martedì 11 maggio 2010

UN FUTURO CON MENO CEMENTO: UN AUSPICIO, NON UNA DISGRAZIA

Gianni Sandon - Coordinamento Associazioni Ambientaliste per i Colli Euganei


Nel Veneto ci sono 6 cementerie, 3 delle quali nei Colli Euganei (una a Este e 2 a Monselice). Si sono insediate qui negli anni '50. E sono state potenziate negli anni '70 (pur essendo stata approvata nel '71 la legge speciale che aveva fermato le cave). Ora da queste 3 cementerie viene prodotto il 60% del cemento del Veneto.
Nell'89, come noto, i Colli Euganei vengono riconosciuti come Parco regionale. Il Piano Ambientale che viene di conseguenza adottato e approvato conferma la definitiva chiusura anche delle cave che servivano per alimentare i cementifici e classifica l'attività di questi come "incompatibile" col Parco. Non ne prevede comunque l'immediata chiusura, ma stabilisce che gli interventi che non siano di normale manutenzione e ristrutturazione debbano essere "subordinati alla stipula di apposite convenzioni" col Parco e i Comuni interessati, convenzioni che devono definire, tra l'altro, "modalità e tempi di prosecuzione dell'attività" ma anche "le modalità e i tempi delle eventuali dismissioni". Si tratta di norme che lasciano sicuramente ampi margini di "trattativa", ma che indicano chiaramente, nei casi di interventi eccedenti la ristrutturazione, la direzione da seguire. Che non può essere quella di un'autorizzazione a proseguire senza alcuna scadenza.
Va anche tenuto presente il particolare momento che caratterizza il mercato del cemento. E' un mercato che ci vede da decenni ai vertici mondiali del consumo pro capite (e lo si vede bene da come abbiamo ridotto il territorio!), ma che ora in questo settore sembra finalmente registrare una diminuzione. Con la tendenza quindi ad allinearci, ancora finalmente!, con diversi altri paesi europei dove questa diminuzione è in atto da anni (Germania e Francia, ad esempio, rispetto agli anni '70 hanno dimezzato il loro consumo pro capite).
E' in questa situazione che si inquadra il caso Italcementi di Monselice, il maggiore dei 3 cementifici dei Colli. L'azienda ha chiesto di demolire e ricostruire il "cuore" del cementificio. Al posto dei 3 forni esistenti ha chiesto di realizzarne uno solo, con una nuova torre cosiddetta "di preriscaldo" alta circa 120 metri.
Un intervento che "marchierà" tutta la valle tra Monselice, Baone ed Arquà.
Perché un intervento così impegnativo (circa 160 milioni di euro) in un momento così critico? Dal punto di vista dell'azienda le ragioni sono chiare: vuole aumentare la sua competitività rispetto ai concorrenti. Del resto con lo stesso obiettivo in tempi recenti ha chiuso a Schio, a Tregnago, a Vittorio Veneto, concentrandosi sui Colli.
Di fronte a questa competizione tra aziende né il Parco, né soprattutto la Regione hanno stabilito per tempo una propria strategia, lasciando così che sia il mercato a decidere. Delle strategie le indica però il Piano Ambientale. Si potrà magari giocare coi tempi (soprattutto per affrontare il problema dell'occupazione) ma, come detto sopra, non si potrà non porre il problema della dismissione.
E' una prospettiva in realtà meno drammatica di quanto la si voglia far apparire dato che comunque
i consumi di cemento sono destinati a calare nettamente. Non dovrebbe del resto contribuire a questo la stessa politica della Regione che vuole finalmente (vedi il nuovo PTRC) far nascere il "Terzo Veneto", quello della qualità ambientale e della difesa del paesaggio? E non dovrebbe essere proprio il Parco l'apripista di questa nuova era?
Gianni Sandon – Coordinamento Associazioni Ambientaliste per i Colli Euganei