giovedì 31 gennaio 2013

Quanta fretta, ma dove corrono?


Bruciare rifiuti negli impianti di produzione di cemento: 
un decreto passato nel silenzio di un fine legislatura che desta molte preoccupazioni

Comunicato stampa, 30 gennaio 2013

Quanta fretta, ma dove corrono?
Solo adesso, a Camere sciolte, ha preso forma l'iter di approvazione dello "Schema di decreto del Presidente della Repubblica concernente il regolamento recante disciplina dell'utilizzo di combustibili solidi secondari (CSS), in parziale sostituzione di combustibili fossili tradizionali, in cementifici soggetti al regime dell'autorizzazione integrata ambientale". 
Il decreto - come rivela un articolo pubblicato da Altreconomia.it - ha avuto, il 16 gennaio scorso,  parere favorevole della 13° commissione "Territorio, ambiente, beni ambientali" del Senato, dopo una fase “istruttoria” durata appena due giorni lavorativi. 
Ciò ha destato la viva preoccupazione delle associazioni e dei comitati, impegnati per la tutela del paesaggio, contro la presenza di inceneritori e co-inceneritori, e per promuovere una gestione sostenibile del territorio e la strategia “Rifiuti zero”.
Per questo, in vista del prossimo 11 febbraio 2013, quando lo stesso testo sarà sottoposto all'attenzione dei membri della commissione Ambiente della Camera, Associazione "Comuni virtuosi", Slow Food Italia, Campagna Legge Rifiuti Zero, "Comitato promotore Campagna Difesa Latte Materno dai Contaminanti Ambientali", Associazione "Verso rifiuti zero", Zero Waste Italy, Rete nazionale rifiuti zero, Stop al consumo di territorio, Rete dei comitati pugliesi per i beni comuni, AriaNova di Pederobba (Tv), Comitato "Lasciateci respirare" di Monselice (Pd), "E noi?" di Monselice (Pd), Fumane Futura di Fumane (Vr), Valpolicella 2000 di Marano (Vr), Circolo ambiente “Ilaria Alpi” di Merone (Co), Associazione “Gestione corretta rifiuti” di Parma, Campagna Pulita, Maniago (Pn), Movimento No all'Incenerimento di rifiuti, Si al Riciclo, Fanna (Pn), Ambiente e futuro per rifiuti zero, Comitato per la tutela ambientale della Conca Eugubina di Gubbio (Pg), Associazione “Mamme per la salute e l'ambiente” di Venafro (Is) invitano i deputati a leggere attentamente la “relazione istruttoria” che accompagna il testo prima di dare parere favorevole. 

Non è vero che produciamo sempre più rifiuti!
Perché quella che consideriamo l'istituzionalizzazione del processo di co-incenerimento viene giustificata con la "continua crescita della quantità di rifiuti [che] costituisce un problema ambientale e territoriale comune a tutti i paesi industrializzati, ma con connotati più gravi per l’Italia e, in particolare, per alcune aree del nostro Paese che fanno ancora ampio ricorso allo smaltimento in discariche, di cui molte fra l’altro in via di esaurimento". I dati in merito alla produzione di rifiuti solidi urbani nelle nostre città, tuttavia, si discostano da questa impostazione. L'Ispra certifica che nel 2010 il dato complessivo era inferiore a quello del 2006. E il 2012, complice la crisi, ha evidenziato un ulteriore e rilevante calo, cui ha dato risalto recentemente anche Il Sole 24 Ore.  

Rifiuti urbani e rifiuti speciali insieme: quali controlli?
A preoccuparci è anche la trasformazione del rifiuto connessa all'applicazione del decreto: "Il CSS non è composto da rifiuti tal quali, ma è un combustibile ottenuto dalla separazione, lavorazione e ri-composizione di rifiuti solidi urbani e speciali non pericolosi". Ciò significa che rifiuti solidi urbani, per cui vige il principio della gestione e della "chiusura del ciclo" a livello territoriale, e per i quali ci stiamo promovendo una legge d'iniziativa popolare “Verso rifiuti zero”, diventano rifiuti speciali, che possono essere acquistati e venduti, in tutto il Paese e oltre. Non dimentichiamo nemmeno, perciò, che il sistema di tracciabilità di questi rifiuti speciali, Sistri, è ancora un miraggio, un problema evidenziato anche nella relazione della Commissione parlamentare  d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse

Due bei regali ai cementifici: combustibile gratuito e contributi per lo smaltimento!
Consideriamo, infine, che la possibilità di trasformare i cementifici in impianti di co-incenerimento è soltanto una “stampella” offerta all'industria del cemento, in grave crisi a causa della riduzione di produzione e consumo, quantificata, dal 2006 al 2012, nel 39,4% dei volumi, pari a 18,5 milioni di tonnellate
Valutiamo, però, che questa situazione debba essere affrontata con Aitec (Associazione Italiana Tecnico Economica del Cemento) nel corso della prossima legislatura, per andare verso una progressiva riduzione del numero di impianti presenti, a partire da quelli che, per localizzazione, presentano particolari problematiche ambientali (perché siti in luoghi densamente abitati, come le città capoluogo, o di pregevoli caratteristiche ambientali, o particolarmente concentrati).
E infine: come mai ci serve più cemento?
Chiediamo, pertanto, alla commissione Ambiente della Camera di attendere la prossima legislatura per affrontare il tema, a partire da un'analisi seria del fabbisogno di cemento, che potrebbe subire una ulteriore riduzione, vale la pena ricordarlo, se, come auspichiamo, venisse accelerato l'iter d'approvazione del ddl promosso dal ministro dell'Agricoltura Mario Catania in merito al consumo di suolo agricolo.   

Contatti e ufficio stampa: 

Domenico Finiguerra, Stop al consumo di territorio, 338 4305130 
Valter Musso, Slow Food Italia, v.musso@slowfood.it, 0172 419615
Comitato Direttivo Associazione nazionale “Comuni virtuosi”, 348 3963300
Alesssio Ciacci, associazione “Comuni verso rifiuti zero”, 329 1718456
Francesco Miazzi, Comitato “Lasciate respirare” di Monselice 349 8353348
ZERO WASTE ITALY, 338 2866215 (Rossano Ercolini)

venerdì 25 gennaio 2013

Per fare il cemento si potranno di nuovo usare rifiuti


Si torna alla quantità di 122mila tonnellate Venturi: «Scelta coerente» Critici gli ambientalisti

Negli stabilimenti della Cementirossi, a Fumane, si torna a produrre cemento inserendo 122mila tonnellate di rifiuti, tra cui 80mila tonnellate di ceneri pesanti provenienti dagli inceneritori. Per il resto si tratta di scaglie di laminazione e gessi chimici da desolforazione.
La cifra che è stata autorizzata è potenziale e annuale, calcolata sulla base di una produzione, sempre potenziale, di 500mila tonnellate, al momento ben al di sopra di quella reale, a causa della crisi dell´edilizia e, conseguentemente, dell´industria cementiera, che a livello nazionale sta cercando nuove soluzioni d´impiego nello smaltimento e riutilizzo degli scarti.
Da oltre un anno negli impianti di Fumane, a seguito della sentenza del Tribunale amministrativo regionale del 2011 che aveva detto no sia all´uso dei rifiuti da mescolare all´impasto sia al progetto di ammodernamento e ampliamento dello stabilimento, la quantità di rifiuti autorizzati dalla Provincia era scesa a 34mila tonnellate (12mila di ceneri pesanti, il resto sempre scaglie e gessi chimici).
Dal 2013 le percentuali risalgono per effetto di una sentenza del Consiglio di Stato, che ha accolto il ricorso di Cementirossi in merito all´utilizzo dei rifiuti, dando così il via libera per ritornare alle 122mila tonnellate che erano già autorizzate prima del ricorso al Tar.
Alla luce del nuovo atto giuridico, la Provincia ha riaperto le procedure tecniche riguardanti la «Via», la valutazione di impatto ambientale, e il 10 gennaio la Giunta ha dato parere di compatibilità.
«Abbiamo ristabilito quello che era in vigore prima, nulla di più», spiega il vice presidente e assessore provinciale all´ambiente Fabio Venturi. «Siamo convinti di aver preso una decisione coerente e corretta».
Secondo l´associazione «Valpolicella 2000» e il comitato «Fumane Futura», invece, firmatari anche della moratoria dell´edilizia in Valpolicella inviata alla Regione, si tratta di «un passo indietro e un segnale grave». Il presidente di «Valpolicella 2000», Daniele Todesco: «Ancora una volta la Provincia non ha tenuto conto del contesto in cui si trova Cementirossi. Se il passaggio era obbligato per gli uffici tecnici, perché la politica non ha dimostrato che non era né necessario né obbligatorio?».
Insieme a Mimmo Conchi, presidente di «Fumane Futura», per il quale attualmente «fare cemento significa smaltire rifiuti», Todesco è convinto che «rifiuto chiami rifiuto» e che si stia spianando la strada a un´economia di questo tipo in Valpolicella. «Ma cosa c´entra con il vino o il turismo?», continua Todesco. «Siamo a un bivio, dobbiamo fare una scelta. Alla politica, però, manca sempre il coraggio».
Secondo Venturi la vocazione della Valpolicella non è in discussione. «Non si andrà oltre queste percentuali di rifiuti», dice il vicepresidente della Provincia, «sono già al massimo in un momento in cui è diminuita la richiesta di cemento».
Quindi passa alla proposta di costituire un tavolo con Cementirossi, Comune, Provincia e Regione «per valutare quale destinazione dare in futuro al sito, per prepararci al cambiamento se sarà necessario».

Camilla Madinelli

L'Arena - giovedì 24 gennaio 2013

«La terra del vino va tutelata»


VALPOLICELLA. Illustrato l´appello alla Regione di ambientalisti ed esponenti della cultura per la difesa del territorio
Amadio: «Il limite dello sviluppo è stato raggiunto e superato» Centrale a biomasse a S. Pietro? «Non c´entra con questa zona»

Fatti, non parole. Un vecchio adagio che sta molto a cuore, ultimamente, al sindaco di Negrar, Giorgio Dal Negro, e ora rispolverato pure dalle associazioni ambientaliste.
Wwf, Italia Nostra, Legambiente, Lipu, Fai, Il Carpino, Salvalpolicella, Valpolicella 2000, Terra Viva, Nour, Musa Antiqua, Ctg e Fumane Futura chiedono fatti al presidente della Regione, Luca Zaia, e al vice Marino Zorzato, e propongono una moratoria, come annunciato nell´edizione di ieri, che freni il consumo di suolo agricolo a fini edilizi e attivi un organismo che sovraintenda, al posto dei Comuni, nelle scelte urbanistiche e paesaggistiche nei territori di Negrar, San Pietro in Cariano, Marano, Fumane, Sant´Ambrogio e Pescantina.
La richiesta appello vuole dire basta al cemento, alle case o ai capannoni per valorizzare viticoltura, paesaggio, biodiversità, ma anche recupero delle costruzioni già esistenti. Vuole arrestare il processo di trasformazione in chiave edilizia degli ultimi decenni, complice la crisi economica e le tante case già costruite ma ancora invendute, in nuovi quartieri residenziali a Negrar come a Sant´Ambrogio.
Vuole favorire una visione d´insieme del territorio e contrastare sul nascere impianti come quello, a San Pietro in Cariano, per la produzione di energia da biomasse coltivate altrove. «Non si tratta di un progetto impattante per il territorio, ma di qualcosa che comunque non c´entra con la vocazione del territorio», precisa il presidente di Terra Viva, Giovanni Beghini, promotore dell´appello insieme al presidente onorario del Wwf Veneto, Averardo Amadio, e al presidente di Salvalpolicella, Pieralvise Serego Alighieri. «Quella della centrale a biomasse è un´iniziativa privata che, una volta approvata, potrebbe aprire la strada ad altre simili, in ogni comune, all´infinito».
Per non parlare della creazione nell´area industriale ex Lonardi di centinaia di nuovi appartamenti oppure della scelta di allargare la discarica di Ca´ Filissine, che cozzano con gli intendimenti generali alla base della moratoria.
Il mondo del vino non sta a guardare. La proposta per la Regione è stata sottoscritta da 25 esponenti della cultura e del mondo universitario italiano (elenco completo sul sito www.larena.it) , tra i quali il direttore generale dell´Oiv (Organizzazione internazionale della vigna e del vino) Federico Castellucci, il presidente di Federdoc Riccardo Ricci Curbastro e quello del Consorzio tutela vini Valpolicella Christian Marchesini. «Il segnale è molto positivo», afferma Serego Alighieri. Le firme della cultura sono snob? Il conte che discende da Dante ricorda le seimila firme di cittadini a sostegno della proposta del Parco della Valpolicella, «che dopo quasi tre anni ancora giace nei cassetti, in Regione. Non abbiamo mai avuto la pretesta che venisse recepita in toto, ma almeno esaminata e di stimolo per pianificare in modo diverso il territorio».
Con la moratoria le associazioni intendono spianare la strada a una progettazione della Valpolicella che faccia leva su valori quali vino e prodotti agricoli, filari di viti come di cipressi, chiese, ville, marogne. «Questa valle vale per la bellezza», afferma Amadio, «non si può più sacrificarla. Il limite dello sviluppo è stato raggiunto e superato. Risultati alla mano e senza alcuna intenzione di giudizio, gli amministratori hanno dimostrato la loro incapacità o impossibilità di governare il territorio, quindi serve un organismo sovra comunale che pensi alla pianificazione. Zaia e Zorzato hanno detto pubblicamente che non va occupato altro suolo. Noi li prendiamo in parola: cominciamo pure dalla Valpolicella».

Camilla Madinelli

L'Arena - giovedì 24 gennaio 2013

mercoledì 2 gennaio 2013

Autunno a Marano di Valpolicella


La vallata di Marano di Valpolicella in autunno si colora di rosso giallo verde, diventa una cosa spettacolare,
di Mario Lonardi.