domenica 27 marzo 2011

Grida di dolore



GRIDA DI DOLORE
Opera teatrale, di danza e di musica. L’ambiente, la salute, il territorio
Storie, canti,sogni,offese, speranze

I)
Questa terra, non era meno bella né della Toscana, né di nessun altro idilliaco paesaggio, cinquant’anni fa; c’erano pochi luoghi altrettanto carichi di dolci e tranquille bellezze, all’inizio.
All’inizio, prima che inconsci ed irresponsabili manipoli di forsennati amministratori, cosiddetti progettisti del territorio, non la trasformassero nel grande affare da consumare, che ancora è, un fuoco che non si placa. Che è diventato un modello di sviluppo da esportazione.
Ancora hanno fame di squarci sinistri ,di cave, di ferite profonde, di moltiplicare i nastri d’asfalto ovunque, di ponti , e rotonde ed ora dell’ultima delle opere assurde, le gallerie.
Quando capiranno che la terra ed il nostro corpo sono una cosa sola?, che non lo possiamo amputare, o ritagliare a nostro piacimento, che la possiamo solo rispettare ed amare. Che siamo noi gli uccellini , che qualcuno caccia, non c’è separazione tra la terra, la natura e noi, siamo aspetti diversi dello stesso identico respiro. Un corpo unico, gli alberi sono i polmoni, i fiumi sono le reni, le montagne sono le ossa, noi umani il sistema nervoso, o forse solo la peluria.
Ogni piccolo danno che la natura subisce è un danno che arriva direttamente al nostro corpo fisico ed allo spirito e li ferisce, li amputa di qualcosa, e le ferite penetrano profondamente, assopiscono il desiderio innato di bellezza, alterano il nostro naturale ordine di valori
Due o tre millenni per costruire un paesaggio mirabile, quasi perfetto, come possono essere perfette le cose umane.
Cinquanta anni per riempire le pance ed i portafogli di alcuni, per svuotare il territorio della bellezza, dare spazio ad un terribile, squallido ordinario. La bellezza, che è nutrimento del corpo, dello spirito, della mente, del pensiero. Che ci è stata donata dai padri e di cui abbiamo voluto diventare padroni assoluti, fino ad ucciderla. Siamo ipernutriti con le menti denutrite, e neanche più affamate, siamo ormai assuefatti al valore del nulla, e non chiediamo neanche più, senza sogni e senza speranza, come ci vuole il potere.
Non riescono torte buone con ingredienti cattivi Chi vuol fare cemento con ciò che resta delle immondizie sa di fare case che probabilmente saranno dannose, forse velenose. Se si coltivano i campi con troppi veleni non può nascere un prodotto sano. Prima di tutte le tecniche sono necessari sapienza, amore e pazienza.

II)
Io sono lo spirito, siamo in quattro quassù, ora giochiamo, non c’è più rabbia o dolore, Eravamo amici anche in vita, lavoravamo insieme, tutti e quattro ad insaccare cemento, tutta la vita. In fondo è durata relativamente poco l’agonia, solo qualche anno perché il tumore ci prendesse, poi ci siamo ritrovati qui, e non abbiamo voce per avvisarvi: ora il pericolo è ancora più grande, è invisibile, ed è per tutti, per i bambini.
Sono un’orchidea, abitavo a Marezzane. Da millenni ogni primavera regalavo i miei colori ai viandanti, godevo silenziosa del sole, trasformavo la luce in bellezza.
Sono una nuvola, bianca e leggera spumeggio nel cielo. Non fate festa. Fumi e veleni mi hanno trasformata, sono cattiva, arrivo nei polmoni e nel sangue, porto altra morte.
Sono un campanile, ero la guardia ed il faro del territorio, il simbolo della casa, per secoli ho scandito il ritmo del tempo, sempre uguale. Ho ispirato e poi guardato e conservato gelosamente le geometrie piccole, umane. Ora il ritmo del tempo non lo conosco più, non è più umano, ho perso la sua dimensione. Come lo spazio, anch’esso non più umano, espropriato alle persone, tutto di proprietà privata, vietato ai giochi ai sogni ed ai progetti.
Sono un torrente, in me scorreva linfa di vita, per la terra, gli uomini, gli animali, portavo freschezza e simpatia, gioco ed allegria, la purezza era nel mio cuore. Poi hanno iniziato con piscio di porci, ed ancora hanno succhiato dalle mie vene per raffreddare forni industriali, hanno disperso infinità di rifiuti nel mio letto, per nascondere affari loschi. Niente più cure, amore, cautela, rispetto. Niente più giochi, scarsi i profumi di fiori, niente più gamberi. Ora giaccio quasi morto, vivo solo momenti di rabbia, quando mi gonfio, sono torbido ed urlo. Allora temetemi, posso essere terribile, vendicativo.
Sono un uccellino, anch’io sono natura, e dovete sapere che ho una vita anch’io, non nacqui solo per il divertimento di uomini spavaldi, la natura soffre senza di me.
Sono immigrato, son venuto fin qui ed avevo un lavoro, ora non l’ho più, ho famiglia ed ho vergogna con i miei figli. Questa valle mi prometteva sogni, vi ho dato le mie migliori energie, ora capisco che ho sbagliato a venire. Molti mi credono e mi descrivono ladro, oppure incapace, chiedo solo rispetto, imparate a conoscermi.
Sono terra, mi lascio volentieri calpestare non pretendo nulla , sono anch’io una madre, e fin che ho energia ne do, ma basta impregnarmi di polveri, di veleni, di chimica, non respiro più, di questo passo al posto dei fiori produrrò dei mostri
Perché ora per i contadini, che un tempo m’amavano e mi curavano, son solo un mezzo di produzione, una delle tante macchine industriali ?Non consideratemi inutile, sono e sarò sempre io la madre della vita !

III)
Tutto viene dipinto di bianco, coperto da veli, nascosto. Le parole sembrano belle, ma pochi parlano linguaggio vero, sincero. I sindaci e le istituzioni approvano tutto e così svendono i nostri polmoni, le reni, i midolli. L’essenziale che ci serve per vivere, respirare, nutrirsi depurarsi, l’aria e l’acqua insieme alla terra, i beni più grandi sono azzannati da profittatori molesti che ci intasano, ci avvelenano, non vedono più in la del naso e rubano salute al futuro. Quanto tempo ancora ? Quante diagnosi infauste ?
Ed uguale minaccia incombe anche sul prodotto più famoso e prezioso che abbiamo. Che avrebbe bisogno di ambiente pulito
Abbiamo forse l’uva più preziosa d’Italia e siamo tutti ricchi e grati di questo. Ed è forse la più trattata. Cinquant’anni di dissennatezza sono passati anche nei campi, e la terra e l’acqua sono sempre più cariche di veleni. Non resisterà a lungo ancora. Abbiamo rubato la salute della terra al futuro e non sappiamo dire veramente il perché, si può fare vino ancora più buono anche senza troppi veleni.
Quando verrà primavera e vedremo nei campi quelle righe gialle di morte e di deserto, ancora una volta sapremo che terra acqua ed aria sono state avvelenate e squilibrate per un misero e ignorante risparmio di pochi
Le autorità, sono solo autoritarie ma senza autorevolezza, che è data solo dalla trasparenza, dal distacco, dal servire e dall’ascoltare. Vogliono solo svendere loro quello che è di tutti, neanche di tutti ma di nessuno, la natura appartiene solo a se stessa.
Marezzane è femmina, scavare, sventrarla è come stuprarla, è violenza, è stuprare se stessi. Milioni di metri cubi di stupro
E’ un luogo così dolce, che parla direttamente al cuore, ogni stagione lì si realizza pura, è il versante nord, non in vista, quello per fortuna ancora dimenticato, l’ultimo integro, che ora si vuol procedere ad offendere.
Quelle pacate colline, quegli alberi vecchi, i monti che chiudono la vista sugli scempi della pianura e delle altre colline, proteggono dalla visione delle violenze. Forse per questo la odiano, perché fa respirare la pace, perché trasmette emozioni di calma, di meritato riposo, o di antichi lavori, dell’inutilità della frenesia. Perché possiede ancora la forza ed i colori della natura, suoni remoti, la maestà degli alberi, il fascino del silenzio. Perché è bella, e se la gente si abitua a desiderare, a volere, a pretendere che sia indispensabile la bellezza, come la semplicità, allora va fuori dai binari permessi da questo sistema.
Ci sono uomini che si credono moderni perché stravolgono tutto, che impongono le loro leggi alla natura, che credono che dopo di loro la terra finisca (e ce la mettono tutta per farla finire con loro). Questi vogliono far sparire Marezzane, cancellarla dalle carte e dalla memoria.
Ci sono poi tantissimi uomini e donne, silenziosi, semplici, che danno amore e vita alla terra, rispettano le leggi ed i ritmi della natura. Impariamo da loro
Impariamo anche da chi crea bellezza ed armonia, da chi consuma poco, ha poche pretese, da chi non uccide animali, da chi cresce bambini con amore, da chi accudisce vecchi

Anni fa c’era un castelliere, i resti di un villaggio neolitico, sulle colline. Qualcuno, in una sola notte, per paura di complicazioni al proprio lavoro, e per oggettiva ignoranza, distrusse in una notte con una ruspa una ricchezza, un patrimonio che uomini antichi costruirono, una fonte di cultura, privando tutti i posteri di una cosa che sarebbe stata di tutti. Non rifacciamo, non permettiamo che si facciano ancora questi furti di bellezza e di sapere.
Negli ultimi mesi sono state scoperte nella valle più intima delle nostre ben quattro enormi discariche. Sopra una non cresce neanche l’erba. Qualcuno si è arrogato il diritto di avvelenare, di violare e di violentare ancora una volta la nostra terra, noi stessi, per poi nascondere il misfatto e ne ha tratto sicuramente danaro. Qualcuno l’ha permesso, qualcuno ha eseguito l’ordine, qualcuno li ha coperti. Inganno, ipocrisia, imbroglio, violenza, stupro,paura.
Come è stata possibile una simile offesa, com’è possibile che siano rimasti impuniti, o almeno esecrati pubblicamente ?
Ed ora ad ogni respiro i nostri polmoni e tutti i nostri organi sono diventati le discariche che assorbono i peggiori inquinanti.
La Natura è sacra, così com’è l’abbiamo avuta in prestito. Non dai padri, l’abbiamo in prestito dai nostri figli, a loro la dobbiamo restituire, non possiamo commettere sacrilegi alterando il suo saggio equilibrio.

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