venerdì 23 dicembre 2011

La Lessinia ha le carte giuste come «riserva della biosfera»

di Vittorio Zambaldo
L'Arena, venerdì 23 dicembre 2011


In «Man and biosphere» 580 siti in 114 Paesi e l´obiettivo è lo sviluppo conservativo dell´area Fondamentale caratterizzare la zona montana

La volontà dei vertici di Comunità montana e Parco di capire meglio quali siano i possibili scenari per inserire la Lessinia nel patrimonio mondiale dell´Unesco, come auspicato dallo studioso Ugo Sauro nel suo recente volume «Lessinia», è stata espressa chiaramente nell´incontro organizzato con l´esperto Giorgio Andrian, padovano, già funzionario dell´agenzia delle Nazioni Unite e oggi libero consulente. In una meticolosa relazione ha esposto vantaggi e possibilità per ciascuno dei tre scenari a cui la Lessinia e il suo Parco potrebbero a ragione aspirare («una corsa alle medaglie» l´ha definita), perché avrebbe le caratteristiche sia di geoparco, sia per entrare nella «World Heritage List» (WHL), l´elenco dei siti considerati patrimonio mondiale; sia come riserva della biosfera. La Global Geoparks Network (Rete dei geoparchi) non è in realtà supportata dall´Unesco, ma è una rete tematica di siti che si autocandidano: in Europa sono 49 e 7 in Italia, fra i quali l´Adamello-Brenta, il Cilento, le Colline Metallifere, le Alpi Apuane e le Madonie. Sotto il marchio del Patrimonio mondiale sono invece collocati 936 siti mondiali in 153 stati membri dell´Unesco. L´Italia ne ha il primato con 47 e questo è politicamente il lato debole di un´altra candidatura per un sito del nostro paese che pur ne avrebbe le caratteristiche. La proposta parte dal basso, come per molte iniziative del genere, ma deve essere presentata ufficialmente dal relativo Governo, secondo un rigido protocollo, pena l´esclusione o il rinvio e può essere per un sito di interesse culturale, naturalistico o misto. La decisione, sentita la relazione di esperti esterni che su mandato del comitato visitano i siti e analizzano la proposta nei particolari, è presa dal comitato dell´Unesco formato dai rappresentanti di 26 stati. Per l´Italia la prossima candidatura che ha già completato l´iter, ed è in attesa di decisione, è quella del paesaggio vitivinicolo delle Langhe. I tempi d´attesa non sono mai inferiori ai tre anni e le possibilità di successo non sono così scontate, come del resto è difficile la fase gestionale del sito una volta accettati nella lista. Più facilmente accessibile e gestibile invece è il riconoscimento di riserva della biosfera «Man ad biosphere» (Mab), che l´Unesco ha istituto da 40 anni, conta 580 siti in 114 paesi con un trend in crescita. Spiega Andrian: «Mentre per il patrimonio mondiale la parola chiave è “protezione”, per il Mab è “sviluppo”, ma le condizioni da rispettare sono tre: la conservazione sul posto di diversità genetiche e habitat naturali e seminaturali; lo sviluppo sostenibile e dimostrabile con buone pratiche; il supporto logistico a progetti di ricerca, monitoraggio ed educazione ambientale». In pratica a una «core area» area centrale, dove prevale la conservazione, si affianca una «buffer zone», zona di rispetto, e un´ancora più ampia «Transition area» dove praticare lo sviluppo sostenibile. Questo permette che se sono rispettati questi criteri possano entrare nelle riserve Mab anche città come San Paolo del Brasile e New York. «Non c´è un tribunale che giudica gli interventi sulle diverse zone, né una convenzione da sottoscrivere, ma nei paesi più avanzati questo schema è utilizzato come pianificazione integrata: non si punta tanto sui divieti quanto piuttosto sul modo di fare le cose», ha spiegato Andrian. In Italia a questo scenario appartengono otto siti, l´ultimo dei quali ad essere stato riconosciuto Mab è stata la Valle del Ticino e il prossimo sarà probabilmente il Delta del Po, che si aggregherà a Circeo, Collemeluccio-Montedimezzo, Miramare, Cilento e Vallo di Diano, Somma-Vesuvio e Miglio d´Oro, Arcipelago Toscano e Selva Pisana. «È stata una presentazione che ha arricchito tutti», ha commentato alla fine il presidente Claudio Melotti, sottolineando che «in Lessinia occorre alzare il livello del nostro orizzonte amministrativo su un patrimonio che non è stato sviluppato a dovere e oggi siamo obbligati a ragionare in termini di comprensorio. Già dal prossimo anno partiremo, se l´ente conserverà la sue funzioni di gestione del territorio, con un tentativo serio in questa direzione», ha annunciato. Anche per la sua vice, Elisabetta Peloso «ben venga tutto quanto porta valore aggiunto e studiamo la strategia per rendere praticabile questo percorso», ha concluso.

giovedì 22 dicembre 2011

La Regione è tenuta ad accettare il parere


L'Arena - giovedì 22 dicembre 2011

Lo stop al progetto di scavo della collina di Marezzane è stato sicuramente il detonatore che ha fatto esplodere il «caso» del cementificio di Fumane. Uno stop che rischia di avere ripercussioni pesanti anche sull´occupazione, come hanno sottolineato nell´assemblea di ieri i lavoratori della Cementirossi. Le motivazioni di questo «no» sono state sintetizzate così: il progetto è troppo impattante e troppo ampio, ha detto la Soprintendenza ai beni ambientali di Verona nel suo parere che ha bloccato l´espansione della miniera a Marezzane. «Abbiamo dato dieci giorni di tempo alla Cementirossi per inviare delle osservazioni», ha affermato la soprintendente, l´architetto Gianna Gaudini, che spiega l´iter della vicenda, «ma nonostante questo non è stato possibile cambiare il parere, che resta negativo. Noi abbiamo spiegato i motivi ostativi. La ditta può presentare ricorso al Tribunale amministrativo regionale, se lo ritiene opportuno, anche se le osservazioni inviate anticipano le eventuali motivazioni del ricorso. Ha tempo sessanta giorni; può anche ricorrere al Consiglio di Stato in seconda battuta. La Regione, invece, è tenuta ad accettare il parere vincolante della Soprintendenza in base all´articolo 146 del codice, anche se l´anno scorso la commissione regionale di valutazione di impatto ambientale aveva espresso parere favorevole allo scavo di Marezzane».
G.G.

martedì 20 dicembre 2011

Cementifici, l'Ue abbassi i limiti di emissioni


Ad Este e Monselice (PD) ci sono tre cementifici in un raggio di 5 km.
Zanoni (IdV) chiede alla Commissione europea di rivedere i limiti di emissioni (addirittura più alti degli inceneritori). “Considerare anche l'effetto cumulativo degli inquinanti e la vicinanza a centri abitati”

“L'Ue deve abbassare i limiti di emissioni dei cementifici cheimmettono in atmosfera quantità enormi di inquinanti e per i quali oggi esistono limiti addirittura più permissivi che per gli inceneritori”. Lo chiede Andrea Zanoni, Eurodeputato IdV, con un'interrogazione parlamentare alla Commissione europea. “Nei Comuni di Este e Monselice, in provincia di Padova, c'è una situazione paradossale: in un raggio di 5 km e all’interno del Parco Regionale dei Colli sono in funzione ben tre cementifici”.

Zanoni chiede alla Commissione di rivedere i limiti previsti dalla direttiva IPPC (2008/1/CE) nell'ordine di polveri totali 30 mg/Nm3, biossido di zolfo 600 mg/Nm3 e ossido di azoto 1.800 mg /Nm3. Si tratta di limiti ben più alti rispetto ai già nocivi ed altamente inquinanti inceneritori. “In queste strutture spesso viene bruciato di tutto – spiega Zanoni – senza considerare il fatto che il Parco rientra nei siti di interesse comunitario previsti dalla rete ecologica delle zone protette di Natura 2000, nonostante il suo Piano ambientale definisce i cementifici incompatibili con le finalità del Parco, sollecitandone la riconversione o la delocalizzazione”.

“Purtroppo la Provincia di Padova ha espresso parere favorevole sul rinnovamento dello stabilimento di Italcementi di Monselice – prosegue l'Eurodeputato – decisione che ne prolungherebbe l’attività per altri 30 anni”. Il Tar del Veneto ne ha riconosciuto il contrasto con il Piano Ambientale e adesso siamo in attesa del Consiglio di Stato che si pronuncerà il 17 gennaio. “Sta di fatto che a causa dell’elevato inquinamento, il "Piano di Tutela e risanamento dell'Atmosfera" ha collocato i comuni di Este e Monselice in "zona A", ovvero area da risanare”, continua Zanoni.

Secondo il leader ambientalista, all'origine di tutto c'è “la macroscopica ed incomprensibile diversità dei limiti di emissione tra cementifici e altre strutture altamente nocive come gli inceneritori per gli stessi inquinanti pericolosi per la salute”. Per questo Zanoni chiede alla Commissione di abbassare i limiti di emissione dei cementifici tenendo anche in considerazione la loro vicinanza (quindi l'effetto cumulativo degli inquinanti emessi), la distanza dalle zone abitate e la loro collocazione all’interno di territori protetti.

“L'Ue deve prendere le misure necessarie per salvaguardare la salute dei cittadini, ad Este e Monselice come in tutta Europa”, conclude Zanoni.

Marezzane è salva: bocciata la cava nel Parco della Lessinia, a Verona

La Soprintendenza per i beni e le attività culturali esprime parere negativo rispetto al progetto di coltivazione di Cementi Rossi, che avrebbe estratto quasi 7 milioni di metri cubi di marna nei prossimi 24 anni. Il tutto era funzionale all'ammodernamento del cementificio di Fumane in Valpolicella (Verona), sempre più un co-inceneritore, stoppato dal Tar del Veneto nel marzo scorso, come raccontiamo nel libro "Le conseguenze del cemento"


"Marezzane non si tocca!”. L'istanza di coltivazione mineraria sulla collina di Marezzane, nel comune di Marano di Valpolicella (Verona), presentata dall'industria Cementi Rossi, non può essere accolta. L'iter è durato tredici anni, ma alla fine il parere (vincolante) della Soprintendenza per i beni architettonici e paesaggistici per le Province di Verona, Rovigo e Vicenza, è arrivato -trasmesso alla Regione Veneto il 6 dicembre scorso- ed è negativo: “Non sussistono le condizioni per poter esprimere parere favorevole ai proposti interventi” scrive il soprintendente Gianna Gaudini.
Cementi Rossi, che in Valpolicella gestisce un cementificio (vedi Ae 126), nel territorio del Comune di Fumane, dovrà rinunciare a cavare 6.891.000 metri cubi nei prossimi 24 anni, sbancando un'area di oltre 26 ettari, e a costruire una strada di servizio, lunga 2 chilometri e larga in media tra i 13 e i 16 metri. Il tutto in un'area che, in parte, ricade all'interno del Parco naturale regionale della Lessinia, e in una zona famosa in Italia e nel mondo per il suo vino e le sue ciliege.
Fumane Futura, Legambiente Verona e Valpolicella 2000, le tre associazioni attive sul fronte “cave” e “cementificio”, hanno salutato il documento della Soprintendenza scrivendo: “È un giorno storico. Un giorno in cui tutta la Valpolicella può festeggiare, una grande occasione per tutti i suoi abitanti per prendere coscienza dell'inestimabile valore che rappresenta quel territorio […]”.
“Le associazione e comitati -spiegano- sono da 13 anni impegnate a contrastare i progetti di espansione mineraria”. Raggiungo al telefono Daniele Todesco, presidente di Valpolicella 2000, associazione nata -tra l'altro- per realizzare un “controllo assiduo sul corretto e legittimo esercizio delle attività economiche, in particolare di quella di cave, cementifici e simili, nel territorio della Valpolicella”.
Daniele m'invita a leggere con attenzione il parere della Soprintendenza, sette pagine trasmesse via fax alla Regione Veneto, che definisce “esemplare”. Quattro ambiti di riflessione portano l'architetto Anna Federica Grazi, responsabile del procedimento e dell'istruttoria, a non condividere il parere favorevole espresso dalla Regione Veneto in merito al rilascio dell'autorizzazione paesaggistica.
Il primo fa riferimento a questione paesaggistiche: le opere progettate (cava e strada) “comporteranno la modifica irreversibile e negativa del pregevole ambito collinare e pedemontano, […] introducendo alterazioni permanenti e negative dell'assetto morfologico, percettivo e panoramico”. Tutto ciò, spiega la Soprintendenza, sarebbe in contrasto con la Convenzione europea del paesaggio, ratificata dall'Italia con la l. 14/2006 e anche con l'articolo 9 della Costituzione italiana, in base al quale “La Repubblica […] tutela il paesaggio e il patrimonio storico ed artistico della Nazione”. Nel parere, la Soprintendenza aggiunge che “non può altresì essere valutata favorevolmente la demolizione della corte rurale risalente al '700 ubicata sulla sommità del rilievo (di Marezzane, ndr), tipico esempio della tradizione costruttiva locale, che seppur versando in precarie condizioni a causa dell'assenza di interventi manutentivi da parte della proprietaria 'Industria Cementi Giovanni Rossi spa', conserva l'immagine caratteristica dei tipici edifici rurali presenti nel territorio collinare, testimonianza delle interrelazioni tra il contesto ambientale, l'opera dell'uomo e il sistema insediativo”. Sono, scrive la Grazi, “testimonianza di civiltà”.
La seconda “nota” che la Soprintendenza invia a Cementi Rossi, riguarda un'idea di “do ut des” che risulterebbe dalla proposta dell'azienda, che prevede di chiudere un cantiere di cava, quello di “Barbiaghe”, e di rinaturalizzarlo come “fattore di compensazione nell'ambito del progetto di coltivazione mineraria di Marezzane”. “Pur essendo auspicabile e meritevole di considerazione, non appare sufficiente a giustificare un eventuale giudizio positivo sul cantiere Marezzane” è il giudizio dell'organo del ministero per i Beni e le attività culturali.
Secondo la Soprintendenza, ed è il terzo punto, la relazione della Direzione urbanistica della Regione “non fornisce specifiche motivazioni di compatibilità rispetto ai livelli di tutele paesaggistica operanti”. In particolare, laddove scrive che “non si possono ritenere trascurabili le variazioni morfologiche prospettate dal progetto di Marezzane, con l'abbassamento di oltre 70 metri della sommità collinare”.
Infine, quarto, il progetto in esame “avrebbe dovuto contenere anche l'indicazione delle opere correlate all'attivazione della miniera di Marezzane, cioè l'ammodernamento e ampliamento della cementeria di Fumane, e la realizzazione della nuova tangenziale ovest”, interventi “da considerarsi funzionali gli uni agli altri e pertanto, necessariamente, tali da dover essere valutati unitariamente sotto il profilo dell'impatto paesaggistico”.
A marzo 2011, il Tar del Veneto ha bocciato il progetto di ammodernamento della cementeria presentato da Cementi Rossi, che con l'ampliamento dell'impianto prevedeva anche un aumento dell'utilizzo di rifiuti come combustibile nei forni di produzione del cemento. Secondo Fumane Futura, Legambiente Verona e Valpolicella 2000, da una lettura congiunta della sentenza del Tar e di questo parere della Soprintendenza emerge che “è stato definitivamente sancito che [in Valpolicella] non c'è più futuro per questa progettualità”, che “finisce un'epoca iniziata 50 anni fa e se ne apre una nuova per il futuro del territorio”.
La partita, però, è ancora aperta: il prossimo 17 gennaio, infatti, il Consiglio di Stato è chiamato a decidere in merito al ricorso con cui Cementi Rossi chiede che venga cancellata la sentenza del Tar, quella che ha bocciato un “piano di rilancio” del cementificio basato sull'incenerimento di rifiuti (1/continua).  


di Luca Martinelli - 19 dicembre 2011

domenica 18 dicembre 2011

Cementificio di Fanna, il Tar dà torto ai Comuni


17 dicembre 2011 —   pagina 49   sezione: Pordenone


MANIAGO Forse lo si avvertiva nell’aria, ma leggerlo nero su bianco nella sentenza del Tar, il respingimento del ricorso di Comuni, comitati e associazioni contro l’utilizzo di Cdr nel cementificio di Fanna ha lasciato l’amaro in bocca. «La notizia non è del tutto inattesa – è il commento del sindaco di Maniago Alessio Belgrado – ma non rinneghiamo quanto fatto finora, tant’è che stiamo valutando un probabile ricorso al Consiglio di Stato. Ciò che vorremmo far capire è la necessità di autorizzazioni diverse e controlli più stringenti prima di avviare l'utilizzo di combustibile da rifiuto». Lo dice chiaramente il primo cittadino di Cavasso Nuovo, Emanuele Zanon.

«Chiedevamo l’applicazione di una valutazione d'impatto ambientale per una partecipazione formale delle istituzioni – ha chiarito –. Il mio comune, come altri che hanno presentato ricorso al Tar, respira la stessa aria del territorio di Fanna, ma sulla questione non siamo stati interpellati. Per questo chiedevamo la Via: si è persa l’occasione di dare voce in modo formale alle persone coinvolte. Nei prossimi giorni prenderò contatto con le amministrazioni che hanno compartecipato al ricorso, anche alla luce del dispositivo, per decidere quali azioni compiere». Così la pensa anche il primo cittadino di Arba, Elvezio Toffolo. «Ci incontreremo tra amministratori e con i legali per valutare le azioni da compiere – ha spiegato –. Certo, speravamo in una sentenza diversa: siamo preoccupati». «Attendiamo di leggere la sentenza – è il commento dell'amministrazione comunale di Vajont –. Di certo non possiamo dirci contenti per una decisione che, ci informano i nostri legali, non tiene in alcuna considerazione il parere di tanti residenti che hanno fatto sentire pesantemente la loro voce. Un territorio è di chi vi abita e il parere della popolazione non può essere disatteso dalla Regione o da un’azienda».(l.v.)



I comitati attaccano «Pronti a ricorrere al Consiglio di Stato»



MANIAGO Non si danno per vinti i comitati e le associazioni ambientaliste dopo la decisione del Tar. L’ipotesi è il ricorso al Consiglio di Stato, quantomeno per chiedere un approfondimento tecnico del piano predisposto dall’impresa. Lo dice a chiare lettere il presidente della onlus Acqua, Roberto Corai, il quale mette anche in luce il tempismo con cui l’assessore Luca Ciriani ha sdoganato il progetto della Zillo. «Il giorno stesso in cui leggiamo le dichiarazioni rassicuranti di Ciriani veniamo a conoscenza del deposito della sentenza del Tar» ha commentato il sodalizio. «È evidente che i giudici non hanno voluto assumersi delle responsabilità di fronte a pressioni così forti da parte della Regione – ha detto Tullio Tramontina, “anima” forte del gruppo di protesta – Un aspetto della sentenza ci lascia perplessi: si rassicurano i residenti circa i futuri controlli e si riconosce che gli stessi saranno effettuati dalla Zillo: il controllato è controllore di sé stesso. La devastazione del nostro territorio è tale che da oggi dobbiamo combattere contro il depauperamento sociale, economico e ambientale messi in atto da chi persegue interessi lontani rispetto a quelli della gente». Infine i movimenti di Fanna, Maniago e Pordenone. «La nostra indignazione cresce nell’apprendere i contenuti della sentenza.
Continueremo a lottare contro lo scandalo della combustione di rifiuti che sembra trovare il via libera. È una sconfitta per tutti».

Dante's descendant saves Valpolicella wine from virtual inferno

by John Phillips

After a campaign spearheaded by a direct descendant of the poet Dante Alighieri, a Venice court has refused planning permission to a cement company that wants to build a waste recycling plant in the heart of the Valpolicella wine region in northeast Italy. On 17 January, a higher court in Rome will examine an appeal lodged by the Rossi cement company against the decision to block the expansion plan over opposition by environmentalists and wine growers in the Fumane valley. Campaigners are confident the Rome judges will uphold the ban. However, Count Pieralvise Serego Alighieri cautions that the battle must continue. "We always want to live in paradise but getting there is difficult," he said. "People haven't realised how precious this area is and how much more precious it could be." Dante's descendants have cultivated the vines of the Casal dei Ronchi in Gargano estate for 20 generations. Given the extent of opposition to the recycling project, Rossi cement should compensate for the eyesore's impact on the area, Count Alighieri said. "The regional court decision shows that citizens' voices deserve to be heard. Now one should make this area an example of how one can return to a green economy, giving an example of how one can fill in the quarry excavations that have scarred the landscape." ...

http://www.independent.co.uk/news/world/europe/dantes-descendant-saves-valpolicella-wine-from-virtual-inferno-6278853.html

sabato 17 dicembre 2011

Video Conferenza Stampa Marezzane



La conferenza stampa del 16 dicembre 2011, presso la sede di Legambiente di Verona.

venerdì 16 dicembre 2011

MAREZZANE NON SI TOCCA



COMUNICATO STAMPA
LA REPUBBLICA TUTELA IL PAESAGGIO E IL PATRIMONIO STORICO DELLA NAZIONE
UN GIORNO STORICO PER LA VALPOLICELLA

Finisce un’epoca iniziata 50 anni fa e se ne apre una nuova per il futuro del territorio.
Il negativo parere vincolante della Soprintendenza ai beni architettonici e paesaggistici di Verona sul progetto di escavazione della collina di Marezzane mette indiscutibilmente in primo piano il valore del paesaggio quale elemento imprescindibile per autorizzare attività che contrastano con esso.

Un no chiaro, approfondito, motivato, invalicabile: “Non sussistono le condizioni per poter esprimere parere favorevole”.

In primo luogo perché Marezzane è area di “altissimo pregio e interesse paesaggistico… costituisce un contesto ambientale nel quale è ancora riconoscibile una elevata integrità e seminaturalità” zona collinare in cui la valpolicella si fonde a nord con i monti lessini…”.
Poi, entrando dettagliatamente ad esaminare il progetto di escavazione, scrive che l’intervento “…comporterà la creazione di un nuovo scenario che non appare compatibile rispetto ai principi di conservazione dei valori paesaggistici riconosciuti dal vincolo e dai livelli di tutela operanti… L’esame del progetto dimostra chiaramente l’esito negativo della verifica della compatibilità paesaggistica dell’opera, poiché viene meno la capacità intrinseca del paesaggio di assorbire le nuove modificazioni senza che il medesimo subisca di deterioramento funzionale e scenico”.

Anche se inconsueto per un comunicato stampa vale la pena riportare alcuni stralci :

  • “... il paesaggio originario scomparirà, venendosi a creare un nuovo assetto che comporterà l’appiattimento e la semplificazione morfologica della collina di Marezzane… “.
  • “… Non può altresì essere valutata favorevolmente la demolizione della corte rurale risalente al ‘700 ubicata sulla sommità del rilievo, … in precarie condizioni a causa dell’assenza di interventi manutentivi da parte della proprietaria Industria Cementi Giovanni Rossi S.P.A.”.
  • “… La realizzazione dell’ampia strada a mezza costa … le sue eccessive dimensioni e la sua conformazione non trovano alcun riferimento nell’ambito collinare e pedemontano…”.
  • “ … l’area di intervento ricade in gran parte nell’area tutelata dal Parco Naturale Regionale della Lessinia ... per perseguire… la protezione del suolo, … la valorizzazione dell’ambiente naturale, … la salvaguardia delle specifiche particolarità antropologiche, geomorfologoche….”.


La Soprintendenza non cade nemmeno nel tranello del ricatto proposto dall’azienda e sbandierato dai consenzienti amministratori locali: se non sarà possibile scavare a Marezzane riaprirà il cantiere di Barbiaghe a ridosso dell’abitato di Purano. La Soprintendenza risponde che l’enormità dell’intervento di Marezzane non è paragonabile a quanto verrebbe scavato o risparmiato a Barbiaghe; inoltre l’autorizzazione paesaggistica per eventuale scavo a Barbiaghe è scaduta e che comunque non è oggetto della richiesta su cui era chiamata ad esprimersi.
Aggiungiamo noi che il motivo per cui gli scavi sono stati sospesi sotto l’abitato di Purano non sono legati alla bontà riparatrice della Cementi Rossi o alla mediazioni di Amministrazioni che tentano di accreditarsi come salvatori. Il cantiere di Barbiaghe è stato sospeso, anche se più comodo da scavare perché più vicino agli impianti industriali, perché gli scavi andrebbero a compromettere la stabilità dell’abitato che sorge su una paleofrana, circostanza ben evidenziate nella cartografia comunale ma che solo grazie al lavoro delle associazioni e comitati è stata evidenziata, dato che l’azienda aveva ignorato del tutto la circostanza omettendo di riportare tale situazione delicata. Quindi è probabile che gli scavi a Barbiaghe non potranno mai riprendere.
L’esemplarità del parere della Sovrintendenza diventa completa quando inserisce tra le motivazioni la negatività del presentare in maniera frammentata gli interventi - escavazione a Marezzane, ammodernamento dell’impianto e viabilità dell’area- in quanto gli effetti si sommano. Anticipando sostanzialmente un giudizio negativo anche sul progetto di ampliamento scrive “ … L’industria Cementi Giovanni Rossi… avrebbe dovuto… consentire di avere il quadro completo degli interventi (cioè anche) … l’ammodernamento e ampliamento della cementeria di Fumane, e la realizzazione della nuova tangenziale ovest… che sono da considerarsi funzionali gli uni agli altri e pertanto, necessariamente, tali da dover essere valutati unitariamente sotto il profilo dell’impatto paesaggistico...”.

Dopo la sentenza del Tar del marzo scorso, in cui ancora una volta solo grazie all’intervento delle associazioni e dei comitati di cittadini sono state annullate le autorizzazioni al progetto di rilancio industriale e all’impiego massiccio di rifiuti richiesti da Cementirossi, è stato definitivamente sancito che non c’è più futuro per questa progettualità.
E un giorno storico. Un giorno in cui tutta la Valpolicella può festeggiare, una grande occasione per tutti i suoi abitanti per prendere coscienza dell’inestimabile valore che rappresenta quel territorio.
La tutela del paesaggio sancita nell’articolo 9 della Costituzione Italiana, dalla Convenzione Europea sul Paesaggio e dal Codice per i Beni Culturali (42/04) oggi hanno trovato la sua concretizzazione.
La Valpolicella incarna quel “bene comune” da tutelare, quel bene primario e imprescindibile da cui far partire tutte le politiche del territorio.
E’ un giorno a cui si arriva non per caso.
Le associazioni e comitati sono da 13 anni impegnate a contrastare i progetti di espansione mineraria. Da anni evidenziano l’incompatibilità di uno sviluppo industriale che coniuga distruzione del territorio, impiego massiccio di rifiuti ed il rilancio invasivo industriale.
Un risultato che è stato possibile grazie al sostegno di migliaia di cittadini che hanno firmato appelli, presenziando le molte iniziative e non facendo mai mancare la loro solidarietà.
E’ inoltre una vittoria per tutto il mondo associativo e dei comitati che a decine hanno creato una rete di reciproco sostegno che mai è venuta meno.
Infine una vittoria per quei professionisti che si sono esposti con le loro capacità e disponibilità (avvocati, giornalisti, architetti, geologi, tecnici forestali ecc.) per sostenere questa battaglia.

E’ una vittoria che da speranza, non solo al futuro della Valpolicella.

Ma dove sono gli Amministratori Pubblici di questo territorio? Purtroppo è percezione diffusa che le PA continuino a non rendersi conto che questo territorio si chiama Valpolicella, che tutto il mondo ci invidia. Purtroppo è altrettanto palese che lo stesso territorio e il suolo siano solamente occasione per fare cassa, merce di scambio da utilizzare quale cespite per coprire buchi di bilancio.

E’ ora di un ricambio totale. Un ricambio di cultura soprattutto.

Va dato merito agli amministratori del Parco Naturale Regionale della Lessinia che in questi anni si sono opposti con forza alle pressioni esterne mantenendo fede al loro mandato di difesa e tutela del Parco.

E’ un gran giorno. Per tutti Marezzane non si tocca. La Valpolicella e i suoi abitanti ed estimatori possono scrivere da oggi una nuova storia.

Verona 15 dicembre 2011
Legambiente Verona
Comitato Fumane Futura

martedì 6 dicembre 2011

Studio Moniter: Giunta smentita in Aula dal Comitato Scientifico

Umberto Terracini chiede di ritirare il comunicato della Giunta che scagionava gli inceneritori:
“Falsifica i risultati dello studio”




“Questa mattina durante la presentazione dei risultati dello Studio Moniter sugli inceneritori è successa una cosa gravissima. Il Presidente del comunicato scientifico Umberto Terracini ha smentito il comunicato ufficiale della Giunta in cui i risultati dello studio venivano nascosti e falsati” – denuncia Giovanni Favia, Consigliere del Movimento 5 Stelle, presente in aula – “Voglio sapere il nome dell’Assessore che ha autorizzato un simile comunicato (lo trovate in allegato), e ne chiederò le dimissioni. Non basteranno delle semplici scuse, perché questo non è un errore veniale ma un peccato mortale: si gioca con la vita delle persone, è inaccettabile. La Giunta ha commesso un falso a livello comunicativo, falsificando gli esiti dello studio Moniter (che costa 3,5 milioni di euro pubblici) sugli effetti sanitari degli inceneritori. Il tutto con la solita retorica politicante e rassicurante. Questa mattina però” – spiega Favia – “le false retoriche sono state smentite clamorosamente dal professor Umberto Terracini, padre dell’epidemiologia italiana e Presidente del Comitato Scientifico del progetto Moniter che è intervenuto alla fine del convegno dichiarando testualmente: "Parlo a nome del comitato scientifico di Moniter, se il comunicato stampa della Giunta dice quello che ha affermato Crosignani, chiedo che venga immediatamente ritirato". Il caso è scoppiato grazie all’intervento durante il convegno del professor Paolo Crosignani, Direttore della sezione di Epidemiologia dell’Istituto Tumori di Milano che è intervenuto durante il convegno per denunciare le parole utilizzate dalla regione nel comunicato stampa ufficiale dell’evento, il quale escludeva qualsiasi rischio sanitario. Lo studio invece dice altro” – evidenzia il Consigliere del Movimento 5 Stelle, che già in occasione dell’anticipazione dello studio, un anno fa, aveva denunciato parecchie zone d’ombra – “e diversi relatori come uno dei membri del Comitato Scientifico, il dottor Marco Martuzzi dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, lo ha ben evidenziato sostenendo la ‘non totale assenza di effetti sanitari’ ed invitando al ‘principio di precauzione’ chiedendo che venissero in futuro analizzate le nano polveri e ‘vista la già cospicua presenza d’inceneritori in questa Regione sarebbe il caso di non vederne di più’ . Questo mentre la Regione autorizza il raddoppio dell’inceneritore di Modena e si vuole costruire il forno di Parma nella Food Valley… Come MoVimento 5 Stelle riteniamo comunque lo studio Moniter non esaustivo. Lo strumento della ricerca epidemiologica” – conclude Favia – “in una pianura come quella Padana già molto ‘avvelenata’ e malata, difficilmente potrà dare risultati chiari ed evidenti. Mancano infatti dati e studi relativi alla diossina sulle tracce biologiche, in accensione e spegnimento dei forni (dove la diossina non viene filtrata dalle griglie) e lo studio sulle nano polveri, che sono quantitativamente la parte più rilevante delle emissioni. Inoltre gli impatti epidemiologici si potranno avere solo sul lungo termine. Per questo dovrebbe prevalere il principio di precauzione, visto che le alternative agli inceneritori esistono.”

Giovanni Favia
Consigliere Movimento 5 Stelle Emilia-Romagna