% della propria capacità. 

La vera novità degli ultimi due giorni, però, è che a prendere atto di una crisi irreversibile è -finalmente- anche l'industria del cemento, che ne ha informato i propri azionisti in questi giorni dedicati, per molte delle società quotate in Borsa, alle assemblea che approvano i bilanci 2012. 

Ieri (17 aprile) era toccato ad Italcementi, che è il principale attore del mercato. Riprendiamo dal Corriere della Sera (la famiglia Pesenti, che controlla Italcementi, è anche azionista di Rcs, l'editore del quotidiano) la lettera che Giampiero e Carlo Pesenti hanno distribuito agli azionisti:

"Il mercato italiano del cemento continua a essere caratterizzato da una sovracapacità produttiva rispetto a una domanda che si è allineata ai livelli della fine degli anni Sessanta. L'anno scorso le aspettative di un'inversione della tendenza negativa che aveva caratterizzato il settore delle costruzioni a partire dal 2008 -afferma il presidente di Italcementi-, si sono allontanate a causa dell'aggravarsi dello scenario congiunturale, soprattutto in Europa, in alcuni fasi entrato in una fase di recessione, spostando l'attesa di segnali concreti di ripresa sono nel prossimo futuro". 

"A fronte di questa nuova realtà, che si prevede non possa più tornare agli elevati livelli pre-crisi -da Italcementi- è stato avviato un intervento con l'obiettivo di razionalizzare l'apparato industriale e distributivo nazionale, senza per questo ridurre le quote di mercato: il gruppo con il rigoroso controllo della gestione finanziaria continuerà una politica di mantenimento dell'indebitamento netto entro i prudenziali limiti che da sempre caratterizzano il profilo della società. Il 2013 -si legge ancora nella lettera dei vertici agli azionisti- inaugura la completa integrazione nella relazione finanziaria annuale di quella sulla sostenibilità e le strategie e le azioni intraprese quest'anno, pur a fronte di una volatilità che contraddistingue l'evoluzione dello scenario macroeconomico mondiale, determineranno per il gruppo nuove sfide e un impegno ancora maggiore affinché la nostra attività possa generare valore condiviso per tutti gli stake-holders" concludono Giampiero e Carlo Pesenti. 

Poi presentano il piano industriale: nel 2013, saranno 8 le cementerie "sicuramente aperte". Invece di 17.

Oggi (18 aprile) è tocca invece a Cementir (gruppo Caltagirone), annunciare il congelamento del progetto d'investimento da 150 milioni di euro per l'impianto di Taranto, di cui abbiamo scritto più volte anche in merito ad un finanziamento a fondo perduto concesso dalla Regione Puglia per trasformarlo in un co-inceneritore di rifiuti: 

"'Avendo 4 siti produttivi -ha spiegato Francesco Caltagirone jr, secondo una nota di MF DJ News- stiamo pensando di concentrarci in alcuni' di essi perché la crisi non termina a breve.
Per ora il progetto di Cementir sullo stabilimento di Taranto 'è congelato' sia per l'andamento del mercato del cemento con una domanda attesa nell'anno in calo a '20-22 milioni di tonnellate', rispetto a una capacità produttiva più che doppia e sia 'per l'incertezza dell'Ilva'.
'Non ci sono gli estremi economici per concentrarci sullo stabilimento' perché 'andare a investire piu' di 150 mln di euro non ne vale la pena. Lo stabilimento continua a marciare nonostante sia vecchio. Quest'anno e il prossimo non inizieremo nessun investimento perché il mercato non c'è'. Inoltre, 'pensiamo che nel 2013-2014 riusciremo a portare a break even l'Italia nonostante il calo del mercato'".

Di fronte a quest'ecatombe, non potrà servire il palliativo immaginato dal governo tecnico, che da fine marzo autorizza i cementifici a bruciare il Cdr, oggi chiamato combustibile solido secondario (Css) e non più considerato un rifiuto. È tempo di intervenire in modo efficace, con la capacità di immaginare un futuro diverso per (parte) dei 10mila lavoratori oggi impiegati all'interno dell'industria del cemento italiana.

Interrogazione parlamentare sull'uso del CSS nei cementifici

INTERROGAZIONE A RISPOSTA SCRITTA SULL'USO DEL CSS (COMBUSTIBILI SOLIDI SECONDARI) NEI CEMENTIFICI PRESENTATA DAI PARLAMENTARI DI Sinistra Ecologia e Libertà, ZAN, ZARATTI, PELLEGRINO

Al Ministro dell’Ambiente e della tutela del Territorio e del mare

Per sapere, premesso che:
  • a gennaio e febbraio del 2013, a Camere ormai sciolte, l’ex ministro dell’Ambiente Clini ha presentato al Parlamento per il parere, uno schema di DPR per l'utilizzo di combustibili solidi secondari (CSS), in parziale sostituzione di combustibili fossili tradizionali, in cementifici soggetti al regime di AIA;
  • dopo un parere favorevole con condizioni, espresso molto rapidamente dalla Commissione Ambiente del Senato il 16 gennaio 2013, senza peraltro che nessun senatore fosse intervenuto in discussione, la Commissione Ambiente della Camera, il successivo 11 febbraio, aveva invece espresso parere negativo al medesimo schema di DPR;
  • da quel momento, di detto DPR sui combustibili solidi secondari, se ne sono perse le tracce, e finora non è ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale;
  • intanto però, sono stati recentemente pubblicati due decreti del Ministero dell’Ambiente: il decreto 14 febbraio 2013, n. 22, (G.U. del 14-3-2013) recante la disciplina della cessazione della qualifica di rifiuto di determinate tipologie di combustibili solidi secondari (CSS), dove vengono stabiliti – tra l’altro - i criteri da rispettare affinché determinate tipologie di combustibile solido secondario (CSS), cessano di essere qualificate come rifiuto; e il decreto 20 marzo 2013 (G.U. del 2-4-2013) che modifica l'allegato X della parte quinta del Codice ambientale, in materia di utilizzo del combustibile solido secondario (CSS), che recepisce i criteri contenuti nel suddetto decreto del 14 febbraio 2013, n. 22, che devono essere rispettati affinché determinate tipologie di combustibili solidi secondari (CSS) cessino di essere qualificate come rifiuto e possano quindi essere riutilizzati;
  • la momentanea mancata pubblicazione in Gazzetta del DPR sull’utilizzo in alcune categorie di cementifici dei combustibili solidi secondari (CSS), in parziale sostituzione di combustibili fossili tradizionali, nulla toglie alla sempre dichiarata ferma volontà dell’ex ministro dell’Ambiente Clini, di aver voluto proseguire nella scorciatoia dell'incenerimento dei rifiuti nei cementifici, bruciando rifiuti solidi urbani per alimentare i forni di cottura del clinker, cioè la componente principale del cemento;
  • per i cementieri dell’Aitec (Associazione italiana tecnico economica cemento) si tratta di recupero energetico, per l’Associazione medici per l’ambiente «la combustione di rifiuti nei cementifici comporta una variazione della tipologia emissiva di questi impianti, in particolare di diossine e metalli pesanti»;
  • l’utilizzo di CSS per alimentare i forni di cottura dei cementifici, produrrebbe, tra l’altro, gravi conseguenze in diverse aree del Paese, dove sono ubicati numerosi cementifici in termini di inquinamento ambientale e di peggioramento degli attuali livelli di raccolta differenziata dei rifiuti;
  • a ciò va aggiunta l’aggravante della mancanza nel nostro Paese di un serio ed efficace sistema nazionale di controlli ambientali;
  • utilizzare i combustibili solidi secondari è dannoso per la salute e soprattutto è superato in quanto esistono moderne tecnologie e soluzioni alternative alla combustione che creano maggiori posti di lavoro e sono più sostenibili a livello economico e ambientale;
  • la scelta dell'incenerimento dei rifiuti (CSS) nei cementifici non è condivisibile se consideri la diversità esistente fra i limiti delle emissioni di inquinanti pericolosi per la salute previsti per i cementifici: polveri totali: mg 30/Nm3; biossido di zolfo: mg 600/Nm3; ossido di azoto: mg 1.800/Nm3; mentre i limiti per gli stessi inquinanti prodotti dagli inceneritori sono: polveri totali: mg 10/Nm3; biossido di zolfo: mg 50/Nm3; ossido di azoto: mg 200/Nm3;
  • peraltro continuare a bruciare rifiuti è uno spreco di risorse e un costo altissimo in termini ambientali, e non si rispettano le disposizioni europee sul recupero della materia che è prioritario nella gerarchia d’intervento, continuando a ignorare anche la direttiva 96/62/CE, sulle polveri sottili fin anche dopo la condanna dell’Italia da parte della Corte di Giustizia del 19 dicembre scorso;
  • il ricorso indiscriminato all'incenerimento dei rifiuti va infatti in tutt’altra direzione rispetto alla corretta gestione del ciclo integrato dei rifiuti e al necessario incremento della raccolta differenziata;
se non si ritenga di non emanare lo schema di decreto del Presidente della Repubblica sulla disciplina dell'utilizzo di combustibili solidi secondari (CSS), in parziale sostituzione di combustibili fossili tradizionali, in cementifici soggetti al regime dell'AIA, già presentato per il parere presso le Commissioni parlamentari competenti dal precedente governo;
se siano stati pienamente valutati - nella decisione di utilizzare in alcune categorie di cementifici i combustibili solidi secondari (CSS) - gli effetti di tale scelta sulla salute pubblica;

Cementifici come inceneritori?


lunedì 15 aprile 2013

...e la Morte NON vincerà


Sol chi non lascia eredità d'affetti
poca gioia ha dell'urna;” (Ugo Foscolo: “I Sepolcri”)




Sandro Campagnola se n'è andato (L'ARENA del 11 aprile 2013 – pagina 18), ma NON il suo ingegno ed il suo coraggio, che resteranno dentro di noi come “eredità” ed esempio di lotta in difesa del Territorio e delle condizioni di vita della Valpolicella.

Già da anni con il suo sito www.teladoiolavalpolicella.it denunciava la manomissione anzi la devastazione dell'ambiente della nostra vallata ad opera dei sindaci “palazzinari” .

Ora tale “offensiva del male”, contro il Bene Comune, dei nuovi adulatori del biblico “Vitello d'oro” ,”volàno dello sviluppo” dell'illusoria “negrarizzazione”, sta continuando.

PAT (piano di Assetto del Territorio), P.I. (Piano degli Interventi), Crediti edilizi, Diritti acquisiti, sono le nuove armi dei nostri sindaci devastatori.

A Marano il sindaco Simone Venturini tenta di bloccare, presentando querele, la libertà di espressione delle minoranze impegnate a contestare la pratica della violenza intimidatoria nonché l'emissione di un PAT che prevede decine di migliaia di metri di nuove costruzioni industriali e residenziali (con cartello VENDESI ?) , proprio necessarie nella Marano-Valgatara di Sandro Campagnola, ultimo “gioiello verde” della Valpolicella ?

A Fumane, il sindaco Domenico Bianchi, escogita un PAT di decine di migliaia di metri, che secondo quanto riportato a pagina 10 del PRIMO GIORNALE del 9 Aprile 2013, fa beneficiare della trasformazione in area fabbricabile dei terreni agricoli di proprietà del sindaco stesso !

A San Pietro, il sindaco Gabriele Maestrelli, ad ogni sua uscita pubblica per l'area Lonardi o per la centrale a biomasse, provoca una sommossa della popolazione e, con la sua incapacità a mediare tra cittadini, Regione ed investitori stranieri portatori di capitali di “dubbia origine”, la obbliga a ricorsi al Consiglio di Stato, al TAR e ad appelli al Capo dello Stato, come nel Medioevo, ai tempi di Robin Hood e dello “sceriffo di Nottingham”, quando “i sudditi” erano costretti ad appellarsi alla “benevolenza del principe o del re” contro le angherie dei feudatari locali (PRIMO GIORNALE pagina 9).

A Negrar, il sindaco Giorgio Dal Negro, anche presidente dei sindaci del Veneto aderenti all'ANCI, destreggiandosi tra P.I. - Piano degli Interventi, crediti edilizi, diritti acquisiti, ecc. provoca una “colata di cemento” di centinaia di migliaia di metri cubi (L'ARENA del 11 Aprile 2013-pagina 26) di cui ora si rendono conto anche i consiglieri della così detta “minoranza”, dopo che pochi mesi or sono in Consiglio Comunale si erano “astenuti” sulla tassazione agevolata sui plusvalori delle aree fabbricabili, elaborata su ordine del sindaco Dal Negro, dalla consulente esterna, l'architetta di Vicenza Marisa FANTIN.

Questi quattro “primi cittadini” della Valpolicella vorrebbero “rubarci la speranza”, quella che anche Papa Francesco, ci ha esortato a NON lasciarci rubare !

Il coraggio, l'intelligenza, l'arguzia di Sandro Campagnola ci spronano a continuare la nostra battaglia contro i nuovi Attila, flagelli della Valpolicella, dove vorrebbero NON fare crescere più un filo d'erba”!

Sulla necrologia a pagina 18 de L'ARENA del 11 Aprile 2013 sta ben scritto: “....e la Morte NON vincerà.”

Ugo Zanetti, Vicepresidente della Consulta Pedemontana di Negrar.