giovedì 27 gennaio 2011

Dal Coordinamento "abbiamo un sogno"

Cari sognatori.
qualcosa di incredibile sta avvenendo...
La risposta all'appello è straordinaria, trasversale ed entusiasta!!!
Vogliamo anzitutto ringraziare di cuore tutti voi per aver creduto in questo progetto.
Questo è solo l'inizio: da qui parte il cammino!
Stiamo lavorando sodo per unire le varie anime della società civile italiana (pace, solidarietà, ecologia e legalità) in un percorso unitario.
In parallelo è necessario continuare a coinvolgere sempre nuove persone per realizzare davvero il nostro sogno.
Vi chiediamo quindi un piccolo ma prezioso impegno concreto: raccogliere l'adesione di 10 nuovi amici.
Per farlo potete scaricare e stampare il modulo che trovate in questa pagina:

http://www.abbiamounsogno.it/images/stories/appello.pdf

E poi inserire i loro dati nel riquadro che avete usato anche voi per aderire.
Sappiamo bene che non è semplice, che richiede un po' di tempo e di pazienza, ma questo è l'unico modo che abbiamo per crescere.
Non abbiamo giornali o tv, non spediremo milioni di depliant patinati nelle buchette.
Stiamo costruendo una rete fondata sulle relazioni umane, sulla fiducia, e su un grande sogno condiviso!!!
Diamoci 10 giorni, coraggio... non è impossibile! Significa trovare una sola adesione al giorno. Se poi saranno di più tanto meglio!
L'impegno di ciascuno di noi è indispensabile. Siamo tutti frammenti di un grande puzzle.
Se manca un solo pezzo tutto il puzzle è da buttare via.
Insieme scriveremo una pagina di storia per il nostro paese, di cui andare
orgogliosi con i nostri nipoti.
Come diceva Gandhi: "Siate voi quel cambiamento che vorreste vedere nel mondo"

Buon lavoro!

Michele Dotti
Coordinamento "abbiamo un sogno"
http://www.abbiamounsogno.it/
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per ulteriori informazioni sul progetto: info@abbiamounsogno.it
per sostenere il progetto: segreteria@abbiamounsogno.it
ufficio stampa: stampa@abbiamounsogno.it

sabato 22 gennaio 2011

CEMENTIFICAZIONE

Basta con le ruspe, salviamo l'Italia

In 15 anni edificati tre milioni di ettari di territorio, l'equivalente di Lazio e Abruzzo messi insieme. E con il piano casa il processo ha avuto un'accelerazione. Appello per fermare lo scempio del paesaggio, prima che sia troppo tardi
di CARLO PETRINI

Visto che in tv i plastici per raccontare i crimini più efferati sembrano diventati irrinunciabili, vorrei allora proporne uno di sicuro interesse: una riproduzione in scala dell'Italia, un'enorme scena del delitto. Le armi sono il cemento di capannoni, centri commerciali, speculazioni edilizie e molti impianti per produrre energia, rinnovabile e non; i moventi sono la stupidità e l'avidità; gli assassini tutti quelli che hanno responsabilità nel dire di sì; i complici coloro che non dicono di no; le vittime infine gli abitanti del nostro Paese, soprattutto quelli di domani.

I dati certi su cui fare affidamento sono pochi, non sempre concordanti per via dei diversi metodi di misurazione utilizzati, ma tutti ci parlano in maniera univoca di un consumo impressionante del territorio italiano. Stiamo compromettendo per sempre un bene comune, perché anche la proprietà privata del terreno non dà automaticamente diritto di poterlo distruggere e sottrarlo così alle generazioni future. Circa due anni fa su queste pagine riportavamo che l'equivalente della superficie di Lazio e Abruzzo messi insieme, più di 3 milioni di ettari liberi da costruzioni e infrastrutture, era sparita in soli 15 anni, dal 1990 al 2005. Dal 1950 abbiamo perso il 40% della superficie libera, con picchi regionali che ci parlano, secondo i dati del Centro di Ricerca sul Consumo di Suolo, di una Liguria ridotta della metà, di una Lombardia che ha visto ogni giorno, dal 1999 al 2007, costruire un'area equivalente sei volte a Piazza Duomo a Milano. E non finisce qui: in Emilia Romagna dal 1976 al 2003 ogni giorno si è consumato suolo per una quantità di dodici volte piazza Maggiore a Bologna; in Friuli Venezia Giulia dal 1980 al 2000 tre Piazze Unità d'Italia a Trieste al giorno. E la maggior parte di questi terreni erano destinati all'agricoltura. Per tornare ai dati complessivi, dal 1990 al 2005 si sono superati i due milioni di ettari di terreni agricoli morti o coperti di cemento. 

Come si vede, le cifre disponibili non tengono conto degli ultimi anni, ma è sufficiente viaggiare un po' per l'Italia e prendere atto delle iniziative di questo Governo (il Piano Casa, per esempio) e delle amministrazioni locali per rendersene conto: sembra che non ci sia territorio, Comune, Provincia o Regione che non sia alle prese con una selvaggia e incontrollata occupazione del suolo libero. Purtroppo, nonostante il paesaggio sia un diritto costituzionale (unico caso in Europa) garantito dall'articolo 9, la legislazione in materia è in gran parte affidata a Regioni ed Enti locali, con il risultato che si creano grande confusione, infiniti dibattiti, nonché ampi margini di azione per gli speculatori. Per esempio la recente legge regionale approvata in Toscana che vieta l'installazione d'impianti fotovoltaici a terra sembra valida, ma è già contestata da alcune forze politiche. In Piemonte è stata invece approvata una legge analoga, ma meno efficace, suscitando forti perplessità dal "Movimento Stop al Consumo del Territorio". In realtà, in barba alle linee guida nazionali per gli impianti fotovoltaici - quelli mangia-agricoltura - essi continuano a spuntare come funghi alla stregua dei centri commerciali e delle shopville, di aree residenziali in campagna, di nuovi quartieri periferici, di un abusivismo che ha devastato interi territori del nostro Meridione anche grazie a condoni edilizi scellerati. 

Ci sono esempi clamorosi: Il Veneto, che dal 1950 ha fatto crescere la sua superficie urbanizzata del 324% mentre la sua popolazione è cresciuta nello stesso periodo solo per il 32%, non ha imparato nulla dall'alluvione che l'ha colpito a fine novembre. Un paio di settimane dopo, mentre ancora si faceva la conta dei danni, il Consiglio Regionale ha approvato una leggina che consente di ampliare gli edifici su terreni agricoli fino a 800 metri cubi, l'equivalente di tre alloggi di 90 metri quadri. 

Guardandoci attorno ci sentiamo assediati: il cemento avanza, la terra fa gola a potentati edilizi, che nonostante siano sempre più oggetto d'importanti inchieste giornalistiche, e in alcuni casi anche giudiziarie, non mollano l'osso e sembrano passare indenni qualsiasi ostacolo, in un'indifferenza che non si sa più se sia colpevole, disinformata o semplicemente frutto di un'impotenza sconsolata. Del resto, costruire fa crescere il Pil, ma a che prezzo. Fa davvero male: l'Italia è piena di ferite violente e i cittadini finiscono con il diventare complici se non s'impegnano nel dire no quotidianamente, nel piccolo, a livello locale. Questa è una battaglia di tutti, nessuno escluso.

Ora si sono aggiunte le multinazionali che producono impianti per energia rinnovabile, insieme a imprenditori che non hanno mai avuto a cuore l'ambiente e, fiutato il profitto, si sono messi dall'oggi al domani a impiantare fotovoltaico su terra fertile, ovunque capita: sono riusciti a trasformare la speranza, il sogno di un'energia pulita anche da noi nell'ennesimo modo di lucrare a danno della Terra. Anche del fotovoltaico su suoli agricoli abbiamo già scritto su queste pagine, prendendo come spunto la delicatissima situazione in Puglia. I pannelli fotovoltaici a terra inaridiscono completamente i suoli in poco tempo, provocano il soil sealing, cioè l'impermeabilizzazione dei terreni, ed è profondamente stupido dedicargli immense distese di terreni coltivabili in nome di lauti incentivi, quando si potrebbero installare su capannoni, aree industriali dismesse o in funzione, cave abbandonate, lungo le autostrade. La Germania, che è veramente avanti anni luce rispetto al resto d'Europa sulle energie rinnovabili, per esempio non concede incentivi a chi mette a terra pannelli fotovoltaici, da sempre. Dell'eolico selvaggio, sovradimensionato, sovente in odore di mafia e sprecone, se siete lettori medi di quotidiani e spettatori fedeli di Report su Rai Tre già saprete: non passa settimana che se ne parli su qualche testata, soprattutto locale, perché qualche comitato di cittadini insorge. È sufficiente spulciare su internet il sito del movimento "Stop al Consumo del Territorio", tra i più attivi, e subito salta agli occhi l'elenco delle comunità locali che si stanno ribellando, in ogni Regione, per i più disparati motivi.

Intendiamoci, questo non è un articolo contro il fotovoltaico o l'eolico: è contro il loro uso scellerato e speculativo. Il solito modo di rovinare le cose, tipicamente italiano. Anche perché l'obiettivo del 20% di energie rinnovabili entro il 2020 si può raggiungere benissimo senza fare danni, e noi siamo per raggiungerlo ed eventualmente superarlo. Questo vuole essere un grido di dolore contro il consumo di territorio e di suolo agricolo in tutte le sue forme, la più grande catastrofe ambientale e culturale cui l'Italia abbia assistito, inerme, negli ultimi decenni. Perché se la terra agricola sparisce il disastro è alimentare, idrogeologico, ambientale, paesaggistico. E' come indebitarsi a vita e indebitare i propri figli e nipoti per comprarsi un televisore più grosso: niente di più stupido.

Il problema poi s'incastra alla perfezione con la crisi generale che sta vivendo l'agricoltura da un po' di anni, visto che tutti i suoi settori sono in sofferenza. Sono recenti i dati dell'Eurostat che danno ulteriore conferma del trend: "I redditi pro-capite degli agricoltori nel 2010 sono diminuiti del 3,3% e sono del 17% circa inferiori a quelli di cinque anni fa". Così è più facile convincere gli agricoltori demotivati a cedere le armi, e i propri terreni, per speculazioni edilizie o legate alle energie rinnovabili. Ricordiamoci che difendendo l'agricoltura non difendiamo un bel (o rude) mondo antico, ma difendiamo il nostro Paese, le nostre possibilità di fare comunità a livello locale, un futuro che possa ancora sperare di contemplare reale benessere e tanta bellezza. 

Per questo è giunto il momento di dire basta, perché rendiamoci conto che siamo arrivati a un punto di non ritorno: vorrei proporre, e sperare che venga emanata, una moratoria nazionale contro il consumo di suolo libero. Non un blocco totale dell'edilizia, che può benissimo orientarsi verso edifici vuoti o abbandonati, nella ristrutturazione di edifici lasciati a se stessi o nella demolizione dei fatiscenti per far posto a nuovi. Serve qualcosa di forte, una raccolta di firme, una ferma dichiarazione che arresti per sempre la scomparsa di suoli agricoli nel nostro Paese, le costruzioni brutte e inutili, i centri commerciali che ci sviliscono come uomini e donne, riducendoci a consumatori-automi, soli e abbruttiti.

Una moratoria che poi, se si uscirà dalla tremenda situazione politica attuale, dovrebbero rendere ufficiale congiuntamente il Ministero dell'Agricoltura, quello dell'Ambiente e anche quello dei Beni Culturali, perché il nostro territorio è il primo bene culturale di questa Nazione che sta per compiere 150 anni. Sono sicuro che le tante organizzazioni che lavorano in questa direzione, come la mia Slow Food, o per esempio la già citata rete di Stop al Consumo del Territorio, il Fondo Ambientale Italiano, le associazioni ambientaliste, quelle di categoria degli agricoltori e le miriadi di comitati civici sparsi ovunque saranno tutti d'accordo e disposti a unire le forze. È il momento di fare una campagna comune, di presidiare il territorio in maniera capillare a livello locale, di amplificare l'urlo di milioni d'italiani che sono stufi di vedersi distruggere paesaggi e luoghi del cuore, un'ulteriore forma di vessazione, tra le tante che subiamo, anche su ciò che è gratis e non ha prezzo: la bellezza. Perché guardatevi attorno: c'è in ogni luogo, soprattutto nelle cose piccole che stanno sotto i nostri occhi. È una forma di poesia disponibile ovunque, che non dobbiamo farci togliere, che merita devozione e rispetto, che ci salva l'anima, tutti i giorni. 

La strategia Rifiuti Zero della cementi Buzzi

La Cementi Buzzi ancora una volta sta confermando la strategia che industrie, istituzioni e supporter universitari filotermocancrovalorizzazionisti stanno portando avanti con la penuria prossima del petrolio. Utilizzare per gli impianti industriali, a tutto tondo la maggior parte possibile di rifiuti che si chiamavano RDF (refused derived fuel), poi CDR (combustibile da rifiuti), ora CSS (combustibile solido secondario) col nuovo Dlags 205/2010 di recepimento direttiva rifiuti. Il Buzzi ha coniato un termine ancora più accattivante CVB (Carbon Verde Buzzi).
Termocancrovalorizzare tutto l'indifferenziato possibile dopo averlo macinato e biostabilizzato (aerobico) a dovere, meglio se c'è anche l'organico: "che separarlo comporta operazioni complesse e fornisce un terriccio di scarsa qualità".

Poi, per chiudere il cerchio: "le ceneri residue sono nulle perchè diventano parte del clinker da cui si ottiene il cemento ....non serve più la discarica, se non in misura marginale".

Chiaramente il grande nemico di Buzzi è la strategia del Riciclo Totale. Infatti vuole convincere chi è contrario alla sua strategia di Rifiuti Zero affermando:" Riciclare il 100% dei rifiuti è un'utopia".
Quindi per Buzzi è meglio andare a Rifiuti Zero via TMB (trattamento meccanico biologico), CVB (Carbon Verde Buzzi) e TCV (termocancrovalorizzazione).

Gianluigi Salvador

Leggi l'articolo del Sole24Ore

Usa, colossale operazione anti-mafia

Oltre 110 persone legate a Cosa Nostra arrestate a New York e dintorni

NEW YORK - In una colossale operazione senza precedenti contro sette famiglie legate alla criminalita' organizzata, l'Fbi e le polizie locali hanno arrestato oltre 110 persone a NewYork, nel New Jersey e in Rhode Island. Lo ha annunciato il ministro Usa della Giustizia Eric Holder, citando tra l'altro le famiglie Colombo, Gambino e Lucchese, ed accuse di omicidio ed estorsione.

Definendola ''una delle maggiori operazioni realizzate in un giorno contro la Mafia nella storia dell'Fbi'', Holder ha detto che ''oggi, oltre 800 agenti federali, statali e locali hanno arrestato oltre 110 individui, tra cui decine di membri e di affiliati a Cosa Nostra. In tutto 127 persone sono state incriminate in 16 diversi casi in quattro distretti a New York, nel New Jersey e nel Rhode Island''.

Il guardasigilli ha aggiunto che tra gli arrestati ci sono esponenti delle cinque famiglie newyorchesi: i Bonanno, i Colombo, i Gambino, i Genovese e i Lucchese. Tra le accuse spiccano quelle di omicidio (anche di esponenti di clan rivali), estorsione, traffico di droga, gioco d'azzardo, incendio criminale, strozzinaggio e racket nel mondo del lavoro, in particolare nell'industria del cemento e portuale. Holder e la responsabile dell'Fbi a New York Janice Fedarcyk hanno citato con enfasi la fruttuosa collaborazione in materia di lotta alla mafia con la Polizia Italiana, che va avanti da anni.

''L'Fbi e la Polizia Italiana hanno una lunga e ricca storia nella lotta contro la criminalita' organizzata'', ha detto la Fedarcyk.

Un arresto è stato effettuato anche in Italia, a Siracusa: si tratta di Walter Samperi, 31 anni, affiliato al clan Colombo, accusato di attività estorsiva a New York tra il 2004 e il 2010. Su di lui non pendeva nessun provvedimento di cattura da parte dell'Italia. Samperi è stato arrestato dalla Polizia di Stato di Siracusa, coordinata dal Servizio Centrale Operativo della Dac (Direzione Anticrimine Centrale) e dall'Interpol italiana. L'uomo ha trascorso gli ultimi dieci anni a New York dove a luglio era stato arrestato per reati contro il patrimonio, per poi tornare in Italia. Nella conferenza stampa odierna, Holder e la responsabile dell'Fbi a New York, Janice Fedarcyk, hanno citato con enfasi la fruttuosa collaborazione in materia di lotta alla mafia con la Polizia Italiana, che va avanti da anni. "L'Fbi e la Polizia di Stato italiana hanno una lunga e ricca storia nella lotta contro la criminalità organizzata", ha detto la Fedarcyk.

http://www.anssa.it/web/notizie/rubriche/mondo/2011/01/20/visualizza_new.html_1618224588.html

venerdì 21 gennaio 2011

L’esperienza della natura

in lessinia sulle tracce del genius loci...
lo spirito del luogo


propone
Andare,vedere,ascoltare
incontro-laboratorio


È una proposta che intende promuovere e sviluppare consapevolezza rispetto alla nostra relazione con la natura.
È un’esperienza che si articola in più incontri (mensili) a tema. È una ricerca comune che indaga e ridefinisce il nostro rapporto con l’ambiente avvalendosi della collaborazione di esperti nell’ambito artistico, pedagogico, filosofico e scientifico. È un percorso che vede la realizzazione di eventi diversi: laboratori, spettacoli itineranti all’aperto e seminari in luoghi naturali particolarmente significativi. È un’iniziativa che non ha scopo di lucro ed è esclusivamente finalizzata ad incentivare nuove modalità di presenza sulla Terra. È un’occasione di incontro con sè, gli altri e il paesaggio per chi è interessato ad affinare e condividere la propria capacità di entrare in contatto con la natura, la sua presenza, complessità e poesia.
Gli eventi si realizzano con la collaborazione di O Thiasos TeatroNatura (Roma); IRIS (Centro Interdisciplinare di Ricerca sulla Sostenibilità- Università di Torino); Trio FrancescaFerri (Roma); NaNa – Narrazione Natura (Bolzano); Università di Verona, Facoltà di Scienze della Formazione, e con il sostegno di sponsor che aderiscono all’iniziativa condividendone le finalità.
In occasione dell’inaugurazione sulle rive dell’Adige il 6 novembre scorso, è stato proposto presso il bioagriturismo Tirtha: Miti d’Acqua, tratto dalle Metamorfosi di Ovidio, uno spettacolo di narrazione per voce, viola e genius loci, scritto e narrato da Sista Bramini, regista e attrice, direttrice artistica della Compagnia O Thiasos TeatroNatura, Roma, accompagnata alla viola da Camilla Dell’Agnola, attrice, cantante e musicista, scrittrice e interprete delle musiche. Un evento speciale che ci ha introdotto (o ricondotto) al mondo naturale più sensibile e spesso invisibile, al senso più profondo della nostra relazione vitale con la natura. Il 7 novembre Sista Bramini e Camilla Dell’Agnola hanno condotto presso l’associazione
culturale Tirtha e sulle rive dell’Adige il primo laboratorio: un gruppo di 14 persone ha potuto quindi iniziare a sperimentare il particolare approccio del TeatroNatura affinando il contatto con sé e l’ambiente naturale, le risonanze reciproche, l’attenzione al proprio corpo e al proprio respiro, lo sguardo, l’ascolto, il contatto, il silenzio, il ritmo, il canto, la danza, …

… prosegue il 29 e il 30 gennaio in Lessinia
con l’incontro-laboratorio “Andare, vedere, ascoltare” condotto da Luciano Casagrande
Insegnante, educatore ambientale, alpinista, appassionato di teatro e musica, ha realizzato numerosi laboratori e progetti teatrali nelle scuole e in ambito sociale. Nel 2008 ha fondato l’associazione culturale Na-Na Narrazione e Natura. Nel 2009 ha pubblicato “Nottetempo, storie di vita nel cerchio narrativo”, con Nando Raffaelli (AB-Travellerbook, Bolzano 2009). Ha collaborato con la scuola di documentari e nuovi media di Bolzano “Zelig” di cui è socio fondatore. Profondo conoscitore della cultura indiana e tibetana conduce da oltre dieci anni un progetto di gemellaggio fra la scuola indo-tibetana di Tabo, in Himachal Pradesh, nella valle dello Spiti e diverse altre scuole di Bolzano. Da questa esperienza è nato il documentario “Tashi delek, il quaderno volante”. Partecipa e collabora da sei anni al progetto “Alla ricerca del genius loci” della Compagnia OThiasos TeatrtoNatura (Roma).


Sabato 29 gennaio
17,30 Ritrovo partecipanti di fronte alla chiesa di Marano di Valpolicella e partenza per Passo Fittanze
18,30 Inizio laboratorio, percorso a piedi con le ciaspole per raggiungere Malga Valbella (2 km circa)
20,30 Cena presso la malga interamente riservata al gruppo
21,30 In Lessinia sulle tracce del genius loci…

Pernottamento in malga con sacco a pelo

Domenica 30 gennaio
9,00 Colazione presso la malga
10,00 – 14,00 In Lessinia sulle tracce del genius loci... (nel corso della mattinata merenda a base di
prodotti biologici tipici)
14,00 Conclusione del laboratorio e ritorno

Il pranzo è libero
(solo su prenotazione presso Malga Valbella)




Si consiglia abbigliamento caldo (passamontagna, giacca a vento, guanti e pantaloni termici, scarponi o pedule, un piccolo zaino e un thermos). Sono indispensabili ciaspole e bastoncini da sci. La quota di partecipazione - tutto compreso - è di € 50,00 a persona. Per ragioni organizzative è necessaria l’iscrizione con pagamento anticipato* entro il 10 gennaio 2011. Il gruppo sarà di 16 persone a numero chiuso.
*La quota comprende: il laboratorio, il pernottamento in malga, una cena, una colazione, una merenda a base di prodotti biologici tipici.

Si ringraziano per l’ospitalità
Enrico ed Emanuela, MALGA VALBELLA (2 km da Passo Fittanze) - tel. 349.3618702
INFO E PRENOTAZIONI
Marina Valenti 333.79.72.128 - marinavalenti@libero.it

E' chiaro che le due cose sono collegate?

L'Arena, Giovedì 20 Gennaio 2011


Che fine ha fatto il promesso referendum sul cementificio di Fumane?
Se lo chiedono, da più parti, cittadini, associazioni e minoranze, ricordando che la consultazione era stata un cavallo di battaglia in campagna elettorale per l'attuale amministrazione ed era stata promessa più volte entro la fine del 2010. «Siamo fermi in questo momento», spiega il sindaco Domenico Bianchi, «per fare una consultazione popolare efficace rivolta a tutti i cittadini bisogna avere chiara la situazione complessiva. Innanzitutto non è chiaro il futuro del cementificio: finchè non viene riconosciuta completamente la concessione mineraria a scavare nella collina di Marezzane, per la quale manca il parere della Soprintendenza, non si può sapere che cosa avverrà».
Provincia e Regione hanno già espresso parere favorevole alla Valutazione di impatto ambientale sugli scavi, ma la Soprintendenza ancora non si è espressa, visto anche che pende il ricorso al Tar presentato dal Parco naturale della Lessinia, nel quale in piccola parte ricade l'area da scavare. «Se Marezzane non viene concessa, l'azienda ovviamente non procederà con gli investimenti per l'ampliamento dello stabilimento nella Valle dei Progni. Le due cose sono collegate. A quel punto è inutile fare una consultazione popolare», sostiene Bianchi.
Ma la questione è collegata anche all'indagine epidemiologica in atto, che non sta avendo riscontri significativi da parte della popolazione. L'indagine, condotta dall'Università di Verona, ha registrato un'adesione di appena il 30 per cento. «Troppo poco», si lamenta il sindaco, «ci vorrebbe almeno un 50 per cento di adesioni per avere una visione chiara. Stiamo sollecitando i cittadini a superare le loro resistenze».
Il paese con cui Fumane si confronta in questa indagine, per poter valutare le differenze ambientali e di inquinamento, è Mezzane, con cui ha in comune l'altezza, la composizione e il numero di abitanti: ma, mentre Mezzane è prettamente agricolo, Fumane conta due industrie importanti come la Cementirossi e l'Exide (ex York), che produce batterie per auto. «Tra qualche mese saremo in possesso dei dati definitivi dell'indagine epidemiologica», continua il primo cittadino. «Intanto, ho risposto circa un mese fa alle domande che mi sono state avanzate dal ministero per l'Ambiente, in seguito all'interrogazione parlamentare, in cui ho sottolineato i controlli che si stanno facendo in convenzione con l'Arpav e qual'è la situazione complessiva in paese».
In questi giorni le minoranze consiliari hanno presentato la richiesta di inserire nell'ordine del giorno del prossimo Consiglio comunale, convocato per il 26 gennaio, l'approvazione del regolamento del referendum, che la commissione apposita aveva già preparato a novembre. Manca l'approvazione da parte del Consiglio comunale per poter effettuare le consultazioni, come da Statuto. Le minoranze, nel loro giornalino, appena uscito, pongono il problema di questa mancanza in prima pagina.
G.G.

mercoledì 19 gennaio 2011

Aggiornamenti da Monselice

LO SCANDALO DI UNA ULSS CHE NON TUTELA I SUOI CITTADINI, CHE NON TRASMETTE I DATI DELLA MORTALITA’ PER TUMORE DI QUESTO TERRITORIO.

Da una indagine epidemiologica sulla mortalità, effettuata negli anni  1995-2001 sul territorio dell’Ulss 17 che ha coinvolto il 15% della popolazione di 14 comuni, risulta che nella Bassa padovana la causa principale di morte siano le «malattie del sistema circolatorio».

Confrontando i dati divisi per sesso la mortalità nei maschi è nettamente superiore per le malattie neoplastiche mentre nel sesso femminile sono maggiormente presenti le malattie del sistema circolatorio. L’indagine è stata effettuata dal laboratorio di Epidemiologia ambientale del dipartimento di Medicina e sanità dell’Università e il progetto è stato concordato tra il Bacino Padova 3, l’Ulss 17, l’Arpav e l’Università. Nella Bassa i tumori più importanti hanno una incidenza maggiore rispetto ai dati di Regione e Provincia. Un esempio: il tumore trachea-bronchi e polmone nei maschi ha un’incidenza di 152,3 casi e nelle femmine di 31,5 casi per 100.000 abitanti contro i 123,3 e i 44,7 casi per 100.000 abitanti nella regione Veneto.

Di fronte a questi dati, per i cittadini che vivono nella bassa padovana, in particolare nell’area dei cementifici, era doveroso attendersi dalle Istituzioni un’attenzione particolare, invece inspiegabilmente si è verificata la situazione opposta.
Il Registro Tumori del Veneto è uno dei più grandi e dei più efficienti di tutta Italia, copre circa 2 milioni di abitanti e comprende 15 ULSS:

1. L’ULSS di Padova ha cessato  la Registrazione nel 1999,  non  ha più fornito i dati codificati, rendendo  impossibile l'attività di registrazione e quindi l'effettuazione di studi epidemiologici.
2. L'ULSS 17, una ULSS che tutti definiscono d'eccellenza per  l'attività di screening oncologici, addirittura non è nemmeno presente in questo Registro.

In questa zona, tra quelle più esposte a rischi ambientali, nessuno si preoccupa di studiare e monitorate nel tempo la situazione epidemiologica della popolazione. Sindaci primari e Consiglieri Comunali medici si guardano bene dal segnalare questa anomalia, preferendo votare un revamping dell’Italcementi che condanna i cittadini ad altri 30 anni d’inquinamento, a norma di legge, anche 10 volte superiore a quello prodotto da un inceneritore. La dirigenza dell’ULSS è troppo occupata a gestire gli appalti del nuovo ospedale, le consulenze, le convenzioni per dedicare tempo e risorse per tutelare la salute dei suoi cittadini.

A MONSELICE SONO STANCHI DI QUESTA SITUAZIONE, VOGLIONO CONOSCERE LA REALTA’ IN CUI LI COSTRINGONO A VIVERE E IL TASSO DI MORTALITA’ CHE I CITTADINI DEVONO SOPPORTARE PER GARANTIRE I PROFITTI DEI CEMENTIERI.  VOGLIONO UNO FUTURO ATTENTO ALLA SALUTE E ALLA SALVAGUARDIA DEL TERRITORIO.

Il nuovo cementificio porterà Monselice e il territorio circostante in Paradiso?
Mercoledì 29 Dicembre 2010 la  Giunta della Provincia di Padova ha espresso parere favorevole alla compatibilità ambientale della costruzione di un nuovo cementificio a Monselice, all’interno del parco Colli Euganei.
Con un simile atto quest’Istituzione Pubblica, considerata da molti di dubbia utilità e molto costosa per la collettività, tanto da chiederne l’abolizione, si è dimostrata un semplice Ente “passacarte” che avvalora decisioni prese da altri nell’interesse di pochi.
Non certamente nell’interesse di una popolazione di oltre 50.000 abitanti che sarà costretta a vivere  in prossimità dell’impianto autorizzato, per altri 30 anni, ad immettere in atmosfera quantità di inquinanti (quali per esempio i pericolosi ossidi di azoto e biossido di zolfo) molto superiori a quelli di un inceneritore come quello di S. Lazzaro a Padova.
Nessun intervento è, infatti, stato quantomeno tentato per modificare gli incomprensibili limiti d’emissione che consentono ad un cementificio di inquinare legalmente secondo quanto riportato nella sottoriportata tabella:


Inquinante Limiti d’emissione Cementificio Inceneritore
Ossidi di azoto (NOx) mg/mc 1800 200
Biossido di zolfo(SO2) mg/mc 600 100

I dati esposti indicano che a  parità di portata (di fumi emessi dalla ciminiera) un cementificio può inquinare con una concentrazione da 6 a 9 volte superiore a quella di un inceneritore, relativamente agli inquinanti considerati.
Ciò però è ancora insufficiente a capire la gravità del problema, perchè bisogna tener conto che la portata di gas in uscita dalla ciminiera di un cementificio è molto superiore rispetto a quella di un inceneritore.
Infatti, se si considera la quantità in peso degli inquinanti emessi in atmosfera in un anno si ottengono dati ancora più inquietanti, come si può dedurre dalla tabella che segue e che si riferisce all’anno 2005.

Inquinante Quantità in peso Cementificio Inceneritore
Ossidi di azoto (NOx) Tonnellate 1208 55
Biossido di zolfo(SO2) Tonnellate 297 1,1

In pratica il cementificio del revamping ha immesso in atmosfera una quantità di NOx 22 volte superiore e ben 270 volte superiore per SO2 rispetto all’inceneritore di San Lazzaro.

Se poi si fa riferimento agli ultimi dati disponibili (2008) si può osservare qui sotto un ulteriore marcatissimo peggioramento nelle emissioni del biossido di zolfo del cementificio di Monselice che arrivano ad essere 1757 volte superiori di quelle dell’inceneritore di San Lazzaro. 


Inquinante Quantità in peso Cementificio Inceneritore
Biossido di zolfo Tonnellate 527 0,3


Questi dati disponibili a tutti, compresa la provincia di Padova, sono aridi e noiosi ma non mentono ed evidenziano una situazione impressionante.
Mostrano tra l’altro che, nonostante le proteste della popolazione in questi anni siano state particolarmente intense, l’inquinamento da biossido di zolfo generato dal cementificio è addirittura aumentato di oltre il 70% dal 2005 al 2008.
Anche considerando plausibile la sbandierata riduzione dell’inquinamento del 50% del costruendo cementificio a Monselice, il miglioramento da revamping porterebbe ad avere, come  minimo, l’ inquinamento equivalente a quello di 11 inceneritori Santi Lazzaro.
Tutto ciò a 400 metri da un asilo infantile, a 450 metri da  una scuola elementare e a 1200 metri dal Municipio.
Probabilmente la Provincia, per tutti questi “San Lazzaro”, ha ritenuto che Monselice, molto devota alla festa dei Santi, abbia l’aspirazione ad ospitare un piccolo Paradiso.
Se poi si considera che nel raggio di 5 km insistono ben tre cementifici si direbbe che l’obbiettivo della Provincia, nella sua vocazione benefattrice, sia quello di trasformare questo territorio in un grande Paradiso.
Certo che la stragrande maggioranza delle persone residenti ha il diritto e il dovere di protestare e di  difendersi da questi veri Diavoli camuffati da  Santi e Benefattori.
Anche per chi ha il grande dono della fede, la preghiera non sembra più essere sufficiente.

giovedì 13 gennaio 2011

Gli inceneritori uccidono!


http://www.beppegrillo.it//2011/01/con_il_recente/index.html?s=n2011-01-12


Lettera di Patrizia Gentilini, oncologa.
"Con il recente scandalo di polli e uova tedesche alla diossina ritorna il problema della sicurezza alimentare (... le mozzarelle campane, le pecore pugliesi, i suini irlandesi) che però rischia di passare come una notizia fra le tante. Col termine diossina si intende la TCDD, nota come “diossina di Seveso” dopo l'incidente del 1976, pericolosa a dosi infinitesimali (miliardesimi di milligrammo), è stata definita la sostanza più pericolosa conosciuta; affini a questa molecola ve ne sono centinaia per cui si parla genericamente di "diossine". Sono molecole persistenti nell’ambiente, la cui assunzione avviene per il 90% per via alimentare: pesce, latte, carne, uova e formaggi. Le diossine sono trasmesse dalla madre al feto durante la gestazione e l'allattamento. Dagli studi risulta che in Italia un lattante di 5 kg assume diossine da alcune decine fino a centinaia di volte superiori al limite massimo dell'UE. 
Le diossine rientrano nel gruppo degli interferenti endocrini. L’esposizione a diossine è correlata allo sviluppo di tumori (*). Trattandosi di sostanze così pericolose nel 2004 è stata stilata a Stoccolma una convenzione da 120 Paesi, fra cui l’Italia, per vietare la produzione intenzionale ed imporre la riduzione di quella non voluta. Peccato che il nostro Paese sia stato l'unico a non averla ratificata!
Le diossine si formano in particolari condizioni di temperatura in presenza di cloro. Ogni processo di combustione, in particolare di plastiche, porta alla loro formazione, e sono presenti nei fumi e nelle ceneri degli inceneritori. Le uova alla diossina vengono fatte risalire alla somministrazione di mangimi contaminati da oli industriali ed altri inquinanti agli animali, ma questo oscura il fatto che nel 2005, nella stessa regione ( Bassa Sassonia), si era evidenziata una contaminazione oltre i limiti consentiti di ben il 28% di polli allevati all'aperto - quindi polli "ruspanti", che consideriamo sicuri perchè allevati in modo "naturale". La Bassa Sassonia è caratterizzata da acciaierie ed inceneritori. Parlare di mangimi e non delle ricadute delle diossine non mette a fuoco le conseguenze di uno "sviluppo" industriale dissennato. Aver distrutto la civiltà contadina, avvelenato il territorio con pesticidi e permesso impianti assurdi ed inquinanti come gli inceneritori arreca incalcolabili danni all’ambiente e alla salute e mina la possibilità stessa di sopravvivenza delle generazioni future.
I dati relativi all'agricoltura europea mostrano come l'Italia è destinata al fallimento anche dal punto di vista agricolo che dovrebbe rappresentare l'eccellenza nel nostro Paese. L' andamento dei redditi agrari del 2010 sul 2009 è: EU +12.3, Danimarca +54.8, Olanda +32, Francia +31, Germania +23, Spagna +7, Italia -3.3 (con calo della superficie agricola di 19.200 kmq negli ultimi 10 anni). Dobbiamo riconoscere il fallimento del modello di sviluppo attuale che non si cura delle conseguenze delle proprie scelte ed è arrivato a contaminare le basi dell'alimentazione inquinando anche l'alimento più prezioso al mondo: il latte materno!"

Patrizia Gentilini - Presidente Associazione Medici per l'Ambiente ISDE Forlì


(*) Per la TCDD, linfomi, sarcomi, tumori a fegato, mammella, polmone, colon) e a disturbi riproduttivi, endometriosi, anomalie dello sviluppo cerebrale, diabete, malattie della tiroide, danni polmonari, metabolici, cardiovascolari, epatici, cutanei e deficit del sistema immunitario.

sabato 8 gennaio 2011

Smottamento sopra gli scavi irregolari di Cementirossi



In località Giarole sopra gli scavi della Cementirossi, in questi giorni è comparso un largo e ampio smottamento evidentemente collegato agli scavi.


La storia inizia il 30 luglio 2009, quando la Provincia di Verona contestava a Cementirossi di aver scavato a distanza inferiore a 20 metri dalle strade vicinali Colombare e Gardane, questo stesso luogo.
Il mancato rispetto della suddetta distanza costituisce violazione di legge che prevede arresto, da 2 a 4 anni o un'ammenda. La ditta Industria Cementi Giovanni Rossi S.p.A. con nota al prot. della Provincia n.134200 del 23 dicembre 2009 ha richiesto la presa in atto in Sanatoria, degli scavi eseguiti.
Come è possibile che la Cementirossi abbia potuto scavare un fronte così rilevante arrivando fino a 5 metri dalle strade vicinali senza che nessun ente competente alla sorveglianza se ne sia accorto?
E' una precisa strategia aziendale quella di trasgredire alle imposizioni per poi regolarizzarle con sanatoria?

Ma torniamo agli smottamenti di questi giorni... La correlazione scavi “che non dovevano esserci” e smottamento con le conseguenti carenze delle analisi geologiche già in passato denunciate dalle associazioni è evidente.
Tutta l’area attorno a Purano presenta fragilità geologiche per altro correttamente riportate nel Piano Regolatore di Marano, ma di cui anche nel recente passato non si è voluto tener conto.

Infatti solo l’intervento dell’associazione Valpolicella 2000 che ha rilevato come l’abitato di Purano sorge una Paleofrana ha impedito che gli scavi venissero effettuati nell’area di Barbiaghe dove erano invece stati previsti dalla Cementirossi nel progetto di coltivazione presentato nel 1998.

Allora malgrado appunto il Piano Regolatore fosse esplicito, il Comune di Marano non ebbe nulla da eccepire circa gli scavi di Barbiaghe che prevedevano di arrivare fino a 80 metri dall’abitato.

Ora la vicenda dello smottamento evidenzia come sia il Comune di Marano ma, in questo caso, soprattutto il Settore Ecologia della Provincia abbiano mancato di sorvegliare l’attività di escavazione e come con eccessiva superficialità sia stato sanato uno stato di irregolarità creato dalla Cementirossi con gli scavi.

Responsabilità su cui forse sarà ora che la stessa magistratura inizia ad indagare.

Crediamo che ancora una volta si evidenzi come l’azienda fornisca sempre meno garanzie di serietà e sicurezza, elementi chiavi, già minati dalla vicenda delle discariche disseminate nell’area della Miniera, e che dovrebbe far riflettere, se ancora ce ne fosse bisogno, sulla necessità di chiudere quanto prima, nell’interesse dell’intero territorio della Valpolicella, la vicenda del cementificio con il suo enorme impatto di scavi e inquinamento.

mercoledì 5 gennaio 2011

Veleni scomparsi

Mercoledì 29 dicembre il consiglio comunale di Marano di Valpolicella, in risposta a precisa interrogazione presentata in data 20.12.2010 dalla minoranza, non ha potuto non rendere noto l'esistenza di un'indagine geofisica che risale al mese di luglio finalizzata all'identificazione delle "presunte" discariche all'interno dello stabilimento Cementirossi di Fumane, discariche segnalate dal Comitato Fumane Futura e Associazione Valpolicella 2000 circa un anno fa a fronte di testimonianze oculari.
Le indagini elettriche e sismiche hanno individuato gravi anomalie negli strati di terreno sottostante,  rilevando enormi aree di materiale estraneo alla naturale conformazione del terreno.
Poiché non sono stati ancora effettuati scavi, non è ancora chiaro cosa sia sepolto all'interno di queste aree, ma la presenza delle discariche è ormai certa. Se le testimonianze rese da testimoni oculari verranno confermate dai carotaggi, si verrà presto a sapere se si tratta dei 30.000 quintali di ossido di ferro delle acciaierie Dalmine o della terribile ipotesi emersa nella conferenza dei servizi del 4 marzo, ovvero quella di non ben definiti fusti di cui si ignora il contenuto.

Di fronte a tale grave sospetto, Cementirossi ha affermato più volte di non sapere nulla e ha rimandato eventuali responsabilità alla precedente gestione della Cementi Verona S.p.a..
Cementirossi non potrà però sottrarsi alla propria responsabilità poiché Cementi Verona S.p.a. è stata incorporata nel 1993 per fusione da Cementirossi e quindi ne ha assunto tutti gli oneri. Inoltre la notizia dei 30.000 quintali di ossido di ferro apparve sui giornali il 27 febbraio 1994. La Cementirossi è subentrata nella gestione dell’impianto a partire dal 1 gennaio 1994. Ne consegue che Cementirossi non poteva non sapere.
Sapeva e per proprio tornaconto taceva. E’ del tutto evidente che nel 1998, quando venne presentata la richiesta di una nuova concessione mineraria all’allora Distretto Minerario di Padova (le cui competenze sono ora della Regione) non solo Cementirossi era a conoscenza dei fatti ma il silenzio sulla presenza di possibili discariche nell’area Mineraria è stato funzionale al positivo iter autorizzativo.

L’utilizzo improprio della miniera come discarica avrebbe infatti potuto compromettere il rilascio della nuova concessione, come invece è avvenuto con l’opposizione della sola Comunità montana della Lessinia e i dubbi della Sovrintendenza.

C’è stata una precisa e - riteniamo - voluta negligenza da parte di Cementirossi sia per coprire i “propri scheletri nell’armadio” sia per non ostacolare il rilascio della nuova concessione mineraria.
Non si capisce però come il Distretto Minerario di Padova che esercitava compiti di polizia mineraria, non abbia proceduto ad approfondire la questione. Come pure suscita perplessità il fatto che i vari sindaci dell’epoca non siano intervenuti a tutela della salute pubblica, e come i sindaci di oggi abbiano omesso di trasmettere la segnalazione discarica, l’esposto e la conferenza dei Servizi alla Direzione Geologia ed Attività Estrattive della Regione Veneto, responsabile della Concessione Mineraria.

La Sovrintendenza ai beni paesaggistici di Verona dovrà a breve esprimere un parere in merito ad una richiesta di Cementirossi per una nuova miniera sulla collina di Marezzane.
Il pesante ritardo con cui vengono svolte le indagini e l’evidente atteggiamento dei sindaci che minimizzano il problema delle discariche fanno ritenere che ancora una volta Cementirossi stia usando il silenzio per non compromettere l’iter autorizzativo per la miniera di Marezzane.

L’ampliamento del cementificio, già oggi imponente struttura industriale, nonché la sua sostanziale riconversione in impianto di co-processing di rifiuti industriali, rappresenta una chiarissima violazione del vincolo paesaggistico posto a tutela di tale prezioso ambito territoriale, oltre che una ferita insanabile per gli abitanti della Valpolicella, per le aziende vitivinicole, per le attività turistiche ed enogastronomiche, per la nuove esperienze di agricoltura biologica che sono la sua naturale vocazione.
Alla bugia del fingere di non sapere nulla si aggiunge la malgestione e l'uso improprio di un bene pubblico a danno della collettività per conseguire l’interesse privato, elementi che insieme testimoniano come la credibilità di questa azienda sia del tutto compromessa. Ci troviamo di fronte ad un’azienda che si presenta con ripristini e rinaturalizzazioni, trapianti di flora naturale, censimenti di sorgenti e marogne, ma si scopre che in realtà nasconde ben altro.