domenica 23 dicembre 2012

Cementirossi Piacenza, istanza chiusa entro marzo. Idv: “Diventerà insalubre”

Fonte: http://www.liberta.it/2012/12/21/cementi-rossi-istanza-chiusa-entro-marzo-idv-diventera-insalubre/

Cementirossi, il procedimento di valutazione di impatto ambientale non si ferma e si chiuderà entro marzo. La Provincia ha messo sotto alla lente di ingrandimento la richiesta di incrementare da 33mila a 75mila tonnellate le plastiche e gli pneumatici bruciati all’anno. «La procedura di valutazione di impatto ambientale ha lo scopo di valutare anche la compatibilità dell’intervento con la salute dei cittadini – ha detto il presidente della Provincia, Massimo Trespidi -; al momento, non è possibile anticipare l’esito della procedura stessa che, come detto, è stata da poco avviata e che certamente si baserà su una attenta, approfondita e interdisciplinare analisi e valutazione di tutti i dati».

«L’eventuale autorizzazione trasformerebbe il nostro territorio in uno dei principali e non invidiabili centri italiani di recupero energetico – ha commentato il consigliere provinciale Luigi Gazzola dell’Idv -, dal momento che l’enorme quantitativo corrisponde a circa il 40 per cento di tutti gli pneumatici raccolti e utilizzati come combustibile ogni anno. L’impianto industriale si classificherebbe come industria insalubre di prima categoria, a poche centinaia di metri dal centro di centro storico di Piacenza».


Antenna e centrale a biomasse Nascono i comitati di protesta


SAN PIETRO IN CARIANO. Affollata assemblea pubblica per discutere di due potenziali fonti di inquinamento. Già avviata una raccolta di firme che continuerà oggi e domani, dopo le festività una delegazione con mamme e bambini andrà dal sindaco e le consegnerà

L'Arena, Sabato 22 dicembre 2012

San Floriano non vuole l´antenna nel parco giochi e la centrale a biomasse in zona industriale. Per i comitati spontanei che stanno nascendo nella frazione carianese si tratta ora di trovare le forme di protesta più efficaci per informare e sensibilizzare i cittadini su quella che ritengono essere una vera e propria emergenza ambientale. Intanto è già iniziata una raccolta di firme autogestita, con la presenza di banchetti in piazza a San Floriano oggi e domani.
Venerdì prossimo, il 28 dicembre, alle 11, una delegazione dei comitati, con mamme e bambini al seguito, incontrerà il sindaco Gabriele Maestrelli per consegnargli le firme raccolte fino a quel momento. Già, perché oltre ai timori per la salute dei loro figli, i genitori riuniti in comitato manifestano anche la loro rabbia per la mancata informazione preventiva da parte del Comune di San Pietro e per la scelta dei luoghi in cui stanno per essere realizzate le due strutture.
Giovedì sera nel teatro parrocchiale di San Floriano si è svolta un´assemblea pubblica, convocata dai dissidenti, per illustrare e dibattere su quanto sta accadendo nell´ombelico della Valpolicella. Quello che è emerso in particolare è che tra il traliccio della telefonia mobile, alta 20 metri, che Ericsson sta installando di fianco alle giostrine nella zona sportiva del paese e la centrale ad oli vegetali per la produzione di energia elettrica e termica, approvata a fine novembre dalla Regione Veneto nella zona industriale di San Pietro in Cariano, c´è poco da stare allegri in termini di salute. Alla discussione, aperta e franca, le motivazioni dei decisamente contrari si sono mescolate a quelle dei più cauti, soprattutto per quello che riguarda l´antenna del telefono nel parco giochi. «In fondo», ha premesso qualcuno, «abbiamo tutti un cellulare in tasca e se non prende ci arrabbiamo pure». Giorgio Ballarini gestisce il punto Vodafone a San Floriano: «Noi e i nostri figli nuotiamo costantemente in un mare di onde elettromagnetiche», ha aggiunto, «e un ripetitore in più non cambia di molto le cose. Oggi, tra l´altro, le comunicazioni tra ponte e ponte passano spesso per fibra ottica, che viaggia sotto terra. Quindi, se c´è un motivo, seppure debole, per evitarne la costruzione, è che quel traliccio in mezzo al parco giochi sarà decisamente brutto da vedere».
Per il medico di base, Giovanni Beghini, del comitato: «Le preoccupazioni non finiscono mai». «Non è accettabile la costruzione di un ripetitore di radiofrequenze in prossimità di un parco frequentato da bambini, mamme e da persone ancora più sensibili della media ad ogni alterazione ambientale. Sono in corso molti studi sulla tossicità dei campi elettromagnetici e in molti di essi si sostiene la dannosità per la salute umana. In questo caso è fondamentale rispettare il principio di precauzione. L´articolo 32 della Costituzione sancisce che la Repubblica tutela il diritto alla salute».
Più compatto il gruppo dei decisamente contrari alla centrale a biomasse, che sarà costruita dalla Svicat Energy Spa nella zona industriale di San Pietro, sul piazzale della carpenteria metallica Beghini Spa. L´impianto per la produzione di energia elettrica da immettere in rete e termica (in parte ceduto alla Beghini) avrà due motori a combustione interna alimentati con olio vegetale grezzo e svilupperano una potenza elettrica di 840 Kilowatt ora, per una potenza termica di 2.002 Kw/h. «Una centrale le cui emissioni», ha spiegato Beghini, «corrisponderebbero a quelle di una equivalente centrale a petrolio per quantità di particolato, di metalli pesanti e di idrocarburi policiclici aromatici, con in più residui di pesticidi. La sua potenza (e le relative emissioni) sarebbe pari a quella di 7-8 camion che andrebbero a pieno regime giorno e notte, con un rumore emesso di 50-70 decibel. Inoltre non risponde a nessun bisogno di energia del paese e tantomeno del comune».
E ha aggiunto: «L´olio di colza, con cui sarebbe alimentata, è completamente estraneo alla nostra agricoltura e dovrebbe essere importato con ulteriore inquinamento dovuto al suo approvvigionamento. Il bilancio energetico di questa operazione, quindi, è assolutamente in perdita. Il vantaggio è solo economico, per chi costruisce la centrale, che sfrutta gli incentivi di una legge inadeguata. Senza considerare anche il danno di immagine che arrecherebbe ai prodotti tipici del nostro territorio».
L´ingegnere Andrea Rossignoli, indipendente e chiamato dal comitato, ha spiegato che una centrale ad olio vegetale se non altro è meno inquinante di altre a combustibile fossile. «Produce meno zolfo», ha assicurato, «i fumi della combustione dell´impianto carianese verranno depurati, nel rispetto dei limiti di legge (assicura la Svicat), prima di essere immessi in atmosfera attraverso 2 camini di 11 metri. Sui fumi saranno inoltre effettuate due analisi all´anno».
L´impianto di San Pietro sarà in funzione 24 ore su 24. Rossignoli ha sottolineato: «Per quanto riguarda l´inquinamento acustico, non ci saranno disturbi per gli abitanti nelle vicinanze. Insomma la centrale ha tutte le caratteristiche per non essere impattante».
«Si tratta comunque di una tecnologia ormai superata», ha ammesso l´ingegnere, «i controlli sulle emissioni di fumo dovrebbero essere più frequenti di due volte l´anno e di sicuro non avrà ricadute positive sul territorio, anche dal punto di vista occupazionale. Il concetto di fondo poi, è che il nostro Comune prende delle decisioni senza avere le competenze necessarie e senza farsi consigliare. Accetta ciò che viene proposto senza riflettere sulle conseguenze sulla popolazione e sul territorio di pregio della Valpolicella. Inoltre non chiede delle agevolazioni per i propri abitanti, come l´utilizzo dell´acqua calda o la costruzione di opere che la sfruttino, come le piscine e le strutture sportive. Insomma, bisogna scegliere la tecnologia che produca il minor inquinamento possibile e fornisca più benefici possibili ai cittadini».

Gianfranco Riolfi

venerdì 21 dicembre 2012

Osservazioni al P.A.T. comune di Marano di Valpolicella



Al sindaco del
Comune di Marano di Valpolicella
Via Porta,  1
37020 Marano di Valpolicella  – (VR)

Oggetto: Delibera di Consiglio Comunale n° 15 del 27.09.2012 “ADOZIONE DEL PIANO DI ASSETTO DEL TERRITORIO (P.A.T.) DI MARANO DI VALPOLICELLA – AI SENSI L.R. 11/2004”.

Osservazione al P.A.T. e al Rapporto Ambientale della V.A.S.

Premessa:le osservazioni prodotte sono state elaborate in un tempo esiguo causa il ridotto tempo con cui  si è potuto accedere al materiale del PAT e della VAS.
Si ringrazia il gruppo consigliare di minoranza che ci ha informato dell’adozione del PAT.
Si ricorda che la documentazione è stata resa disponibile sul sito del Comune ma  mai segnalata in on-page inoltre per i primi 30 giorni non tutto la documentazione era scaricabile ( per 30 giorni non è stato possibile scaricare nela VINCAne la relazione di compatibilità idraulica).
Non tutta la documentazione è stata inserita o è incompleta (esempio la cartografia allegata alla relazione agronomica e il frontespizio di alcune relazioni). A richiesta gli uffici velocemente ci hanno fornito quanto richiesto.
In questo tempo l’accesso agli uffici tecnici per la consultazione della documentazione non ha avuto nessuna corsia preferenziale.

LE OSSERVAZIONI PRESENTATE

mercoledì 19 dicembre 2012

Chiude il cementificio di Monselice


La multinazionale bergamasca annuncia la chiusura del cementificio della Bassa padovana. Una vittoria per i comitati ambientalisti, mobilitati da anni sul territorio, ma frutto (anche) dela congiuntura di mercato: la produzione è crollata di un terzo dal 2009

di Luca Martinelli - 17 dicembre 2012

http://www.altreconomia.it/site/fr_contenuto_detail.php?intId=3808

Italcementi chiude l'impianto di Monselice, nella bassa padovana. L'annuncio è stato riportato il 13 dicembre 2012 da il Mattino di Padova e dal Corriere del Veneto. È un altro caso che si aggiunge agli undici #avevamoragionenoi che troverete sul numero di gennaio di Altreconomia. Perché se chiude un cementificio è perché la produzione di cemento è crollata (secondo le statistiche del ministero dello Sviluppo economico, di un terzo tra il 2009 e il 2011), e non -come ha sostenuto, tra gli altri, il sindaco di Monselice- per colpa degli ambientalisti. Ce l'aveva spiegato in un'intervista Nicola Zampella, responsabile del centro studi dell'Aitec, l'Associazione italiana tecnico economica del cemento: “L'industria cementiera è capital intensive -spiega-, quindi nel lungo termine non si possono mantenere gli impianti al 50-60% della capacità, perché diventano insostenibili”.

Gli "ambientalisti" responsabili sono il comitato "Lasciamoci respirare" e il comitato "E noi?", quelli che da anni cercano di aprire un dibattito politico sulla presenza di 3 cementifici in 5 chilometri quadrati all'interno di un Parco (il Parco regionale dei Colli Euganei), sul progetto per la realizzazione di un nuovo impianto presentato da Italcementi (il cosiddetto revamping), sulle procedure autorizzative per trasformare questi cementifici in co-inceneritori di rifiuti, con il sostegno dell'onorevole Angela Miotto (del Pd) e delle sue interrogazioni parlamentari rimaste senza risposta.

Un'azione, quella dei comitati, che si è scontrata con la difficoltà di "aprire" un varco mediatico per la vicenda.
Alcune, legittime, richieste dei comitati restano inascoltate: un'analisi epidemiologica, ad esempio, o la presenza di seri e costanti controlli sulle emissioni (è dei giorni scorsi notizia della chiusura della centralina di rilevazione dell'Arpav). Dall'aprile 2011, abbiamo seguito a più riprese questa vicenda, sulla rivista e sul sito.

Oggi -dopo la decisione di Italcementi- vi invitiamo a leggere sulla pagina Fb (e riportata qui sotto) del comitato "Lasciateci respirare" la lettera aperta indirizzata da Beatrice Andreose, ex assessore all’ambiente di Este (vicino a Monselice) e consigliera del Parco Colli Euganei, a Francesco Lunghi, sindaco di Monselice, che -secondo quando riportato dal Corriere del Veneto- ha ritenuto ambientalisti e magistrati i responsabili della scelta della multinazionale bergamasca. Il Comune di Este ha appoggiato i comitati nei ricorsi presentati contro il progetto di Italcementi.

"Il clima è pesante", spiega in una e-mail Francesco Miazzi, portavoce del comitato "Lasciteci respirare" e consigliere comunale di minoranza a Monselice. Per questo, i due comitati hanno invitato i cittadini a partecipare alla seduta del consiglio comunale del prossimo 18 dicembre: "A seguito della riorganizzazione aziendale annunciata da Italcementi, con 665 esuberi e la chiusura dei forni di cottura di alcuni stabilimenti (tra i quali Monselice) nel territorio nazionale, è partita una campagna preordinata di attacco a quanti si sono opposti al progetto di 'revamping' presentato dall'azienda. In realtà questo piano aziendale riguarda un quarto degli occupati in Italia ed è collegato al dimezzamento della produzione di cemento.[...] l'obiettivo di questa campagna è di cercare di condizionare l'esito della sentenza del Consiglio di Stato che a giorni dovrebbe eprimersi sul pronunciamento del TAR Veneto che aveva accolto il ricorso dei Comuni di Este e Baone. [...] ovviamente tutti hanno a cuore le sorti dei lavoratori, come altrettanto hanno a cuore la salute dei cittadini, in particolare quelli più esposti al forte inquinamento prodotto dai cementifici. Ma tutti i tentativi di aprire un dialogo e ricercare percorsi alternativi comuni, sono sempre stati rifiutati".

Luca Martinelli


Lettera aperta al sindaco di Monselice
Solo persone accecate dall’ideologia e da un’insanabile malafede possono far credere che il revamping sia finalizzato a garantire l’occupazione. La ristrutturazione industriale presentata da Italcementi ha in realtà due scopi ben diversi: il primo è quello di rimanere per altri trent’anni a produrre all’interno del Parco Colli Euganei in spregio totale ad og
ni normativa dell’ente Parco che, all’art.18 del Piano Ambientale, lo esclude in modo molto netto. Il secondo obiettivo è quello di continuare a garantire un business miliardario, con l’utilizzo dei rifiuti e delle ceneri come materia prima, nel processo produttivo. Non lo sostengono gli ambientalisti estremi, egregio dott. Lunghi, ma gli stessi cementieri che si sono anche prodigati a sottolineare come, in caso di vittoria al Consiglio di Stato, comunque l’occupazione diminuirà. Dunque ad Italcementi non sta a cuore i suoi dipendenti quanto esclusivamente i suoi profitti. Sia chiaro che sul fronte opposto non ci sono solo gli ambientalisti ma anche la maggior parte dei residenti tra Monselice ed Este oltrechè le due amministrazioni di Este e Baone composte da persone votate come lei e, senza dubbio, non ascrivibili a fronti estremi dell’ambientalismo. Preoccupate, invece, dell’ambiente e della salute dei loro concittadini. A questo proposito, cosa mai il sindaco non interviene mai sui valori altissimi degli inquinanti che fuoriescono dai camini di Italcementi in queste ultime settimane?
A sostenere questa tesi vi sono inoltre ben due sentenze del Tar Veneto. Corte composta da giudici la cui missione è esclusivamente quella di far rispettare la legge. Quella stessa legge di cui anche gli amministratori dovrebbero farsi paladini per non discriminare una fetta di popolazione a vantaggio di un’altra. In quanto all’occupazione direi che il momento è maturo per convocare un tavolo dove tutte le parti coinvolte inizino a programmare un futuro economico radicalmente diverso da quello che ha caratterizzato sinora l’area tra Este e Monselice. Per quanto mi riguarda mi impegnerò su questo fronte affinchè l’ente di cui sono consigliera, il Parco Colli Euganei, convochi al più presto questo organo. Mi auguro di vederla presente e, soprattutto, propositiva. L’alternativa oggi è possibile. Basta solo cercarla.

Beatrice Andreose
Ex assessore all’ambiente di Este
Consigliera del Parco Colli Euganei

«A Valgatara sono a rischio 60mila metri quadrati di viti»

Todesco: «Chiediamo all´amministrazione di ritirare il nuovo Pat»

Dal nuovo Pat di Marano alla Valpolicella patrimonio dell´umanità. La proposta, tra il serio e il provocatorio, è del Movimento per la decrescita felice di Verona, che qualche sera fa ha partecipato a un incontro organizzato dai comitati locali «Valpolicella 2000» e «Fumane Futura», con i rappresentanti del neonato Movimento 5Stelle maranese, di Legambiente Verona, e di un gruppo di cittadini, tutti preoccupati per la ricaduta che il nuovo piano potrebbe avere sul Comune di domani.
Dopo avere sollevato le perplessità della minoranza in consiglio, «Zardini sindaco per Marano», il Piano di assetto territoriale solleva anche quelle dei comitati, che presenteranno le loro osservazioni entro oggi. Il progetto prevede l´ampliamento dell´area industriale di Rugolin, la creazione di tre zone artigianali-industriali, alle porte di Valgatara, a Prognol e Pezza, oltre alle nuove aree residenziali di Valgatara, Purano, Marano, Pezza e San Rocco, per un incremento demografico che il sindaco Simone Venturini quantifica in 19 abitanti all´anno.
«A Valgatara rischiano di sparire 60 mila metri quadrati di vigneto pregiato», precisa Luca Salvi del Mdf, «per fare posto a una zona industriale su cui potranno sorgere 30 mila metri quadrati di capannoni. Nel Comune poi, ci sono 241 immobili non abitati e un numero imprecisato di case o rustici da recuperare. Che bisogno c´è, dunque, di nuove case, con tutto ciò che questo comporta in strade, servizi, traffico e parcheggi?». Per tutelare il paesaggio, il Mdf intende segnalare la Valpolicella all´Unesco. «Le amministrazioni che fin qui hanno governato hanno salvaguardato un territorio che è un gioiello», spiega Salvi. «Chiediamo a tutte le amministrazioni di aderire alla campagna “Stop al consumo di territorio” e proponiamo che la Valpolicella sia segnalata per essere proclamata “Patrimonio dell´Umanità“». «Valpolicella 2000» è drastica. «La cosa più grave», sostiene il presidente Daniele Todesco, «è che non sia stato previsto il coinvolgimento dei cittadini e delle associazioni ambientali nella fase di progettazione. È un Pat fatto male, che non dà nessun quadro conoscitivo del territorio. Perfino le cartografie non sono aggiornate: mancano strade, aree monumentali e sorgenti. È stato fatto un maldestro copia-incolla di altri piani. E poi mancano la contestualizzazione e il collegamento con gli altri piani della Valpolicella: non è possibile che nella confinante San Pietro in Cariano esistano immense aree industriali in dismissione (ex Lonardi e Beghini a San Floriano, ndr) e che a Valgatara se ne debbano prevedere altre». L´incremento demografico? «Doveva trattarsi di un Pat conservativo», conclude Todesco, «ma non lo è. Non è vero che gli abitanti aumenteranno di 19 unità all´anno, perché il dato è il risultato dell´erronea suddivisione della cubatura totale per 250, invece dei 150 metri cubi, che corrispondono alla spazio abitativo utile che la Regione prescrive per ogni persona. A tutto ciò va poi aggiunto quello che non è ancora stato edificato, ma previsto dal vecchio piano regolatore, e tutto il non abitato che c´è oggi a Marano. Chiediamo all´amministrazione di ritirare il Pat e avviare un percorso partecipativo. Si eviterebbero i ricorsi che un piano fatto così male inevitabilmente porta con sé». G.R.

L'Arena, martedì 18 dicembre 2012

martedì 18 dicembre 2012

«Migliaia di case vuote, ma si costruisce»

LA DENUNCIA.Il presidente onorario dell'associazione regionale all'attacco: «La valle dei vigneti è ormai diventata un sobborgo della città, bisogna salvare quanto resta». Amadio del Wwf scrive a Zaia, Zorzato e Miozzi: «Se è vero che volete tutelare il verde fermate il cemento in Valpolicella e a sud di Verona»


La Regione Veneto punta al verde. Nè di soldi, né di Lega, però si tratta. In questo caso parliamo di prati, boschi e coltivazioni e dell'intenzione di tutelarli da nuove pesanti «sfumature» di grigio-calcestruzzo, come hanno più volte sottolineato il presidente della Regione Veneto Luca Zaia e il suo vice Marino Zorzato, sostenuti da assessori regionali e provinciali.  L'ultima volta è stata a Verona durante la sesta azione per l'attribuzione di fini paesaggistici al Ptrc (Piano territoriale regionale di coordinamento).  Il Wwf di Verona esprime soddisfazione per la scelta regionale, ma adesso attende che alle parole seguano i fatti. E che quindi si rivedano alcuni progetti che secondo l'associazione cambierebbero per sempre la fisionomia del nostro territorio. Senza possibilità di ritorno. «Se è vero quanto dicono i politici veneti, cioè la loro volontà di fermare il consumo del suolo, chiediamo allora di dimostrarlo, intervenendo in due aree che stanno procedendo in tutt'altra direzione», sottolinea Averardo Amadio, presidente onorario del Wwf del Veneto, che ha inviato una lettera alla Regione, alla Provincia e alla Soprintendenza ai beni architettonici e ambientali per denunciare il problema. «La prima area è la Valpolicella», spiega Amadio, «la seconda è il territorio compreso fra le strade della Cisa e quella dell'Abetone e del Brennero poco a sud di Verona». Partiamo dalla prima. «In Valpolicella la popolazione in pochi anni è passata da 45 mila a 70 mila abitanti, trasformando l'area in un sobborgo di Verona», continua Amadio. «A questo punto se si vuole salvaguardare quel che resta della zona occorre fermare la costruzione di nuovi alloggi, salvo casi di comprovata necessità di residenti storici, e limitare le costruzioni di altro genere a qualche modesto ampliamento di aziende artigianali con attività ecocompatibili, come cantine, laboratori di prodotti lapidei, considerando che nella valle sono alcune migliaia i nuovi alloggi vuoti e molte decine i capannoni sfitti».  Ma nuovo cemento sarebbe invece in arrivo.  «A partire dall'ex area Lonardi a San Pietro in Cariano dove potrebbero sorgere 500 nuovi appartamenti», denuncia Amadio. «Un'assurdità. Ricordiamo che i vigneti, le ville padronali e i borghi storici con la corona di dimore dei contadini creano un insieme paesaggistico di alto valore, meritevole della più attenta conservazione. Tutto questo dovrebbe essere considerato bene comune, invece è vittima di una grave comprimissione».  «Le nuove vaste aree residenziali, artigianali e industriali», continua, «addossate ai vecchi nuclei urbani hanno finito per saldarsi tra loro formando città lineari estese da Parona a Sant'Ambrogio e da San Vito di Pescantina a Domegliara. Bisogna iniziare a tutelare il territorio dicendo alt al consumo di suolo come si sta facendo in altri comuni italiani, Firenze in primis, e stranieri, uno per tutti Friburgo, divenuta città modello per l'urbanistica responsabile». Passiamo alla seconda area che non fa dormire sonni tranquilli al Wwf di Verona. «I dodici milioni di metri quadrati, vale a dire sei volte la superficie della città di Verona, da impegnare per l'autodromo di Vigasio-Trevenzuolo, l'enorme centro commerciale vicino, le aree logistiche disseminate dalla strada della Cisa a quella Abetone-Brennero, le aree residenziali e alberghiere, costituiscono, se impiegate come previsto dal Paque e le sue tre varianti, un sacrificio intollerabile di fertilissimi terreni agricoli», spiega Amadio.  E aggiunge: «È logico che in prossimità dell'incrocio delle autostrade Serenissima e del Brennero nasca qualcosa, ma con un progetto organico per soddisfare reali esigenze e non con l'assemblaggio di singoli progetti pensati con la logica del campanile».  Amadio parla chiaro: «Il progetto va ridimensionato. Che senso ha costruire un centro commerciale su un milione di metri quadrati, ovvero su 330 campi? Avrà 17 mila posti auto e per sopravvivere gli occorrerà un bacino d'utenza con raggio di oltre 200 chilometri, quindi avrà bisogno di clienti provenienti da Novara, Brennero, Udine e Rimini». Risultato? Lui non ha dubbi: «Scomparsa della rete commerciale locale, grave compromissione della grande distribuzione della provincia di Verona e Mantova e sconvolgimento della rete idrologica e del paesaggio». Ma c'è di più. Fra Mozzecane, Nogarole Rocca e Vigasio sono previste aree per funzioni produttive e logistiche per un'estensione di 4 milioni di metri quadrati, con l'aggiunta di un altro milione di metri quadrati dell'area ex agroalimentare di Trevenzuolo.  «Una zona enorme», commenta Amadio, «al di là di ogni ragionevole previsione d'impiego».  Infine passa all'autodromo con parco tematico, polo tecnologico, alberghi e residenze. «La pista, di 5.300 metri e utile per le gare di F1, occuperà l'intero spazio, ora area agricola, fra Vigasio e Trevenzuolo, corti comprese», afferma. «Sarà parzialmente fiancheggiata da colline di terra alte 20 metri e da due alberghi di dieci piani e 500 stanze l'uno che distruggeranno il paesaggio rurale, mentre l'insieme provocherà lo sconvolgimento della rete idrologica di tutta la vasta area».  «Inoltre», conclude, «se l'autodromo di Vigasio-Trevenzuolo dovesse vedere la luce gli servirà un sistema stradale capace di contenere un traffico di circa 50 mila macchine nei giorni di punta, che potranno essere parcheggiate nei 44 mila posti auto previsti. La superficie da impiegare per l'insieme degli insediamenti sarà di 3,5 milioni di metri quadrati, cioè di 1200 campi veronesi circa da sottrarre all'agricoltura. Uno scempio».

Chiara Tajoli

Trafitto dalla ringhiera: è morto il sindaco di Berlingo


L'inferriata gli si è conficcata sotto l'ascella, recidendogli un'arteria. Aveva trasformato il suo Comune in uno dei migliori d'Italia per le tematiche «verdi»

Non ce l'ha fatta Dario Ciapetti, il sindaco 47enne di Berlingo che domenica mattina tornato dal suo jogging è rimasto infilzato dall'inferriata della ringhiera di casa, che stava tentando di scavalcare. Troppo gravi le ferite riportate: quel ferro appuntito gli si è conficcato sotto l'ascella, recidendogli un'arteria. Ciapetti, in tenuta da corsa, è rimasto un'ora riverso nella neve, privo di sensi, prima di essere soccorso dai compaesani che tornavano dalla messa mattutina. E l'ipotermia ha aggravato l'emorragia. Si è rivelato inutile il lungo intervento chirurgico subito all'ospedale di Chiari. La morte è sopraggiunta lunedì alle 16.

Una tragica fatalità - Il primo cittadino aveva lasciato come sempre le chiavi di casa sopra il pilastro in cemento del cancello. E come sempre è salito sul muretto con un piede, e con l'altro sopra il contatore del metano, per raggiungere il mazzo. Ma il ghiaccio e la neve hanno reso scivoloso l'appoggio ad un piede. Dario è scivolato sull'inferriata acuminata, cadendo poi nella neve, dove ha perso subito i sensi.

Ciapetti, responsabile delle relazioni esterne della comunità Raphael, era sindaco (dal 2004) sensibilissimo alle tematiche ambientali, tanto che aveva trasformato la sua Berlingo in uno dei comuni più virtuosi d'Italia per energia rinnovabile prodotta, quota di raccolta differenziata, numero di piste ciclabili e attenzione al verde pubblico. Era a capo di una civica idealmente vicina al centrosinistra e portavoce di un nutrito gruppo di sindaci dell'Ovest che da anni si battono per la realizzazione di un parco nell'area Macogna, dove la Regione vorrebbe realizzare due discariche.
Dario Lascia la moglie Gabriella ed i figli Michele, Elisa, Veronica e Federico.

Pietro Gorlani

http://brescia.corriere.it/brescia/notizie/cronaca/12_dicembre_17/sindaco-berlingo-grave-cancellata-2113192950520.shtml

Il Comitato Fumane Futura e l'Associazione Valpolicella 2000 partecipano al dolore di Gabriella ed i figli Elisa, Veronica e Federico, per la tragica perdita dell'amico Dario.

lunedì 17 dicembre 2012

Il governatore Rosario Crocetta porterà in procura la vicenda che lega la Technital al Cas

Comunicato Stampa
La domanda sorge spontanea ed è la stessa che si ripropone in queste circostanze: com’è che quando scoppia un qualche scandalo e si svelano intrecci e commistioni tra politica e affari, ad emergere sono quasi sempre gli stessi nomi? Difficile non farsi prendere dal dubbio che questo ricorrere continuo delle stesse facce non sia il riflesso di un mondo sotterraneo di interessi in cui si gioca a carte coperte e a mazzi bloccati con i soldi dei cittadini.
L’ultima vicenda, ma vedremo per quanto resterà tale, si svolge in Sicilia il cui nuovo Governatore, Rosario Crocetta, eletto da pochi mesi anche grazie alla promessa di combattere la mafia, appena entrato in scena comincia a denunciare intrighi e intrallazzi. A finire nel mirino sono diverse società regionali tra cui il Consorzio Autostrade Siciliane (Cas) che risulta pagare parcelle fino a 20 milioni di euro ad un ingegnere “nonostante l’ente, da 40 anni, affidi la progettazione a una società, la Technital”. Da qui la domanda: “Ma allora Technital che ci sta a fare?”. Il neo Governatore parla a questo proposito di “dubbio di grande illegalità” e di una “vera e propria violazione della legge sugli appalti” sostenendo, tra l’altro, che “chiunque abbia cercato di mettere mano a Technital, stranamente è dovuto andare via”. La prossima mossa annunciata sarà, dunque, una visita in Procura per “una bella chiacchierata per chiarire la vicenda che lega la società di progettazione Technital al Cas”.
Anche in questo caso, infatti, sorge spontanea la domanda: è Technital che progetta o l’ingegnere? Nel primo caso, il succitato ingegnere sta rubando soldi alla collettività, nel secondo è la società ad essere pagata senza motivo. Se a questo si aggiunge che quest’ultima ha la paternità dell’autostrada Palermo-Messina, una delle peggiori autostrade italiane, Technital non sta facendo una bella figura.
Alla luce di queste rivelazioni, sarebbe forse il caso di effettuare qualche approfondimento sulle iniziative che la società sta svolgendo anche a livello locale.  Non capita di rado, infatti, che un progetto che sulla carta sembra luccicare, finisca poi per lasciare il luccichio attaccato alla carta stessa.
Rosario Crocetta promette di fare piazza pulita in Sicilia con un’apposita legge sulle incompatibilità. Esattamente il contrario di quanto dimostra di fare il nostro sindaco che non rileva nessun conflitto di interessi nemmeno nel caso del collega di partito, vice-presidente del Consiglio Comunale, che ha assunto pure l’incarico di vice-presidente della società Mazzi.
Forse dovremmo chiedere ai siciliani di insegnarci un po’ di indignazione.

Comitato Anti Traforo

mercoledì 12 dicembre 2012

Ambiente e cemento, grave conflitto di interessi alla Regione Veneto


L'ingegnere Silvano Vernizzi presenta progetti come Amministratore delegato di Veneto Strade e li approva come presidente della commissione regionale VIA. Zanoni: “La Corte di Giustizia Ue chiede che certe cariche siano separate nell'interesse del nostro territorio”.

“Ho chiesto alla Commissione europea se non ritiene che assegnare alla stessa persona il ruolo di Amministratore delegato di Veneto Strade e Presidente della commissione di Valutazione Ambientale Strategica (VAS) della Regione Veneto, non rappresenti una situazione di palese conflitto d'interessi in violazione della Direttiva VAS 2001/42/CE e della Direttiva VIA 2011/92/CE”. Lo dice Andrea Zanoni, eurodeputato IdV, presentando un'interrogazione alla Commissione. “Si tratta di incarichi in istituzioni e società dove vengono prese decisioni che incidono direttamente sul territorio veneto e sulla vita di tutti i cittadini. Per questo motivo dovrebbero quantomeno essere separati e poi essere svolti nel modo più indipendente possibile”.

Zanoni ricorda che il 20 ottobre 2011 la Corte di Giustizia europea “ha richiamato gli Stati membri sulla necessità che in seno all'autorità incaricata di procedere alle consultazioni in materia ambientale sia organizzata una separazione funzionale al fine di fornire in modo oggettivo il proprio parere” alla luce della Direttiva Ue 2001/42/CE. “E' legittimo ipotizzare che se chi presenta i progetti poi presiede anche la commissione che li deve approvare, l'imparzialità di cui parla l'Europa potrebbe uscirne delegittimata”.

L'Eurodeputato aggiunge anche che “Vernizzi, oltre ad essere Amministratore Delegato di Veneto Strade e Presidente della commissione di Valutazione Ambientale Strategica (VAS), risulta anche Commissario straordinario della superstrada Pedemontana veneta, dirigente della Segreteria per le Infrastrutture e Mobilità della Regione Veneto e Presidente della commissione regionale VIA (Valutazione Impatto Ambientale). Mi chiedo cosa ne pensano i responsabili politici della Regione di questo accumulo di poltrone strategiche per quanto riguarda decisioni riguardanti interventi che hanno modificato e che continueranno a modificare drasticamente l'intero territorio veneto già oggi ridotto ad una enorme colata di cemento e asfalto”.

BACKGROUND

Il 19 settembre 2011 Veneto Strade SpA, società mista pubblica privata detenuta all’80% dalla Regione Veneto e dalle sette province del Veneto, ha presentato un progetto di realizzazione di un collegamento stradale detto “Passante Nord” in comune di Rovigo (collegamento tra via Porta Adige presso il Censer e la S.S. 16 a sud del Ceresolo in Comune di Rovigo). Questo progetto costituisce una variante urbanistica al PAT (Piano di Assetto del Territorio) del comune di Rovigo spostando il tracciato originario del collegamento stradale più a nord.

La variante depositata al Comune di Rovigo con nota firmata dell’Amministratore Delegato di Veneto Strade SpA, Ing. Silvano Vernizzi, è stata accolta in data 30 novembre 2011 dalla commissione VAS (Valutazione Ambientale Strategica) della Regione Veneto presieduta dallo stesso Ing. Vernizzi. In data 10 febbraio 2012 la Conferenza di Servizi convocata presso la Regione Veneto ha approvato il PAT, recependo anche il parere della Commissione VAS relativamente al nuovo tracciato del Passante Nord.

Ufficio Stampa On. Andrea Zanoni
Sito www.andreazanoni.it

martedì 11 dicembre 2012

La Commedia degli equivoci


Davvero interessante l’articolo sull’indagine epidemiologica a Fumane, davvero significativo.
L’Arena è un giornale molto versatile, in tutti i sensi, prima pubblica un articolo della cronista locale che ha assistito in prima persona alla relazione del prof. De Marco, che dice che vi sono  notevoli differenze tra la salute  a Fumane confrontata con quella di Mezzane  e dopo pochi giorni  edita un’altro articolo dal titolo pilatesco “Non si può incolpare Cementirossi” e dai contenuti un po' equivoci e bugiardi. E comincia subito male: Fumane non ha un'aria peggiore di altri paesi e i problemi di salute dei fumanesi, per quanto riguarda le vie respiratorie, non sono diversi da quelli di altre zone. Fumane ha notoriamente l’aria peggiore (in PM10) della provincia, come solo il quartiere di Borgo Milano, San Bonifacio, Peri. Per capire a chi addossarli basta leggere l’ indagine ARPAV del 2007, che dice che di tutti gli inquinanti il 90% provengono dai camini del cementificio. “si può giocarla come si vuole: se si vuole dire che la situazione è colpa del cementificio, si può anche dirlo ma dal punto di vista scientifico è uno studio troppo specifico per arrivare a conclusioni così nette”  Veramente azzeccate queste parole, chiarificatrici, danno un senso ai soldi spesi per la ricerca e qualificano la profondità e la saggezza dei risultati.  Gli abitanti della zona, che hanno partecipato in massa allo studio pensavano che si potessero tirare delle conclusioni, ma essendo troppo specifico non può arrivarci.  Non capiscono per cosa sia stato fatto in questa maniera, se già si sapeva di non poter tirar conclusioni.
Andiamo avanti con l’analisi dell’articolo, che sostiene che le emissioni sono state finora sempre nei limiti di legge, ma forse dimentica che i superi di PM10 da quando esistono le centraline sono stati sempre circa il più del doppio di quanto previsto dalla legge, tranne l’ultimo anno quando il cementificio è stato chiuso per lunghi periodi (che dimostra ulteriormente la sua potenza di fuoco, tanto che le emissioni di ossidi di azoto della sola cementeria, gli NOx, sono maggiori di tutte le altre industrie della provincia veronese). E non fidiamoci  troppo dei limiti di legge, che forse sarebbe il caso di aggiornare, le sostanze cancerogene fanno male anche se sono entro i limiti.
Ma vediamo se c’è qualcosa per cui dar la colpa a qualcuno. Si dice che la mortalità di Fumane  nel decennio 1990-2000 è uguale all’altra, forse ci si è dimenticati di consultare l’indagime epidemiologica dell’ASL 22, che dice testualmente “si è rilevata nel comune di Fumane una mortalità per malattie cardiovascolari una media nettamente superiore alla media regionale”, una piccola svista, che però fa allungare ulteriormente il naso dei relatori.
E finalmente viene trovata una differenza tra Fumane e mezzane i bambini di Fumane capoluogo hanno esclusivamente dei livelli di sintomi legati alle irritazioni agli occhi più alti rispetto a quelle di Mezzane
Qui sta il bandolo della matassa, ed ora mi rivolgo ai cittadini di Fumane ed a chi ha a cuore la salute: il 20 30% in più di irritazione agli occhi ? Ma cosa vuoi che sia! Qui finisce il compito dell’epidemiologo ed inizia il compito del medico (o Medico, con la M maiuscola): il 20- 30% in più di irritazioni acute significa il 20 o 30% in più di tutte le  malattie croniche, cardiovascolari, respiratorie e tumorali, perché una successione continua ed infinita di stimoli irritativi provoca molte alterazioni, anche profonde  e strutturali in tutti i nostri sistemi biologici, fino alle malattie più gravi. A un aumento di PM10 viene associato un aumento di assenze. Questo vuol dire che la fonte di PM10 è l'industria? Non lo sappiamo.  Amletico dubbio, ma ancora una volta, avete avuto troppa fretta, studiosi miei! 20 minuti erano sufficienti per guardare l’indagine Arpav, I documenti ci sono, bisognerebbe consultarli quando serve. Ma finalmente continua: "a Fumane e nelle frazioni c'erano ricoveri per tutte le cause e patologie superiori a quelli di Mezzane, con un consumo superiore di farmaci".
E questo è il dato, ma poi si insinua nella mente del ricercatore l’atroce dubbio Ma: la differenza nelle ospedalizzazioni e nel consumo di farmaci rispecchia una differenza di patologia nelle due popolazioni? Molte sono le ipotesi in campo: i medici di Mezzane  sono tutti fitoterapeuti, i pazienti di Mezzane ricorrono volentieri agli sciamani, i medici di Fumane incassano grosse percentuali sulle vendite di farmaci, oppure i pazienti hanno predilezione particolare a pillole e supposte. O forse l’ospedale 5 stelle di Negrar è troppo invitante ed offre comfort irresistibili. Chissà quale sarà quella giusta. Ma rassicuriamoci, fra un paio di anni saremo in grado di dare risposte definitive.
Staremo a vedere, intanto respirate tranquilli, bambini belli, non abbiate pensieri, care mamme. Ci sono gli studiosi che vigilano per voi, insieme al comitato scientifico, scientifico sì, ma con qualche poco scientifica svista.  Lasciate fare a loro.
 Lezioni come quella di Taranto non servono a nulla, evidentemente sono necessari effetti speciali e anche molto vicini. Per esempio che qualche magistrato  prima o poi analizzi con calma ed imparzialità tutti i dati.
Tornando all’articolo, la versatilità dell’Arena si dimostra anche dalla firma, che spiega forse le incongruenze e le fantasie di questo articolo. Il giornale ha affidato l’intervista al noto recensore di eventi di musica, concerti  e spettacoli, che abbia scambiato i gas con i fuochi d’artificio?

“Adottare il principio di precauzione e di responsabilità significa anche accettare il dovere di informare, impedire l’occultamento delle informazioni su possibili rischi per la salute, evitare che si continui a considerare l’intera specie umana come un’insieme di cavie sulle quali saggiare tutto quanto il progresso tecnologico è capace di inventare” (Lorenzo Tomatis. 1996)

Dott. Giovanni Beghini
(I.S.D.E. Medici per l'ambiente)

venerdì 7 dicembre 2012

Miracolo a Fumane


Abbiamo un Cementificio con i forni più vecchi d’Italia.
Utilizza come combustibile il Pet coke che a Taranto è stato vietato dall’Aia del Governo.
Smaltisce rifiuti industriali, tra cui le ceneri pesanti, (e per fortuna che con i nostri ricorsi le abbiamo diminuite da 80.000 a 12.000 tonnellate l’anno) che contribuiscono a determinare la concentrazione dei metalli pesanti cancerogeni nelle PM10.
Emette da solo 1.200 tonnellate all’anno di Ossidi di Azoto (senza contare quello dei camion), quando tutte le industrie di Verona non arrivano a 1.000.
Dai suoi 57 Punti di Emissione escono 100 tonnellate di polveri l’anno.

eppure con l’inquinamento dell’aria il Cementificio non c’entra

L’indagine Epidemiologica è costata finora 70.000 Euro, tutti pagati da Cementirossi e l’aria di Fumane migliora ogni giorno di più.

I grafici sono stati presi dallo studio, a voi il commento...


Andamento temporale dei RR di "utilizzo ricorrente di farmaci" nel comune di Fumane rispetto a Mezzane di Sotto nel periodo 1999-2008 e p-values per il trend lineare.






Fumane, «I disturbi respiratori?
Non si può incolpare Cementirossi»

FUMANE. Parla il direttore dell'Istituto di Epidemiologia dell'Università, curatore dell'indagine sanitaria sulla popolazione. Secondo il professor de Marco, il confronto dei dati sulla salute dei fumanesi con quelli di Mezzane non evidenzia differenze significative in termini di rischio per le malattie

Fumane. Fumane non ha un'aria peggiore di altri paesi e i problemi di salute dei fumanesi, per quanto riguarda le vie respiratorie, non sono diversi da quelli di altre zone. E, soprattutto, non si possono addossare alla Cementirossi. Questa è la conclusione dell'analisi compiuta dal professor Roberto de Marco, direttore del settore Epidemiologia clinica e Statistica medica dell'università di Verona, sulla «Indagine epidemiologica sullo stato di salute respiratoria della popolazione» fumanese, condotta dallo stesso docente insieme al ricercatore Alessandro Marcon e a un comitato scientifico. Un'indagine che merita un approfondimento perchè, se è vero che nella prima parte, dedicata agli uner 14, come spiega il professor de Marco, «le conclusioni ci sono, è nella seconda parte che aumentano i punti di domanda» tanto che «si può giocarla come si vuole: se si vuole dire che la situazione è colpa del cementificio, si può anche dirlo ma dal punto di vista scientifico è uno studio troppo specifico per arrivare a conclusioni così nette».  Una premessa: come sta scritto sulla relazione dell'università, «le evidenze attualmente disponibili sul livello di inquinamento prodotto dal cementificio di Fumane non segnalano emissioni superiori a quanto previsto dalla normativa vigente».  I risultati finali saranno pubblicati nel 2013 ma quello che è emerso fino ad oggi non permette di rispondere alla domanda iniziale: ci sono evidenze per affermare che la vicinanza al cementificio e l'esposizione a inquinanti atmosferici costituiscono un rischio per la salute dei fumanesi? Il gruppo di lavoro di Epidemiologia ha confrontato gli indicatori di salute di chi abita a Fumane con quelli di un idoneo comune, Mezzane di Sotto, con caratteristiche geo-demografiche ed economiche simili, eccetto che per la presenza del cementificio. «A dare conferma della bontà della nostra scelta», continua De Marco, «sono stati i dati sulla mortalità: nel periodo 1999-2000 i cittadini di Fumane e Mezzane hanno avuto una mortalità, per tutte le cause, del tutto simile. Abbiamo iniziato dai soggetti in età pediatrica, cioè dai 3 ai 14 anni. E l' indagine è stata molto partecipata: il tasso di risposta è del 90 per cento.  Quello che si evince da questa prima parte dell'indagine è che i bambini di Fumane capoluogo hanno esclusivamente dei livelli di sintomi legati alle irritazioni agli occhi più alti rispetto a quelle di Mezzane (vedi grafico sotto). Insomma, non c'è grande differenza tra la salute dei bambini dei due capoluoghi». Mentre la raccolta dati per la seconda parte dello studio procedeva a rilento («Con gli adulti», ammette il ricercatore Marcon, «abbiamo avuto difficoltà e siamo arrivati a meno del 50 per cento di risposte») è stato fatto un altro studio, esclusivamente a Fumane.  «In collaborazione con le scuole», spiega De Marco, «abbiamo confrontato da una parte le assenze scolastiche e dall'altra la serie storica di giorni di inquinamento di PM10 (le polveri sottili). Risultato: a un aumento di PM10 viene associato un aumento di assenze. Questo vuol dire che la fonte di PM10 è l'industria? Non lo sappiamo. Ci hanno detto: se voi aveste studiato la stessa cosa in centro a Verona, sareste arrivati alle stesse conclusioni. Ma una cosa è dirlo in astratto; altra è mostrare i dati. Tuttavia questo risultato è solo un indicatore, non una misura vera di malattia. Quanto di questo è imputabile, tanto o poco, all'inquinamento, che deriva, ricordiamolo, anche dal traffico e dagli impianti di riscaldamento? La nostra ricerca non ci dà una risposta». Nell'attesa dei dati della popolazione adulta, la sezione di Epidemiologia ha confrontato i ricoveri e il consumo di farmaci in soggetti adulti (dai 20 ai 75 anni) di nuclei familiari di Fumane, Mezzane e frazioni fumanesi, che vivono in alcune corti, residenti lì almeno dal 1999. «Abbiamo notato», illustra ancora De Marco, «che a Fumane e nelle frazioni c'erano ricoveri per tutte le cause e patologie superiori a quelli di Mezzane, con un consumo superiore di farmaci. Ma anche qui, se guardiamo a fondo i dati (vedi box a lato), viene da chiedersi: la differenza nelle ospedalizzazioni e nel consumo di farmaci rispecchia una differenza di patologia nelle due popolazioni? A questa domanda risponderemo analizzando le risposte degli adulti, finora - dicevamo - arrivate al 50 per cento dei residenti. E poi, insieme all'Arpav faremo dei modelli per attribuire ai bimbi e agli adulti studiati una concentrazione media di esposizione ai fattori inquinanti del cementificio. Andremo a vedere se a una esposizione giornaliera agli ossidi di azoto (NOx) corrispondono incrementi nei sintomi. E saremo in grado di dare risposte definitive».

Giulio Brusati



giovedì 6 dicembre 2012

Ancora sul P.A.T. di Marano


ANCORA SUL  P. A. T .
Piano di Assetto del Territorio, Marano di Valpolicella

venerdì 07 dicembre
Vi aspettiamo alle ore 21:00 presso la sala civica “Silvestri” di Valgatara.



INTERVERRANNO  DEGLI ESPERTI, CONDIVIDETE E DIFFONDETE, E' IMPORTANTE,
BISOGNA INTERVENIRE E CORREGGERE CON OSSERVAZIONI A CIÒ CHE NON VA  NEL  P.A.T.

Piano di Assetto del Territorio

adottato dal Consiglio Comunale con delibera n° 15 del 27.09.2012

Il Consiglio Comunale nella seduta del 27.09.2012 con deliberazione n°15 ha adottato, ai sensi dell’art. 15 della L.R. 23.4.2004, n°11, il Piano di Assetto del Territorio (P.A.T.) unitamente al Rapporto Ambientale e alla Sintesi non Tecnica di cui alla valutazione ambientale strategica (V.A.S.). Ai sensi della L.R. citata e della Delibera della Giunta Regionale del Veneto n°791 del 31.03.2009 – allegato B1, gli elaborati del P.A.T., la proposta di Rapporto Ambientale e la Sintesi non Tecnica di cui alla V.A.S., sono depositati presso l’ufficio Urbanistica ed Edilizia Privata del Comune di Marano di Valpolicella – per 30 giorni per quanto riguarda gli elaborati del P.A.T. e per 60 giorni per quanto riguarda gli elaborati relativi alla V.A.S., con decorrenza dalla data di pubblicazione dell’avviso di deposito sul Bollettino Ufficiale della Regione Veneto, ovvero dal 19.10.2012.

Nel periodo di cui sopra i documenti sono inoltre depositati e consultabili presso gli uffici della Provincia di Verona – Via delle Franceschine n. 10 – 37122 Verona, e della Regione Veneto – Direzione Valutazione Progetti e Investimenti – Via Baseggio n°5 – 30174 Mestre Venezia.

Entro i successivi 30 giorni dalla data di scadenza del periodo di deposito (ovvero dal 18.11.2012 e fino al 18.12.2012) chiunque ne abbia interesse può presentare osservazioni al Piano di Assetto del Territorio (P.A.T.).

Le osservazioni e/o contributi conoscitivi e valutativi relativamente al Rapporto Ambientale e alla Sintesi non Tecnica di cui alla Valutazione Ambientale Strategica (V.A.S.) possono essere presentate entro il termine di 60 giorni dal 19.10.2012, data di pubblicazione dell’avviso di deposito sul B.U.R., ovvero fino al 18.12.2012.

Sia le osservazioni relative al P.A.T. che quelle relative alla V.A.S. devono essere presentate/inviate presso il Comune di Marano di Valpolicella Via Porta n. 1 – 37020 Marano di Valpolicella (VR), in TRE COPIE in carta semplice.

Associazione Valpolicella 2000

Incontro fra tutte le associazioni della zona


A Marezzane in un incontro tra varie associazioni del territorio della  Valpolicella e della provincia di  Verona avevamo condiviso di mettere in atto una iniziativa per dare forza alle lotte per fermare la devastazione del territori e alle nostre proposte di valorizzazione dello stesso.

Nel frattempo qui in Valpolicella se da una parte è giunta la buona notizia dell’ulteriore conferma dello stop agli scavi a Marezzane dall’altra una valanga di altre cattive notizie sono giunte. Ne ricordiamo solo alcune:


  • La riapertura di Ca Filissine
  • L’autorizzazione al primo impianto di bio-masse a San Pietro in Cariano
  • L’ex area Lonardi il cui  iter di trasformazione in mega area di lottizzazione prosegue
  • L’adozione del Pat di Marano con significative nuove cementificazioni
  • L’ipotesi di arrivo di migliaia di tonnellate di rifiuti in cementeria a Fumane

Tutti problemi che vanno ad aggiungersi agli altri storici (la cementificazione, il traforo della Valpolicella, vignetizzazione delle colline, della futura TAV,  trattamenti a go-go, il polo estrattivo della zona alta,  ecc.)

Insomma in valle non ci fa mancare nulla.

Dai contatti  che continuamente abbiamo con le varie realtà sorge l’esigenza di intensificare le relazioni e uscire con qualcosa di comune.

Proponiamo un incontro fra tutte le associazioni della zona, allargandolo anche ad altre della provincia di Verona, per studiare e preparare interventi che manifestino il nostro disaccordo.

Troviamoci lunedì 10 dicembre alle 21 alla biblioteca comunale di Fumane (di fronte autopompa Ugolini in viale Verona) con un breve ordine del giorno: quali iniziative prendiamo. (Si è parlato di lettere ai sindaci ed alla regione, di raccolte di firme, di manifestazioni di piazza, di conferenze, dell’istituzione del premio NO BEL da dare a sindaco che più si è dato da fare per distruggere l’ armonia rimasta integra, ed altre proposte ancora).

Una serata non di analisi ma operativa, l’individuazione di alcune iniziative su cui convergere.

Associazione Vapolicella 2000 e Comitato Fumane Futura

Vitaliano Trevisan in Valpolicella




Giovedì 13 dicembre 2012
Ore 20.45
Presso la FORESTERIA SEREGO ALIGHIERI
a Gargagnago di Valpolicella
Via Giare 277


Incontro con lo scrittore/drammaturgo
VITALIANO TREVISAN


racconta
Veneto delle mie brame
(liberamente tratto dal suo Tristissimi giardini, Ed. Laterza 2010)

lunedì 3 dicembre 2012

«Anche qui si rischia una ex Lonardi»

MARANO. Il consigliere di opposizione lancia l'allarme sul Piano di assetto del territorio per capannoni e nuove case. Giovedì sera assemblea per discutere delle nuove zone di espansione artigianale e residenziale.


L'Arena, 27/11/2012

«L'area Lonardi incombe anche su Marano». Sul nuovo Piano di assetto territoriale, depositato il 18 novembre scorso, la minoranza di Marano parte all'attacco e giovedì 29 novembre alle 21, invita i maranesi all'assemblea nella sala civica «Silvestri» di Valgatara per illustrare lo strumento che influenzerà il territorio per i prossimi anni e che, per il gruppo consiliare «Zardini sindaco per Marano», potrebbe fare nascere alle porte di Valgatara una zona artigianale e industriale paragonabile all'ex area Lonardi di San Pietro in Cariano, sul futuro della quale, nel comune carianese il dibattito è aperto ormai da quasi un decennio. «Nel nuovo Pat di Marano sono previste quattro zone di espansione per la realizzazione di nuove attività industriali/artigianali», spiega il capogruppo Paolo Zardini. «Una nell'area di Rugolin a ridosso di quella esistente, quell'altra nuova e grande quasi come tutta quella di Rugolin, a ridosso del centro abitato di Valgatara e altre nuove a Prognol, all'interno del centro storico, in sostituzione di una zona destinata a servizio per la collettività e a Pezza, nelle vicinanze della chiesa di Santa Maria Valverde e del tempio di Minerva del Monte Castellon. Come si vede, si prevedono una serie di interventi di grande invasività, dei quali ha senso solo l'ampliamento dell'area industriale di Rugolin». Come premesso, Zardini paragona quella di Valgatara all'ex Lonardi: «Se non peggio», rincara. «Quella di San Pietro è un area degradata, con 90 mila metri quadrati di capannoni fatiscenti. Alle porte della frazione più popolosa di Marano, a ridosso delle cantine Masi, invece si distruggono 60 mila metri quadrati di vigneto pregiato (20 campi veronesi) per fare posto a una zona industriale su cui, in base al normale indice di edificabilità, si potrebbero costruire 30 mila metri quadrati di capannoni». Il Pat conterrebbe anche delle aree residenziali. «Cinque a Valgatara», dice Zardini, «tre a Purano, una a Marano (l'unica condivisibile), una a Pezza, due a San Rocco». Per quanto invece riguarda il previsto vincolo minerario per l'area del Monte Noroni, che comprende la collina di Marezzane, Zardini commenta: «Non capisco il vincolo minerario imposto in un'area che comprende Marezzane, in cui anche il Tar del Veneto ha più volte vietato lo scavo. Qui, tra l'altro, sono attive diverse realtà agricole e strutture turistiche. Come possono convivere agricoltura e miniera? Non si capisce bene, insomma, cosa voglia fare l'amministrazione a Monte Noroni». Per il capogruppo di minoranza, infine, il Pat sarebbe pure incompleto: «Infatti», conclude, «ad oggi il file riguardante lo «studio di compatibilità idraulica» non è scaricabile dal sito ufficiale del Comune, la relazione agronomica è stata pubblicata senza allegati, della Valutazione ambientale strategica è stata pubblicata solo la sintesi non tecnica, ma ancora più grave è che il Rapporto ambientale non sia stato pubblicato e nemmeno approvato».

Gianfranco Riolfi

sabato 1 dicembre 2012

Legambiente: «Cava Noroni non è un caso eccellente»

Il protocollo con i Cementieri non giustifica i guasti presenti»

 L'Arena, Sabato 01 dicembre 2012
Lorenzo Albi - Legambiente Verona
«Diamo atto a Cementirossi di effettuare ripristini decorosi, l´abbiamo sempre detto, ma non sono benevola concessione bensì obblighi di legge. I guasti al territorio causati dalla presenza del cementificio di Fumane non sono e non possono essere oggetto di discussioni sulle buone intenzioni di un´azienda, perché sono ormai scritti in atti giudiziari».
Lorenzo Albi della sezione di Legambiente Verona interviene e precisa la posizione di Legambiente sulla questione Cementirossi dopo «i toni trionfalistici» con i quali è stato annunciato l´inserimento di Cava Noroni tra Fumane e Marano, tra i casi eccellenti di recupero ambientale nel protocollo tra Legambiente nazionale e l´associazione dei Cementieri di Confindustria, Aitec, stilato a Rimini lo scorso 7 novembre. «Un protocollo», spiega Albi, «che riguarda il futuro, segnando linee guida generali per evitare altri guasti creati in passato dalle attività estrattive». Nel documento firmato da Vittorio Cogliati Dezza, presidente di Legambiente, e Alvise Zillo Monte Xillo, presidente di Aitec, si sono fissati anche i principi per la coltivazione delle cave e ripresa la legislazione che impone il ripristino dei luoghi.
«Sono stati fatti una decina di esempi di buon recupero in diversi comuni d´ Italia ma nessuno è stato premiato. Non so chi abbia diffuso con toni trionfalistici questo accordo, invocando contraddizioni nel seno della nostra associazione». Il contrasto tra la posizione di Legambiente nazionale e Legambiente di Verona, parte civile nel ricorso contro l´estrazione di Marezzane da parte di Cementirossi insieme al Parco della Lessinia e altri comitati di cittadini, è saltata infatti subito all´occhio. «Oggetto del protocollo di Rimini è solo quello di ridurre gli impatti su atmosfera, acque, sottosuolo, suolo e paesaggio nelle fasi di progettazione, gestione e recupero di una cava. Noi abbiamo combattuto e continueremo a combattere questa politica aziendale. In causa è la conduzione del cementificio, condannata in modo incontestabile per due volte dal Tar del Veneto, dalla Soprintendenza e dal Consiglio di Stato sia per il progetto di nuovo stabilimento a Fumane che per l´estrazione di Marezzane». E fa riferimento all´ultimo giudizio espresso dal Tar Veneto che dà ragione alla Soprintendenza contro la scavo a Marezzane.G.G.

sabato 24 novembre 2012

Marezzane: il TAR rifiuta il ricorso di Cementirossi contro la Soprintendenza


N. 01435/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00315/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 315 del 2012, proposto da:
Industria Cementi Giovanni Rossi S.p.A., rappresentato e difeso dagli avv. Marco Sertorio, Franco Zambelli, con domicilio eletto presso Franco Zambelli in Venezia-Mestre, via Cavallotti, 22; 
contro
Ministero Per i Beni e Le Attivita' Culturali, Soprintendenza Per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le Province di Verona, Rovigo, Vicenza, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrett. Stato, domiciliata in Venezia, San Marco, 63; Regione Veneto; 
per l'annullamento
del parere negativo della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le Province di Verona, Rovigo e Vicenza in data 16/12/2011 prot. n. 34696 ad oggetto: "Marano di Valpolicella (VR) progetto di coltivazione mineraria Cantiere di Marezzane e rinnovo concessione mineraria . parere vincolante ai sensi dell'art. 146 comma 5 del d.lgs. 22/1/2004, n. 42 e s.m.i. recante il codice dei beni culturali e del paesaggio. rif. prot. n. 4920391 del 24/10/2011. ditta: Industria cementi Giovanni Rossi s.p.a.". con il favore delle spese di giudizio e degli onorari.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero Per i Beni e Le Attivita' Culturali e di Soprintendenza Per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le Province di Verona, Rovigo, Vicenza;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 novembre 2012 la dott.ssa Alessandra Farina e uditi per le parti i difensori Zambelli per la parte ricorrente e Botta per le Amm.ni statali.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
La ricorrente Industria Cementi Rossi S.p.a. è concessionaria della Miniera n. 277 “Monte Noroni”, giusta concessione di cui al Decreto Ministeriale del 28.2.1994.
La concessione ha ottenuto con Decreto del Distretto Minerario di Padova n. 28/99 il rinnovo per 25 anni, sino alla data del 28.4.2025: in tale occasione è stata disposta la riduzione dell’area in concessione, da 590 ettari a 406 ettari.
In base a quanto stabilito nel Decreto di rinnovo della concessione, così come risultante a seguito della Conferenza di Servizi del 21.9.1999 a tal fine convocata, la coltivazione della miniera sarebbe stata articolata in quattro fasi:
prima fase: cantieri Santoccio, Ziviana, Gazzo, Monte Cornal e pianoro ad Ovest, cantiere Giarole-Salto;
seconda fase: cantiere Barbiaghe;
terza fase: cantiere Giarole-Salto;
quarta fase: cantiere Marezzane.
Le suddette fasi sono state ricondotte nell’ambito di tre lotti, di cui il primo comprendente la prima e seconda fase, il secondo la terza fase ed infine il terzo lotto riferito alla quarta fase.
Con riguardo al terzo lotto era stata peraltro anticipata la necessità di subordinare la coltivazione mineraria alla presentazione ed approvazione di uno specifico progetto esecutivo (così testualmente nella scheda allegata al parere reso dalla Regione Veneto in data 24.11.2011, che richiama quanto stabilito in sede di Conferenza di Servizi).
L’intervento di cui è causa riguarda l’apertura di un cantiere per l’estrazione mineraria di marna da cemento, denominato “Marezzane” ed è localizzato in Provincia di Verona, nel Comune di Marano di Valpolicella.
Ottenuto dalla Regione il parere favorevole relativamente alla VIA (n. 295/2010), il progetto di escavazione è stato trasmesso alla competente Soprintendenza per l’espressione del parere di compatibilità ai sensi dell’art. 146 D.lgs. n. 42/2004.
Preceduto dalla comunicazione di motivi ostativi ex art. 10-bis L. n. 241/90, in esito alla quale la società ricorrente ha provveduto ad esporre le proprie osservazioni, interveniva tuttavia, in data 16 novembre 2011, il parere negativo espresso dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, Direzione Regionale per i Beni Paesaggistici del Veneto, Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le Province di Verona, Vicenza e Rovigo.
Atteso il carattere vincolante del parere sfavorevole così espresso e quindi l’immediata lesività dello stesso, la società istante ha quindi proposto il gravame in oggetto, lamentando sotto diversi ed articolati profili il difetto di motivazione e la carenza di istruttoria, la violazione dell’art. 146 del D.lgs. n. 42/2004, l’eccesso di potere per disparità di trattamento, illogicità ed irrazionalità, omessa valutazione di carattere tecnico in applicazione delle disposizioni di cui al D.P.C.M. 12 dicembre 1995, travisamento dei fatti, contraddittorietà con precedenti manifestazioni di volontà dell’Ente preposto alla tutela del vincolo.
Tutta l’impostazione difensiva che sorregge la richiesta di annullamento del parere sfavorevole all’attuazione del progetto di escavazione del Cantiere Marezzane, è rivolta a dimostrare l’illegittimità ed insufficienza delle motivazioni addotte a sostegno del diniego opposto da parte dell’amministrazione preposta alla tutela del vincolo gravante sulle aree interessate dalla miniera, in primo luogo evidenziando l’insufficienza dell’istruttoria compiuta, nonostante sia stata dichiarata l’effettuazione di sopralluoghi, non essendo stata data compiuta risposta alle articolate osservazioni formulate dalla ricorrente in sede di risposta alla comunicazione dei motivi ostativi, ma soprattutto in considerazione della mancata effettuazione della necessaria valutazione comparativa tra l’interesse alla tutela del paesaggio e l’interesse allo sfruttamento economico del giacimento di cava.
Ciò in modo particolare tenuto conto della rilevanza nell’ambito della sequenza procedimentale del parere espresso dalla Soprintendenza, idoneo a condizionare l’esito della richiesta di avvio delle operazioni di escavazione, parere che nella fattispecie non ha effettuato alcuna comparazione, limitandosi a richiamare, in termini aprioristici, la preminenza dell’interesse alla tutela paesaggistica, senza neppure considerare la possibilità di individuare le necessarie prescrizioni da imporre alla richiedente al fine di rendere compatibile l’intervento con il vincolo di tutela.
Per altro verso, parte istante evidenzia la carenza ed insufficienza dell’istruttoria compiuta dalla Soprintendenza, la quale non ha tenuto conto della presenza nelle aree circostanti di altre attività di cava, di per sé meno pregevoli quanto a materiali rispetto a quelle oggetto del progetto di escavazione mineraria, nonché del fatto che l’intera operazione relativa alla miniera “Monte Noroni” è già stata eseguita per più della metà della sua estensione e che la durata della concessione mineraria risulta definita sino al 2025.
Il che testimonia come non sia stata data adeguata rilevanza allo stato di sfruttamento del territorio, che comunque prevede il progressivo recupero e riattamento dello stesso.
Detta carenza risulta maggiormente evidente, soprattutto sotto il profilo motivazionale, per la mancata corrispondenza delle valutazioni operate dalla Soprintendenza ai criteri guida dettati dal D.P.C.M. 12.12.1995, i quali, se correttamente utilizzati, avrebbero permesso di operare una valutazione adeguata circa il livello di pregio del paesaggio interessato dall’attività di escavazione mineraria.
Infine, sotto altro profilo, il parere impugnato non ha dato alcuna contezza circa le ragioni per le quali ha inteso discostarsi dalle valutazioni espresse dalla Regione, quale ente procedente, né del contrasto con la posizione favorevole manifestata in sede di Conferenza di Servizi, nell’ambito della quale era stato espresso il parere favorevole al rinnovo della concessione mineraria sino al 2025.
Si è costituito in giudizio il Ministero intimato, la cui difesa ha svolto le proprie controdeduzioni, evidenziando la correttezza ed esaustività del parere, sottolineando come per quanto riguarda il terzo lotto, comprendente lo sfruttamento del cantiere Marezzane, in conferenza di Servizi fossero state già anticipate talune criticità, tanto da richiedere a tale specifico riguardo la preventiva presentazione da parte della ricorrente e la successiva approvazione da parte delle autorità competenti di una documentazione maggiormente dettagliata di livello esecutivo, che evidenziasse i profili di rilievo architettonico e storico artistico dell’ambito, tenendo conto della situazione attuale del territorio ed in prospettiva dell’assetto finale.
Quanto al merito delle considerazioni espresse nel parere della Soprintendenza, la difesa erariale ha ribadito l’esaustività delle stesse, essendo stata operata la giusta comparazione fra gli interessi contrapposti, dando risposta alle osservazioni formulate dalla società richiedente, concludendo, dopo attenta istruttoria, in termini sfavorevoli alla richiesta di escavazione.
Precisate le rispettive conclusioni da parte dei rispettivi procuratori, all’udienza del 7 novembre 2012 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
Come già anticipato nell’esposizione in fatto, la controversia sottoposta all’esame del Collegio investe il parere sfavorevole espresso, nell’ambito di propria competenza ai sensi dell’art. 146, comma 5 D.lgs. n. 42/2004, dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le Province di Verona, Vicenza e Rovigo, con riguardo al giudizio di compatibilità paesaggistica del progetto di coltivazione mineraria Cantiere Marezzane.
Il progetto si inserisce nell’ambito di un intervento di escavazione mineraria articolato in diverse fasi, come sopra descritte, che giunge ora all’ultima fase, compresa nell’ambito del terzo lotto interventi.
Va in primo luogo dato atto - così come evidenziato dalla difesa erariale e confermato dalla stessa documentazione in atti, nella specie dal parere di compatibilità espresso dalla Regione nell’ottobre del 2011 e prima ancora dai verbali della Conferenza di Servizi tenutasi nel 1998/1999 con riferimento a tutto l’intervento complessivamente considerato, quindi anche con riguardo alle altre fasi dello stesso - che proprio con riguardo allo sfruttamento della miniera di Marezzane, di particolare interesse per la ricorrente, fossero state espresse molteplici perplessità, tanto da giustificare eventuali modifiche progettuali.
Il che ha portato non solo alla riduzione dell’estensione della superficie sfruttabile (da 590 a 406 ettari), ma soprattutto è stata posta una serie di condizioni proprio relativamente allo svolgimento di ogni attività mineraria in località Marezzane, subordinandola “…alla presentazione e approvazione da parte degli enti competenti di una documentazione maggiormente dettagliata di livello esecutivo e riferita anche agli elementi di interesse architettonico e storico artistico in grado di dar conto sia dell’attuale situazione del territorio, sia quella relativa all’assetto finale”.
Detti elementi consentono di escludere sin d’ora la contestata contraddittorietà del comportamento della Soprintendenza, la quale già in tale sede aveva evidenziato il carattere peculiare e meritevole di particolare attenzione, sotto il profilo della tutela dei vincoli esistenti sull’area, dell’intervento progettato dalla ricorrente.
Al contempo, proprio in considerazione della particolare rilevanza assegnata al ruolo della Soprintendenza nell’ambito del procedimento de quo – tale da implicare l’inibizione dei lavori, trattandosi di parere negativo vincolante per l’amministrazione procedente – non può essere negata la rilevanza e preminenza di tale valutazione, anche rispetto alle valutazioni operate dalla Regione, tenuto conto dell’importanza dei diversi vincoli gravanti sull’area interessata, così come ricordati dalla difesa del Ministero nelle premesse della propria memoria di costituzione.
Esaminando quindi gli ulteriori profili di censura dedotti in ricorso, va in primo luogo valutato il denunciato difetto di motivazione, soprattutto con riguardo alla mancanza di ogni valutazione comparativa degli interessi facenti capo alla richiedente, tenuto conto dell’affidamento nella stessa consolidatosi dall’avvenuta realizzazione di gran parte delle opere di sfruttamento minerario, destinato a protrarsi per altri 15 anni, dopo che lo sfruttamento è stato comunque effettuato da 35 anni, con utilizzazione del 54% del materiale estraibile.
In modo particolare con i primi motivi di ricorso parte istante - invocando a sostegno delle proprie tesi alcune pronunce giurisprudenziali nelle quali era stato operato un confronto fra gli interessi alla tutela ambientale e paesaggistica e quelli di altra natura, eminentemente economica, ma anche orientati alla tutela di altri e diversi, ma non meno rilevanti interessi di carattere pubblico (trattavasi della realizzazione di impianti di produzione di energia eolica) - rileva come la Soprintendenza non abbia in alcun modo operato la necessaria comparazione fra i vari interessi coinvolti nella realizzazione del progetto presentato, essendosi limitata a privilegiare, aprioristicamente, la necessità di tutelare il profilo ambientale, paesaggistico e storico-artistico dell’ambito considerato.
Al riguardo, infatti, la Soprintendenza, pur a fronte delle sollecitazioni proposte dall’interessata in sede di osservazioni (ove è stata sottolineata la rilevanza economica dell’intervento, anche in ragione del fatto che trattasi di un progetto che viene a completare l’attività di sfruttamento minerario di un ambito più vasto, già ampiamente utilizzato e per il quale erano comunque previste opere di mitigazione e ricomposizione), ha disatteso tali profili, ribadendo come detti aspetti esulassero dall’ambito della propria valutazione, investendo altri interessi recessivi rispetto a quello della tutela paesaggistico-ambientale.
Orbene, il Collegio non ignora gli orientamenti ricordati da parte ricorrente, tuttavia non si ritiene che detti precedenti possano essere invocati nel caso di specie.
In tali occasioni, infatti, la comparazione è stata fatta non solo con riguardo alla presenza di interessi di carattere economico, necessariamente connessi alla realizzazione degli impianti di sfruttamento dell’energia eolica, ma soprattutto con riguardo alla comparazione tra gli interessi di natura ambientale e di tutela del paesaggio con quelli, di altrettanto valore generale, della ricerca e sfruttamento di energie alternative.
Ebbene, non è necessario spendere molte parole per evidenziare come gli interessi posti a confronto in tale occasione fossero di natura diversa e certamente riconducibili, al pari della tutela paesaggistico-ambientale, ad interessi di carattere sovra individuale, quali sono quelli della individuazione e sfruttamento di nuove risorse energetiche.
Non si trattava, quindi, nelle ipotesi invocate dalla difesa ricorrente a sostegno delle proprie tesi, di una comparazione effettuata tra opposti interessi, quello pubblico e generale alla tutela del paesaggio e quello privato, quale è quello di specie, facente capo alla ricorrente e mirante alla prosecuzione di un’attività imprenditoriale che aveva individuato proprio nello sfruttamento di una determinata area mineraria la ragione essenziale delle risorse investite.
Certamente anche in tali sedi saranno stati presi in considerazione tali profili, di carattere eminentemente economico, ma è altrettanto evidente che la ritenuta prevalenza, in tali casi, dell’interesse alla realizzazione degli impianti di produzione dell’energia eolica su quello di tutela del paesaggio, fosse sostenuto da ben più pregnanti considerazioni, investenti molteplici e coesisitenti profili di pubblico interesse.
Ciò non è ravvisabile nel caso di specie, atteso che – lo si ripete – trattasi di comparare il vincolo di tutela, alla cui cura è preposta la Soprintendenza e che assurge a dignità costituzionale (art. 9 Cost.), con quello, pur comunque rilevante, ma non equiparabile, al completamento dell’attività estrattiva in tutti gli ambiti ex ante considerati dal soggetto proponente.
Allo stesso tempo e per le medesime ragioni, non può essere assunto quale elemento di rilevanza e preminenza la circostanza per cui risulta già ampiamente sfruttato l’ambito complessivamente interessato dagli interventi ed il tempo che ancora resta per l’esaurimento della concessione.
Non può infatti essere pretermesso l’interesse alla tutela di una porzione dell’ambito dotata di particolari elementi di interesse (come evidenziati dalla Soprintendenza nella propria relazione), dal solo fatto che oramai la restante parte dell’ambito è stata sfruttata e compromessa, sebbene con interventi di ricomposizione e mitigazione, in quanto certamente questa non può rappresentare una ragione valida e sufficiente per ignorare il pregio dell’area interessata e la necessità di assicurare che la stessa non venga pregiudicata, solo per il fatto che ormai altri interventi sono stati portati a termine nelle aree vicine.
Come ricordato in precedenza, proprio l’ambito qui considerato (Marezzane) ha sempre assunto una particolare valenza e rilevanza, sotto il profilo della tutela, nell’ambito del procedimento di autorizzazione allo sfruttamento minerario, tanto da giustificare la necessità di predisporre una progettazione esecutiva di maggior dettaglio.
Lungi, pertanto, da voler entrare nel merito delle valutazioni espresse al riguardo dalla Soprintendenza, che gode in materia, soprattutto a seguito della nuova formulazione dell’art. 146, di poteri di valutazione tecnico discrezionale, peraltro non censurabili, a pena di inammissibilità, da parte ricorrente, il giudizio espresso al riguardo dall’organo del Ministero appare immune dai vizi denunciati sotto tale profilo.
Altrettanto infondate appaiono le ulteriori censure circa il difetto di istruttoria, la mancata ponderazione dello stato di fatto in rapporto all’applicazione dei criteri di cui al D.P.C.M. 12.12.1995 ed alla mancata risposta alle argomentazioni dedotte dalla ricorrente in sede di osservazioni conseguenti alla comunicazione dei motivi ostativi.
Esaminando, infatti, sia le anticipazioni dei motivi ostativi al rilascio di un parere favorevole che le conclusioni poi rese in sede di redazione del parere definitivo, non è possibile rilevare la carenza denunciata da parte istante, avendo la Soprintendenza provveduto ad esaminare ogni profilo dell’intervento in rapporto all’area da preservare, così come alla stessa deputato.
Appare senza alcun dubbio come la Soprintendenza abbia acquisito una visione completa ed esaustiva della situazione dell’ambito tutelato e soprattutto delle ripercussioni che la realizzazione del progetto relativo al Cantiere Marezzane avrebbe avuto sullo stesso.
A tale riguardo è stato infatti evidenziato come gli interventi previsti, implicanti escavazione, splateamento, la creazione di una nuova e consistente viabilità, percepibile da più coni visuali, avrebbero determinato una compromissione di un contesto paesaggistico ed ambientale di altissimo pregio, comportando, se attuati, una irreversibile trasformazione dell’ambito collinare e pedemontano.
Evidenziando come la prosecuzione degli interventi avrebbe dato luogo a diffuse opere di sbancamento e di modifica altimetrica, incidendo così in misura rilevante sull’andamento collinare, non recuperabile neppure attraverso gli interventi di risistemazione previsti, la Soprintendenza ha quindi concluso, in termini non censurabili per illogicità o contraddittorietà o ancor più per travisamento dei fatti o disparità di trattamento, per l’insostenibilità di un intervento ulteriore a completamento ed esaurimento di quanto già realizzato negli altri cantieri.
Vale la pena di riportare al riguardo un passo delle considerazioni svolte dalla Soprintendenza in occasione della nota del 6.12.2011, di comunicazione ex art. 10-bis, proprio al fine di ribadire l’attenzione con la quale la stessa, sulla base della conoscenza dello stato dei luoghi e del loro pregio, ha espresso le proprie conclusioni.
Sottolinea infatti la Soprintendenza (pag. 5/7) che “L’ambito di intervento mostra un alto livello di vulnerabilità e fragilità, cioè condizioni di facile alterazioni e distruzione di caratteri connotativi a causa della sua attuale integrità; ciò si evince chiaramente ed inequivocabilmente dai fotoinserimenti contenuti nel progetto, realizzati dai molteplici ed accessibili punti di intervisibilità, sia ravvicinati che a distanza, idonei a valutare realisticamente gli impianti prodotti, e che rappresentano adeguatamente le modifiche permanenti e negative all’assetto percettivo che verranno a prodursi, consentendo di valutare appieno gli impatti negativi che l’intervento produrrà nel contesto ancora integro sotto il profilo morfologico, paesaggistico e naturalistico, attraverso la sottrazione di una così consistente zona collinare, che attualmente si inserisce nella sequenza dei rilievi e vallette che caratterizzano la zona vasta nella quale Marezzane è situata”.
Tale breve estratto delle osservazioni formulate in ambito procedimentale dalla Soprintendenza consentono di confutare la denunciata carenza di istruttoria, atteso che, come confermato dagli ulteriori dati di rilevazione e indagine contenuti negli atti richiamati (acquisiti proprio a seguito di richieste di chiarimenti ed integrazioni rivolte alla ricorrente nel corso del procedimento), risulta evidente come, al di là della denunciata assenza di prova dell’avvenuta effettuazione di sopralluoghi (circostanza peraltro contestata dalla resistente), sia comunque riscontrabile l’oggettiva conoscenza da parte dell’organo consultivo della reale situazione dei luoghi e delle implicazioni che l’esecuzione del progetto avrebbe avuto sugli stessi in rapporto al vincolo di tutela da salvaguardare.
Quanto alla previsione di interventi di ricomposizione e recupero ambientale, è dato rilevare come la Soprintendenza abbia operato una specifica ponderazione al riguardo, confrontando quanto già effettuato per altri cantieri, concludendo nel senso che una analoga rimodellazione e ricomposizione ambientale non sarebbe risultata sufficiente a giustificare un intervento estrattivo di considerevole portata, il quale avrebbe in ogni caso dato luogo ad una modifica morfologica non recuperabile e quindi non accettabile del sito (abbassamento di oltre 70 metri della sommità collinare).
Per altro verso, va sottolineato, a confutazione della dedotta contraddittorietà, come sia stato espressamente disatteso, in quanto non condivisibile, il parere favorevole al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica formulato dalla Regione Veneto (v. punto 3, pag. 6/7 della nota ex art. 10-bis e punto C) Ad.3 pg.10, del provvedimento impugnato, pag. 3/4).
Per quanto riguarda poi la rilevanza attribuita alla presenza di siti archeologici o agli effetti che gli interventi programmati potrebbero avere su altri siti di interesse (v. “giasara”), se ancora una volta tali riferimenti sono la prova dell’avvenuta istruttoria e conoscenza di tutto il contesto, anche esterno al perimetro di intervento, va sottolineato come la Soprintendenza abbia ribadito che tali aspetti sono stati richiamati nella nota precedentemente inviata alla ricorrente unicamente al fine di descrivere ed inquadrare l’ambito territoriale, senza che gli stessi abbiano avuto una diretta influenza sulle conclusioni finali cui la stessa è giunta.
In termini più generali, con riferimento alla mancata osservanza dei criteri di indagine dettati dal D.P.C.M. 12.12.1995, non appare condivisibile la censura dedotta al riguardo, proprio in considerazione dei contenuti delle risposte fornite dalla Soprintendenza alle osservazioni formulate dalla ricorrente e trasfuse nella motivazione del provvedimento impugnato.
Pur dando quindi atto della complessità ed esaustività della relazione (prof. Campeol) da presentata dalla ricorrente al fine di evidenziare i vari profili di indagine, secondo lo schema indicato nel D.P.C.M., non è dato rilevare nel parere formulato dalla Soprintendenza alcuna carenza o omissione dei diversi profili da considerare.
In conclusione, per tutte le considerazioni si qui espresse, non ravvisandosi i molteplici profili di illegittimità denunciati, il ricorso deve essere respinto.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate nell’ammontare indicato in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Seconda)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna la parte soccombente al pagamento delle spese di lite a favore dell’amministrazione resistente, le quali sono liquidate nella somma complessiva di € 1.500,00 (millecinquecento/00).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Venezia nella camera di consiglio del giorno 7 novembre 2012 con l'intervento dei magistrati:
Amedeo Urbano, Presidente
Alessandra Farina, Consigliere, Estensore
Giovanni Ricchiuto, Referendario




L'ESTENSOREIL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 23/11/2012
IL SEGRETARIO