mercoledì 5 gennaio 2011

Veleni scomparsi

Mercoledì 29 dicembre il consiglio comunale di Marano di Valpolicella, in risposta a precisa interrogazione presentata in data 20.12.2010 dalla minoranza, non ha potuto non rendere noto l'esistenza di un'indagine geofisica che risale al mese di luglio finalizzata all'identificazione delle "presunte" discariche all'interno dello stabilimento Cementirossi di Fumane, discariche segnalate dal Comitato Fumane Futura e Associazione Valpolicella 2000 circa un anno fa a fronte di testimonianze oculari.
Le indagini elettriche e sismiche hanno individuato gravi anomalie negli strati di terreno sottostante,  rilevando enormi aree di materiale estraneo alla naturale conformazione del terreno.
Poiché non sono stati ancora effettuati scavi, non è ancora chiaro cosa sia sepolto all'interno di queste aree, ma la presenza delle discariche è ormai certa. Se le testimonianze rese da testimoni oculari verranno confermate dai carotaggi, si verrà presto a sapere se si tratta dei 30.000 quintali di ossido di ferro delle acciaierie Dalmine o della terribile ipotesi emersa nella conferenza dei servizi del 4 marzo, ovvero quella di non ben definiti fusti di cui si ignora il contenuto.

Di fronte a tale grave sospetto, Cementirossi ha affermato più volte di non sapere nulla e ha rimandato eventuali responsabilità alla precedente gestione della Cementi Verona S.p.a..
Cementirossi non potrà però sottrarsi alla propria responsabilità poiché Cementi Verona S.p.a. è stata incorporata nel 1993 per fusione da Cementirossi e quindi ne ha assunto tutti gli oneri. Inoltre la notizia dei 30.000 quintali di ossido di ferro apparve sui giornali il 27 febbraio 1994. La Cementirossi è subentrata nella gestione dell’impianto a partire dal 1 gennaio 1994. Ne consegue che Cementirossi non poteva non sapere.
Sapeva e per proprio tornaconto taceva. E’ del tutto evidente che nel 1998, quando venne presentata la richiesta di una nuova concessione mineraria all’allora Distretto Minerario di Padova (le cui competenze sono ora della Regione) non solo Cementirossi era a conoscenza dei fatti ma il silenzio sulla presenza di possibili discariche nell’area Mineraria è stato funzionale al positivo iter autorizzativo.

L’utilizzo improprio della miniera come discarica avrebbe infatti potuto compromettere il rilascio della nuova concessione, come invece è avvenuto con l’opposizione della sola Comunità montana della Lessinia e i dubbi della Sovrintendenza.

C’è stata una precisa e - riteniamo - voluta negligenza da parte di Cementirossi sia per coprire i “propri scheletri nell’armadio” sia per non ostacolare il rilascio della nuova concessione mineraria.
Non si capisce però come il Distretto Minerario di Padova che esercitava compiti di polizia mineraria, non abbia proceduto ad approfondire la questione. Come pure suscita perplessità il fatto che i vari sindaci dell’epoca non siano intervenuti a tutela della salute pubblica, e come i sindaci di oggi abbiano omesso di trasmettere la segnalazione discarica, l’esposto e la conferenza dei Servizi alla Direzione Geologia ed Attività Estrattive della Regione Veneto, responsabile della Concessione Mineraria.

La Sovrintendenza ai beni paesaggistici di Verona dovrà a breve esprimere un parere in merito ad una richiesta di Cementirossi per una nuova miniera sulla collina di Marezzane.
Il pesante ritardo con cui vengono svolte le indagini e l’evidente atteggiamento dei sindaci che minimizzano il problema delle discariche fanno ritenere che ancora una volta Cementirossi stia usando il silenzio per non compromettere l’iter autorizzativo per la miniera di Marezzane.

L’ampliamento del cementificio, già oggi imponente struttura industriale, nonché la sua sostanziale riconversione in impianto di co-processing di rifiuti industriali, rappresenta una chiarissima violazione del vincolo paesaggistico posto a tutela di tale prezioso ambito territoriale, oltre che una ferita insanabile per gli abitanti della Valpolicella, per le aziende vitivinicole, per le attività turistiche ed enogastronomiche, per la nuove esperienze di agricoltura biologica che sono la sua naturale vocazione.
Alla bugia del fingere di non sapere nulla si aggiunge la malgestione e l'uso improprio di un bene pubblico a danno della collettività per conseguire l’interesse privato, elementi che insieme testimoniano come la credibilità di questa azienda sia del tutto compromessa. Ci troviamo di fronte ad un’azienda che si presenta con ripristini e rinaturalizzazioni, trapianti di flora naturale, censimenti di sorgenti e marogne, ma si scopre che in realtà nasconde ben altro.



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