martedì 22 febbraio 2011

In Italia impazza l’eco-informazione

Documentari, inchieste e riviste specializzate. Anche nel Belpaese la comunicazione si tinge di verde. A farla da padrone è il web: dai social network ai motori di ricerca specializzati, fino a tantissime testate online dedicate all'ecologia e alla sostenibilità

Cresce anche in Italia l’interesse per l’ambiente. Una tendenza arrivata con qualche anno di ritardo rispetto ad altri paesi, ma che ormai si sta mostrando inarrestabile anche da noi. Il verde, insomma, sta prendendo sempre più piede.

Il settore in cui il boom ecologico si sta manifestando con più forza è quello dell’informazione: una vera e propria rivoluzione mediatica che ha portato praticamente tutte le testate giornalistiche on-line a creare sezioni completamente dedicate all’ambiente. Ma non solo. Documentari, inchieste, giornali e riviste specializzate che trattano temi come le politiche energetiche, l’effetto serra o la sostenibilità ambientale. Ma nel campo dell’informazione ambientale a farla da padrone è il web.

Considerando le potenzialità di Internet, il fenomeno sembra solo all’inizio. Dai social network a tema, come Zoes (Zona Equosostenibile), a veri e propri motori di ricerca dedicati all’ambiente. È il caso di Ecosia, una sorta di Google verde che, ad ogni ricerca effettuata attraverso il suo portale, associa un contributo a favore della biosfera, trasformando ogni clic su di un link sponsorizzato in centesimi per l’ambiente.

Per quanto riguarda i siti di news, gli esempi sono a migliaia: blog e web-magazine che, quotidianamente, nascono con l’intento di diffondere per via telematica informazioni su salute, buone pratiche e stili di vita sostenibili.

Qualche esempio degno di nota lo si può fare citando portali come Ecoblog, Greereport, GreenMe e Scienza Verde. O Terra Nuova, versione on-line del mensile omonimo, una rivista fra le più autorevoli e longeve del mondo dell’ambientalismo italiano (nata nel 1977), punto di riferimento del mondo del naturale e delle buone pratiche per uno stile di vita a basso impatto ambientale.

C’è chi va addirittura oltre l’informazione, proponendo di passare “dal virtuale al reale”. È il caso de Il Cambiamento, giornale web che, oltre ad un’informazione ecologica quotidiana, si prefigge di creare una rete di individui che condividono la stessa visione, una vera e propria comunità di persone per le quali, come afferma il direttore Daniel Tarozzi, “il portale possa essere un primo luogo d’incontro e confronto”, ma anche “un punto di riferimento imperdibile per chi ha deciso di mettersi in movimento”.

Ambizioni condivise dal nuovo arrivato della green information italiana: Ecoseven, neonata testata online dedicata al “saper vivere” che si occupa di sette aree tematiche: ambiente, energia, enogastronomia, mobilità, abitare, viaggiare e benessere. Un progetto arricchito con rubriche sulle eco-invenzioni e sui titoli verdi quotati in Borsa, ma anche sui percorsi turistici per chi vuole visitare in modo sostenibile l’Italia. Ecoseven è “un portale di informazione e intrattenimento”, spiega il suo direttore, Michele Guerriero: “Tratta, in modo propositivo, temi legati al saper vivere rispettando l’ambiente”. Obiettivo? Mettere il pianeta Terra al centro delle notizie, coniugando il rispetto per la natura e per l’ambiente con lo sviluppo e l’innovazione tecnologica. “La novità rispetto ad altre testate?”, conclude Guerriero: “Noi ci avviciniamo ai temi ambientali senza preconcetti e sensi di colpa. Il nostro è un approccio positivo, ci piace vedere il bicchiere mezzo pieno”.

Una testimonianza in più, quella del direttore di Ecoseven, su come l’approccio verso ciò che riguarda l’ambiente e l’ecologia sia finalmente cambiato anche in Italia.

Andrea Bertaglio
Il Fatto Quotidiano - 21 Febbraio 2011

lunedì 21 febbraio 2011

Interrogazione a risposta scritta 4-09900

Atto Camera
Interrogazione a risposta scritta 4-09900
presentata da
ANNA MARGHERITA MIOTTO 
lunedì 13 dicembre 2010, seduta n.407

MIOTTO, FARINA COSCIONI e MAURIZIO TURCO
Al Ministro della salute, al Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, al Ministro dello sviluppo economico.

Per sapere

premesso che:
i limiti imposti ai cementifici ed agli inceneritori-termovalorizzatori, dalle vigenti norme, per le emissioni in atmosfera di sostanze inquinanti appaiono disomogenei ed in particolare, per i cementifici il decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 prevede che i limiti giornalieri siano i seguenti:

polveri totali: mg 30/Nm3
biossido di zolfo: mg. 600/Nm3
ossido di azoto: mg. 1.800/Nm3

mentre per gli inceneritori-termovalorizzatori il decreto legislativo 11 maggio 2005, n. 133 in attuazione della direttiva 2000/76/CE, in materia di incenerimento dei rifiuti, prevede i seguenti limiti: 

polveri totali: mg. 10/Nm3
biossido di zolfo: mg. 50/Nm3
ossido di azoto: mg. 200/Nm3

appare evidente la macroscopica diversità dei limiti massimi tollerabili per fattori inquinanti analoghi, molto pericolosi per la salute; 
non si evince dalle norme alcun ulteriore vincolo, qualora in un distretto territoriale a qualche chilometro di distanza, operi più di un cementificio, moltiplicando per due o per tre le quantità degli inquinanti immessi in atmosfera

- se i Ministri intendano assumere le necessarie iniziative normative per allineare i limiti degli inquinanti previsti per i cementifici, al livello dei termovalorizzatori; 
- se i Ministri ritengano di assumere le necessarie iniziative anche normative per precisare le distanze minime fra gli impianti indicati in premessa, al fine di evitare gravi rischi alla salute dei cittadini, in presenza di più impianti nel medesimo territorio.

Monselice sfida i signori del cemento ora l´incubo è un camino alto cento metri

Torre di 122 metri, polveri sottili, puzza, tumori, l'asilo evacuato.... è un déjà vu?


MONSELICE - Si svegliasse dal suo lungo sonno, il poeta che dorme nel suo letto di marmo nella bella piazza di Arquà, si troverebbe davanti un gigantesco camino che sputa veleni, alto come un campanile. Altro che le chiare, fresche e dolci acque sognate da Francesco Petrarca. Il camino di 122 metri, un nuovo forno progettato da Italcementi per ristrutturare il suo cementificio vecchio di cinquant´anni, è l´incubo di centomila persone che vivono nella Bassa Padovana, dove l´inquinamento dell´aria è già preoccupante per la presenza della più alta concentrazione europea di cementifici: tre nel raggio di cinque chilometri, l´Italcementi e la Cementeria a Monselice, la Cementizillo a Este. Per questo due comitati di cittadini, che raccolgono adesioni trasversali, si sono mobilitati con raccolte di migliaia di firme, anche perché temono che dietro il nuovo impianto si nasconda il business dello smaltimento dei rifiuti, e hanno presentato un esposto al Tar e una denuncia alla procura. Il Tar del Veneto deciderà il 24 febbraio sulla richiesta di sospensiva avanzata dai due comitati civici e dai comuni di Este e Baone. Il progetto di Italcementi, che a sua volta ha denunciato i comitati per «danno all´immagine», ha il tenebroso nome di "revamping". Significa qualcosa come "ammodernamento degli impianti", prevede un investimento di 160 milioni di euro e la costruzione di un nuovo forno verticale, il camino, al posto dei tre attualmente in funzione. Un impianto «altamente efficace e competitivo», sostiene l´azienda, «e all´avanguardia sul fronte della tutela ambientale». «Un nuovo forno più moderno che consuma meno materie prime, meno acqua, meno combustibile, e riduce le emissioni in atmosfera di almeno il 50 per cento», secondo il responsabile del servizio ambiente di Italcementi, Angelo Monti. Il sindaco di Monselice, Francesco Lunghi, del Pdl, è entusiasta: «Un miglioramento strutturale che porta grandi vantaggi per migliorare l´ambiente e mantenere l´occupazione». Ma si è trovato in minoranza nel suo stesso consiglio comunale, che ha detto no al progetto, come hanno fatto altri 27 comuni della zona, e come ha fatto anche l´Ente Parco dei Colli Euganei, che lo ha giudicato «incompatibile». In effetti, già trent´anni fa, quando un´analoga protesta popolare portò alla chiusura delle cave che devastavano il territorio, venne prevista la graduale dismissione delle tre cementerie, giudicate non più idonee a coabitare con le attività prevalenti della zona, l´agricoltura e il turismo, che dalle terme ai colli porta tre milioni di visitatori l´anno. Invece non è successo nulla, i cementifici sono ancora lì, le polveri si depositano su auto e davanzali, una patina nerastra copre gli orti e le siepi, certe notti si devono chiudere le finestre per la puzza, e un brutto giorno hanno dovuto evacuare l´asilo nido perché i bambini facevano fatica a respirare. I comitati "E noi? " e "Lasciateci respirare", sorto con l´appoggio del parroco «stanco di fare i funerali ai lavoratori delle cementerie», dicono che i tre impianti hanno sputato nell´aria in un anno 1.700.000 tonnellate di anidride carbonica e 170 tonnellate di polveri sottili, che le leucemie sono in aumento e i tumori, che hanno colpito 60 ex dipendenti, superiori del 30 per cento alla media nazionale. Ora temono che con il nuovo camino andrà ancora peggio. «Vogliamo solo difendere la nostra salute», dice Carmen Soloni, imprenditrice, anima della protesta insieme a cittadini come l´avvocato Fabio Greggio, l´impiegata Silvia Mazzetto, e a consiglieri comunali di diversa estrazione politica come Francesco Miazzi del centrosinistra e l´ex sindaco del centrodestra, appassionato latinista, Lorenzo Nosarti. Tra i contrari, anche il deputato della Lega Paola Goisis. Anche lei sospetta che «dietro un investimento così enorme vi sia in realtà il business dei rifiuti», grazie a una legge, varata al tempo della "mucca pazza", che consente ai cementifici di eliminare i rifiuti senza essere sottoposti al rispetto dei parametri previsti per gli inceneritori. L´azienda, che si è detta disponibile ad abbassare l´altezza del camino, nega che questa sia la sua intenzione. Dice che impiega combustibile da rifiuti «solo laddove le viene proposto per contribuire allo smaltimento dei rifiuti stessi». Attualmente lo fa in due impianti dei 17 che ha in Italia. Gli abitanti hanno paura che succeda anche a Monselice.

Roberto Bianchin - La Repubblica, 19 Febbraio 2011

sabato 12 febbraio 2011

La legge irlandese introduce una tassa sull’incenrimento dei rifiuti

Altro che sovvenzioni, come avviene in Italia: in Irlanda, a seguito della "Waste Policy Review" del Ministro dell'Ambiente e delle conseguenti valutazioni e raccomandazioni, hanno introdotto una tassa sull'incenerimento: partono da 30 Euro/ton, ma potrà aumentare per decisione del Ministro sino a 120 Euro/ton.

In Irlanda i Comuni  sono stati autorizzati dal mese di gennaio, in base ad una nuova legge del Ministro dell’Ambiente, a mettere una tassa sui rifiuti che vengono destinati all'incenerimento. Le entrate provenienti dalla tassa, che comincia con 30€ a tonnellata, andrà a costituire un fondo per l’ambiente.
La legge permette al Governo centrale di aumentare questa tassa fino a 120 € per tonnellata, insieme alla già esistente tassa per lo smaltimento in discarica, senza neanche procedere ad adeguamenti di legge. I Comuni sono autorizzati ad aumentare anche la tassa sui sacchetti di plastica a 0,70 (per sacchetto). Ma non è stato ancora deciso alcun aumento per questa tassa.
La legge, che aumenta anche le sanzioni per l’inquinamento dell’aria, entrerà in vigore non appena verranno adottati una serie di adeguamenti per, ad  esempio, allinearla con alcuni requisiti della legge europea sui rifiuti. Questo processo richiede di solito qualche settimana, secondo quanto riferisce il Ministro.

Enzo Favoino

Se l'Italia distrugge la Bellezza

In «Vandali» Rizzo e Stella raccontano come e perché l'Italia stia distruggendo la sua unica ricchezza: l'arte

Non abbiamo il petrolio, noi. Non abbiamo il gas, non abbiamo l'oro, non abbiamo i diamanti, non abbiamo le terre rare, non abbiamo le sconfinate distese di campi di grano del Canada o i pascoli della pampa argentina. Abbiamo una sola, grande, persino immeritata ricchezza: la bellezza dei nostri paesaggi, la bellezza dei nostri siti archeologici, la bellezza dei nostri borghi medievali, la bellezza delle nostre residenze patrizie, la bellezza dei nostri musei, la bellezza delle nostre città d'arte.
E ce ne vantiamo. Ce ne vantiamo sempre. Fino a fare addirittura la parte dei «ganassa» («Abbiamo il 40% dei capolavori planetari!», «No, il 50%!», «No, il 60%!») giocando a chi la spara più grossa. Primato che, per quanto ne sappiamo, spetta all'unica «rossa» che piace al Cavaliere, la ministra del Turismo Michela Vittoria Brambilla. Che nel portale in cinese con il logo «Ministro del Turismo» lancia un messaggio al popolo dell'Impero di mezzo e sostiene non solo che «le grandi marche di moda sono italiane» e «tutti i tifosi del mondo seguono il campionato di serie A italiano» ma anche che l'Italia «possiede il 70% del patrimonio culturale mondiale». Bum! E il Machu Picchu, i templi di Angkor, le piramidi, Santa Sofia e il Topkapi a Istanbul, il Prado, San Pietroburgo, la Torre di Londra, la cittadella di Atene, i castelli della Loira, Granada, la città proibita di Pechino, il Louvre, la thailandese Sukothai, il Taj Mahal, il Cremlino, l'esercito di terracotta di Xi'an, Petra, Sana'a e tutto il resto del pianeta? Si spartiscono gli avanzi.

Un'intervista di Marcello di Falco all'allora ministro del Turismo Egidio Ariosto sul Giornale ci ricorda che nel maggio 1979 l'Italia era «il secondo Paese del mondo per attrezzatura ricettiva, il primo per presenze estere, il primo per incassi turistici, il primo per saldo valutario». Tre decenni più tardi siamo scivolati al quinto posto. E la classifica per la «competitività» turistica, che tiene conto di tante cose che richiamano, scoraggiano o irritano i visitatori (non aiutano ad esempio le notizie su «1 spaghetto aragosta: 366 euro» al ristorante La Scogliera alla Maddalena) ci vede addirittura al ventottesimo posto.

Certo, è verissimo che abbiamo la fortuna di avere ereditato dai nostri nonni più siti Unesco di tutti. Ne abbiamo 45 contro 42 della Spagna, 40 della Cina, 35 della Francia, 33 della Germania, 28 del Regno Unito, 21 degli Stati Uniti. Ma questa è un'aggravante, che inchioda i nostri governanti, del passato e del presente, alle loro responsabilità. Al loro fallimento. Spiega infatti un dossier del dicembre 2010 di Pwc (Pricewaterhouse Coopers, la più grossa società di analisi del mondo per volume d'affari) che lo sfruttamento turistico dei nostri siti Unesco è nettamente inferiore a quello degli altri. Fatta 100 l'Italia, la Cina sta a 270, la Francia a 190, la Germania a 184, il Regno Unito a 180, il Brasile e la Spagna a 130. Umiliante.

E suicida. Non abbiamo molte altre carte da giocare. Ce lo dicono i dati del Fondo monetario internazionale e il confronto con le nuove grandi potenze. Dal 1994 a oggi, in quella che per noi è stata la Seconda Repubblica, mentre il nostro Pil cresceva di 1,9 volte in valuta corrente, inflazione compresa, quello brasiliano si moltiplicava per 3,6 volte, quello indiano per 4,9 volte, quello cinese addirittura di 11,5 volte (...).

Alla fine di gennaio del 2011 Giampaolo Visetti scriveva sulla Repubblica che «sarà il turista cinese ad alimentare la crescita dei viaggi a lungo raggio ed entro il 2015 diventerà il padrone assoluto dei pacchetti organizzati e dello shopping di lusso in Europa. Il rapporto annuale dell'Accademia cinese del turismo prevede che nell'anno in corso trascorreranno le ferie all'estero 57 milioni di cinesi (...) e il Piano turistico nazionale calcola che entro il 2015 si recheranno all'estero tra i 100 e i 130 milioni di persone, arrivando a spendere oltre 110 miliardi di euro» (...).

Peccato che non ci capiscano. L'Italia, agli occhi di Pechino, rappresenta un incomprensibile caso a sé. Dieci anni fa era la meta preferita dei pionieri dei viaggi in Europa. I cinesi amano il mito dello «stile di vita», il clima mediterraneo, la passata potenza imperiale e culturale, la moda e il lusso, la natura, la varietà gastronomica che esalta la qualità dei vini. «Eravate il punto di partenza ideale» dice Zhu Shanzhong, vicecapo dell'Ufficio nazionale del turismo cinese «per un tour europeo. Poi ci avete un pochino trascurati». Al punto che «la promozione turistica dell'Italia in Cina è inferiore a quella dei Paesi Bassi». Una follia.

Ma per capire la fondatezza dell'accusa basta farsi un giro sul portale turistico aperto dal governo italiano in cinese, www.yidalinihao.com. Costato un occhio della testa e messo su con una sciatteria suicida che grida vendetta. Per cominciare, le quattro grandi foto di copertina che riassumono l'Italia mostrano una Ferrari, una moto Ducati, un pezzo di parmigiano e un prosciutto di Parma. In mezzo: Bologna. Con tanto di freccette sulla mappa che ricordano la sua centralità rispetto a Roma, Milano, Venezia e Firenze. Oddio: hanno sbagliato capitale? No, come ha scoperto il Fatto Quotidiano, è solo un copia-incolla dal sito cinese della Regione Emilia-Romagna aimiliyaluomaniehuanyingni.com (...).

Ma ancora più stupefacenti sono i video che illustrano le nostre venti regioni. Dove non solo non c'è un testo in cinese (forse costava troppo: i milioni di euro erano finiti...) ma ogni filmato è accompagnato da un sottofondo musicale. Clicchiamo il Veneto? Ecco il ponte di Rialto, le gondole, il Canal Grande, le maschere, i vetrai di Murano... E la musica? Sarà di Antonio Vivaldi o Baldassarre Galuppi, Tomaso Albinoni o Benedetto Marcello, Pier Francesco Cavalli o Giuseppe Tartini? Sono talmente tanti i grandi compositori veneziani del passato... Macché: la Carmen del francese Georges Bizet rivista dal russo Alfred Schnittke! La musica dell'Umbria? Del polacco Fryderyk Chopin. Quella della Campania? Del norvegese Edvard Grieg. Quella del Lazio? Dell'austriaco Wolfgang Amadeus Mozart. Quella dell'Abruzzo? Dell'inglese Edward Elgar. E via così: tutti ma proprio tutti i video che dovrebbero far conoscere l'Italia ai cinesi, fatta eccezione per quello della Basilicata dove la colonna sonora è del toscano Luigi Boccherini, sono accompagnati dalle note di musicisti stranieri. Amatissimi, ma stranieri (...).

Il guaio è che da molto tempo immaginiamo che tutto ci sia dovuto. Che gli stranieri, per mangiar bene, bere bene, dormire bene, fare dei bei bagni e vedere delle belle città, non abbiano altra scelta che venire qui, da noi. Che cortesemente acconsentiamo a intascare i loro soldi, quanti più è possibile, concedendo loro qualche spizzico del dolce vivere italiano. Peggio: siamo convinti che questi nostri tesori siano lì, in cassaforte. Destinati a risplendere per l'eternità senza avere alcun bisogno di protezione. Di cura. Di amore. Non è così (...).

Spiega uno studio dell'Associazione europea cementieri che l'Austria nel 2004 ha prodotto 4 milioni di tonnellate di cemento, il Benelux 11, la Gran Bretagna 12, la Francia 21 e mezzo, la Germania 33 e mezzo, la Scandinavia meno di 36 e noi 46,05, battuti di un soffio solo dalla Spagna. Solo che la Spagna ha 90,6 abitanti per chilometro quadrato, noi 199,3: più del doppio. Insomma, di territorio ne abbiamo già consumato troppo (...).

Pochi mesi prima di morire, rispondendo a un lettore che gli chiedeva aiuto per salvare la riviera ligure, Indro Montanelli maledì sul Corriere questo nostro Paese che tanto aveva amato. E scrisse che le ruspe sono sempre in agguato per «dare sfogo all'unica vera vocazione di questo nostro popolo di cialtroni che non vedono di là dal proprio naso: l'autodistruzione» (...).

Diamo qualche flash sullo spreco. Le gallerie della Tate Britain hanno «fatturato» nell'ultimo anno fiscale 76,2 milioni di euro, poco meno degli 82 milioni entrati nelle casse con i biglietti di tutti i musei e i siti archeologici statali italiani messi insieme. Il merchandising ha reso nel 2009 al Metropolitan Museum quasi 43 milioni di euro, ben oltre gli incassi analoghi di tutti i musei e i siti archeologici della penisola, fermi a 39,7. Ristorante, parcheggio e auditorium dello stesso museo newyorkese hanno prodotto ricavi per 19,7 milioni di euro, tre in più di tutte le entrate di Pompei, il nostro gioiello archeologico. Dove i «servizi aggiuntivi» sono stati pari a 46 centesimi per visitatore: un ottavo che agli Uffizi, un quindicesimo che alla Tate, un ventisettesimo che al Metropolitan, un quarantesimo che al MoMa, il Museum of Modern Art. Un disastro. Per non dire di come custodiamo le nostre ricchezze (...).

Dice l'Ufficio delle Nazioni unite per il controllo della droga e la prevenzione del crimine di Vienna che quello delle opere d'arte trafugate è il terzo business mondiale del crimine dopo i traffici di droga e di armi. Eppure tra i 69.000 detenuti nelle carceri italiane all'inizio del 2011 neanche uno era in cella per avere scavato una tomba etrusca, rubato un quadro o trattato la vendita di un vaso antico a un ricettatore straniero. Se sei ricercato per «tentato furto di una mucca», come capitò all'albanese Florian Placu, puoi restare sei mesi a San Vittore. Se cerchi di vendere all'estero la statua di Caligola non vai in carcere. Se poi trovi certi giudici, puoi perfino tenerti la merce.

È successo ad Angelo Silvestri, un sub laziale denunciato per essersi «impossessato di beni culturali appartenenti allo Stato». Aveva trovato, guardandosi bene dall'avvertire la soprintendenza, 28 pezzi tra i quali varie anfore antiche e un set di preziosissimi strumenti chirurgici romani con tanto di astuccio, perfettamente integri. Il pubblico ministero chiese una condanna ridicola: sei mesi e 2500 euro di multa. «Esagerato!», pensò il giudice di Latina Luigi Carta. E il 3 maggio 2004 assolse l'imputato perché «di anfore, piatti di terracotta, crateri e vasi, manufatti di vario genere, sono pieni i nostri mari» (...).

C'è poi da stupirsi se i musei stranieri, davanti alla nostra richiesta che venga restituito questo o quel pezzo ricettato, che magari loro con amore custodiscono e con amore offrono in visione a milioni di visitatori, fanno resistenza pensando che quel pezzo finirà anonimamente nel mucchio delle tante ricchezze abbandonate in qualche museo di periferia?

Sergio Rizzo e Gian Antonio Stella
Il Corriere 11/02/2011

martedì 8 febbraio 2011

Difesa attiva del territorio: Fumane Futura

http://www.naturalmenteverona.org/difesa-attiva-del-territorio-fumane-futura/#more-623

Lo scorso venerdì 4 febbraio 2011, presso l’agriturismo “Costa degli Ulivi” di Fumane, si è svolto l’incontro organizzato dalle Associazioni Fumane Futura e Valpolicella 2000 relativamente al cementificio proprietà della Cementirossi. Le questioni emerse sono state molteplici e molto interessanti; contestualmente ad una innegabile “crisi del cemento” e dell’edilizia in genere, il cementificio ha da tempo deciso di convertirsi, infatti, da industria per la produzione del cemento ha trovato il modo di rilanciarsi come centro per lo smaltimento dei rifiuti industriali. In particolare delle ceneri pesanti, quelle derivanti dagli altri inceneritori dei rifiuti solidi urbani. Ma se già gli inceneritori rifiutano tali ceneri, come può un cementificio utilizzarle nei propri processi? La risposta è semplice, per legge i cementifici sono autorizzati ad inquinare molto di più degli inceneritori, circa il triplo. Riportiamo qui di seguito alcuni dati significativi; uno studio dell’Università di Trento che dichiarano il cementificio di Fumane un “grande emettitore di inquinamento” tanto da produrre un quantitativo di ossidi di azoto (molto tossico) pari all’81% di tutti gli ossidi di azoto prodotti nel Comune di Verona, interessando con queste sostanze, precursori della formazione di altre sostanze inquinanti come l’ozono o le polveri ultrasottili (Pm2,5) tutti i 18 comuni della Valpolicella.

Nella comparazione tra i principali inquinanti rilevati fra la città di Verona e il paese di Fumane risulta che, annualmente a persona si ha: per gli ossidi di Azoto a Verona 17,2 Kg, a Fumane 631,8 Kg; per le PM10 a Verona 2 Kg, a Fumane 30 Kg; per gli ossidi di Zolfo a verona 1,1 Kg, a Fumane 182,5 Kg.
Il problema è che nel cemento si può mettere di tutto e, sotto il tranquillizzante nome di “combustibili alternativi”, si può anche bruciare di tutto. Per ora a Fumane la Cementirossi può usare annualmente 122.000 tonnellate di rifiuti industriali di cui 80.000 tonnellate di ceneri pesanti (11% delle scorie di tutti gli inceneritori d’Italia), 12.000 tonnellate di scaglie di laminazione, 30.000 tonnellate di gessi chimici per la desolforazione.
Il pericolo maggiore è rappresentato dalle ceneri pesanti, vale a dire la parte che rimane sulle griglie di un inceneritore alla fine del processo di combustione di rifiuti solidi urnabi non differenziati, praticamente i rifiuti dei rifiuti. Le ceneri pesanti contengono come principali elementi inquinanti diossine, metalli e sostanze tossiche e cancerogene come gli idrocarburi policiclici aromatici, zinco, rame, piombo, cromo, nichel, vanadio, cobalto, arsenico, cadmio.
Come accennato, il deciso orientamento del settore dei cementieri e verso la trasformazione dei cementifici in centri di recupero e smaltimento di rifiuti industriali; si chiamano CO-INCENERITORI. I rifiuti vengono pagati profumatamente e rappresentano un affare colossale. I vantaggi per i cementifici sono evidenti, meno chiari quelli per chi ci abita attorno e per la Valpolicella tutta.
Come se non bastasse, quando si parla di polveri sottili ci si riferisce alle PM10 che misurano 10 micron, sono quelle prodotte dagli scarichi delle auto, dai vecchi riscaldamenti a gasolio e dai comini di cementifici ed inceneritori. L’ARPAV (Agenzia Regionale per la Prevenzione Ambientale del Veneto) esegue normalmente, anche nel Comune di Fumane, le misurazioni su queste polveri. Ma ciò che il cementifici va a produrre con l’uso delleceneri pesanti sono polveri ancora più sottili, le PM2,5 che misurano 2,5 micron e sono dette anche NANOPARTICELLE(1 micron è un millesimo di cenimetro). Ad oggi, purtroppo, non esiste nessun filtro in grado di catturare le PM2,5.
Purtroppo, le normative vigenti non prendo in considerazione le nanoparticelle, anche se la loro pericolosità è abbondantemente documentata dalla comunita medico scientifica. Date le ridottissime dimensioni esse entrano facilmente nell’organismo e diventano la causa di moltissime malattie, anche gravi, del cuore e delle vie respiratorie.
Un altro problema riguarda la forte produzione di sostanze quali le PCB (dei poli carbonati) che presentano caratteristiche di nocività identiche alle diossine, ma se le diossine sono monitorate e rientrano nei parametri di indagine, le PCB non sono considerate e quindi sfuggono completamente ai controlli.
Come se non bastasse, nei confronti della Cemetirossi sono state aperte delle vertenze a riguardo di discariche abusive rilevate in corrispondenza di miniere in disuso di terreni di proprietà della cementirossi.
Ma c’è di più, per consentire che al cementificio di Fumane possano pervenire le 122.000 tonnellate di rifiuti annuali è stata ipotizzata la costruzione di una tangenziale per il traffico pesante, vale a dire 6600 camion, 13.200 tra andata e ritorno; per bruciare tutti quei rifiuti è stata progettato un nuovo forno alto 103 metri in grado di disperedere i propri inquinanti in un’area enormemente più vasta di quanto non accade ora…

Ringraziamo le Associazioni Fumane Futura e Valpolicella 2000 per il loro impegno, per l’impegno personale di quelle “poche” persone (energie umane ed economiche) a cui sta veramente a cuore il futuro della Valpolicella e la salute dei propri abitanti, essi dimostrano che la difesa attiva del territorio è possibile, a partire da ognuno di noi, in rete con altri, persone e realtà associative.

Alla Sorgente della Voce


Che cos’è che fa nascere la musica?
Qual è il suo legame con la natura e con i suoi diversi paesaggi?
Un paesaggio è solamente fuori, nella natura fisica, oppure qualcosa risuona
dentro di noi e da qui dialoga con l’esterno?
Per secoli il canto ha dialogato con i nostri paesaggi, esterni e interni,
spesso conservando impresse, al suo interno, le tracce di quel girovagare.
Francesca Ferri


DOMENICA 13 FEBBRAIO 2011

In Valpolicella sulle tracce del Genius loci 
presenta

ALLA SORGENTE DELLA VOCE
Introduzione all'uso della voce e della polifonia

LABORATORIO CONDOTTO DA FRANCESCA FERRI
ll laboratorio propone un approccio all’universo del canto e al contempo veicola l’ascolto dei differenti paesaggi, interni ed esterni. Esplorando l’emissione vocale propria, cantando in coro suoni e ritmi nati in stretta relazione con gli elementi naturali si scoprirà che ogni voce, proprio come un’impronta digitale, reca impressa l’unicità della persona che la esprime.

Non è richiesta alcuna precedente esperienza musicale o vocale.

Ideazione e coordinamento del progetto  Marina Valenti  (Marano dI Valpolicella - Vr) 
Info e prenotazioni: tel. 333.79.72.128 – marinavalenti@libero.it
Orario laboratorio: 9.30 - 17.00. Costo: € 50,00.

FRANCESCA FERRI, compositrice. Direttrice musicale, attrice. Scrive e dirige musica per numerosi spettacoli teatrali. La sua scrittura è accompagnata da uno studio rigoroso di antichi canti – spesso destinati alla pratica in spazi aperti, conservano una parentela tra l’essere umano e il suo territorio – sia attraverso viaggi di ricerca musicale, durante l’apprendistato con la compositrice e ricercatrice Giovanna Marini, sia invitando artiste di altre tradizioni musicali. Ha fondato nel 1992 e condiviso la direzione artistica di O Thiasos TeatroNatura, compagnia teatrale, contribuendone alla definizione di poetica e stile, tuttora pionieristici per l’originalità delle proposte – con la costante presenza della polifonia. Sviluppa e collabora a progetti inter-disciplinari legati alla sostenibilità ambientale. È appena uscito il suo cd di musiche originali, In questo mondo, edito da Zone di Musica. Ha fondato l’ensemble di musica vocale Trio Francesca Ferri, con Camilla Dell’Agnola e Valentina Turrini, con il quale porta in scena, in forma di concerto-spettacolo, un lavoro pluriennale. 


Scarica la locandina

Il «Patto dei sindaci» contro lo smog, dov'è l'Amministrazione di Fumane?

È stato spedito ieri a Bruxelles l'accordo tra la Provincia e l'Unione Europea per dare il via al «Patto dei Sindaci». In questo modo, le amministrazioni veronesi potranno accedere ai finanziamenti comunitari per realizzare nuove politiche energetiche.

La Provincia di Verona coordinerà il lavoro dei Comuni veronesi che hanno aderito al patto per ridurre, entro il 2020, le emissioni di CO2 con misure di efficienza energetica e lo sviluppo di fonti rinnovabili. L'accordo indica gli impegni assunti dalla Provincia e ha già raccolto le adesioni di 28 Comuni, compreso il capoluogo: Affi Arcole Bovolone Castelnuovo del Garda Cazzano di Tramigna Cologna Veneta Colognola ai Colli Gazzo Veronese Illasi Isola della Scala Montecchia di Crosara Monteforte D'Alpone Oppeano Palù Ronc Roveredo di Guà San Bonifacio San Giovanni Ilarione San Giovanni Lupatoto San Martino Buon Albergo San Zeno di Montagna Soave Terrazzo Verona Veronella Villa Bartolomea Zevio Zimella. (fonte: l'Arena 08/02/2011)

Il Comune di Fumane, che grazie al Cementifico Cementirossi è senz'altro il maggior produttore di CO2 della provincia di Verona,  non appare tra i 28 Comuni, confermando lo scarso interesse che tale amministrazione ha nei confronti dell'inquinamento, e tanto meno nel problema del riscaldamento globale.




lunedì 7 febbraio 2011

Viticoltura sostenibile, al via il corso

È quello di secondo livello organizzato da Terra viva l'associazione che conta molti produttori storici

Da L'arena, Lunedì 07 Febbraio 2011

Paolo Zardini
La Valpolicella lavora per un'agricoltura sostenibile e per promuovere l'immagine del proprio territorio, anche attraverso i corsi di viticoltura sostenibile. Progetti, iniziative, corsi di formazione partono dal gruppo Terra Viva, associazione nata nel 2010 che coinvolge produttori e cantine della Valpolicella, e gode del patrocinio della Regione Veneto, del Consorzio di tutela vino Valpolicella e di altri Consorzi di tutela del vino (Bardolino e Terra deiforti); il gruppo ha già ricevuto il sostegno della Provincia di Verona, del Comune di San Pietro In Cariano e della Banca della Valpolicella. «L'idea di promuovere un'agricoltura “pulita” nasce dall'esigenza di dare un'immagine positiva del vino e dei prodotti del territorio», spiega Paolo Zardini, docente dell'istituto tecnico agrario di San Floriano e coordinatore, insieme al team di terra viva, delle cantine che aderiscono. «Il progetto è ambizioso», continua Zardini, «e viene sostenuto anche dalle aziende storiche della Valpolicella e da molti piccoli produttori»
In questa direzione Terra Viva sta organizzando il corso di secondo livello per la viticoltura sostenibile in collaborazione con l'associazione veneta produttori biologici (A.ve.pro.bi.), Regione Veneto, Istituto tecnico agrario «Ettore Stefani» di San Floriano, Banca Valpolicella, Credito Cooperativo. Anche la Provincia di Verona sostiene l'iniziativa, con il consigliere provinciale Ivan Castelletti: «Ci si è resi conto», spiega quest'ultimo, «che i primi a trarre vantaggio dal miglioramento dell'ambiente sono i contadini per la salute ed il tempo impiegato, poi il prodotto finale per la minore presenza di residui, e l'immagine del nostro territorio, fondamentale per mantenere e migliorare il posizionamento dei nostri prodotti nel mondo»
«Si spera», spiega ancora Zardini, «che nel giro di 3-4 anni si possa estendere l'esperienza a tutta la Valpolicella, allargando progressivamente il raggio della zona così trattata. Quest'anno partirà nella zona di San Floriano il progetto di lotta alla tignola con il metodo della confusione sessuale, che consiste nel posizionare una quantità definita di contenitori di feromoni e controllare i voli della tignola. Il costo delle sostanze è di circa 110 euro per ettaro, più il posizionamento, contro un costo del trattamento chimico un po' inferiore, ma da moltiplicare per tre-quattro volte e fatto col trattore». Inoltre, a detta dei tecnici, questo metodo, oltre a non aumentare il carico di inquinanti è il più efficace. La zona per ora definita ha una superficie di circa 40 ettari, appartenenti a 15-20 proprietari, che parte dalla scuola elementare di San Floriano con diramazioni verso est fino ad oltre la cresta della collina della Masua e a Nord fino al campo sportivo. I proprietari sono sia vinificatori in proprio che produttori di uva da vendere a cantine, sia conferitori della cantina sociale. Si eliminerà così l'uso del Clorpyrifos, un insetticida deleterio per la salute di chi tratta e di chi consuma i prodotti, e si elimineranno dal vino residui importanti. Chi produrrà questo vino, senza almeno uno dei più importanti pesticidi, avrà una qualità superiore riconosciuta, spendibile sui mercati. Pur non essendo agricoltura biologica, è un grande passo avanti verso un'agricoltura sostenibile. G.G.

mercoledì 2 febbraio 2011

Italcementi contro i comitati

Il conflitto tra comitati della bassa padovana e Italcementi si arricchisce di un nuovo capitolo: la richiesta di condanna per diffamazione con relativa pena pecuniaria di 200 mila euro per danni morali, nei confronti dei rappresentati dei comitati “Lasciateci respirare” e “E noi?” da parte della multinazionale del cemento.

Sotto accusa il testo di alcuni volantini e, soprattutto, della diffida presentata contro l’intenzione dell’azienda di installare un nuovo impianto – revamping – nello stabilimento di Monselice in provincia di Padova.
Un “messaggio” chiaro da parte di Italcementi contro quanti in questi anni si sono mobilitati, hanno promosso iniziative, sottoscritto documenti, diffide e appelli per impedire che, con la costruzione del “revamping”, si prospetti per il territorio la “condanna” per altri 25 anni minimo di un carico inquinante riconosciuto dalle stesse istituzioni regionali come emergenziale.

Subito dopo i pareri positivi del Comune, dell’Ente Parco dei Colli Euganei e soprattutto della Provincia alla richiesta di attuazione del “revamping” con una torre alta 89 metri è arrivata, guarda caso, la mossa della direzione di Italcementi, mentre i comitati e alcune amministrazioni locali della zona hanno preannunciato il ricorso al Tar contro questa decisione e gli atti deliberatori in tal senso.

Non solo protesta, ma anche proposte, nell’azione di lotta dei comitati che, in alternativa al “revamping”, hanno formulato alternative concrete che hanno trovato ampio consenso sociale ma scarso riscontro da parte delle istituzioni, troppo spesso prone alle volontà di Italcementi.
Anche il sindacato, in questo territorio, si è dimostrato quasi sempre sordo ad alternative di questo tipo, fidando solo sulle “garanzie occupazionali” legate, di volta in volta, ai progetti proposti dall’azienda. «Ma la realtà è ben altra – ha commentato l’ambientalista Francesco Miazzi, portavoce dei comitati - : una evidente riduzione del mercato del cemento e la maggiore redditività per le aziende data dalla esternalizzazione della produzione in Stati con minori controlli, limiti di emissione e costi del lavoro, che ha già ridotto significativamente l’occupazione in questi impianti e presto – revamping o non revamping – ad ulteriori rischi di forte ridimensionamento nel prossimo futuro.
L’ostilità verso i comitati da parte di Italcementi è data anche dalla capacità di coinvolgimento non solo dei cittadini ma anche di molte istituzioni locali che si sono dichiarate contrarie al “revamping”, come ad esempio i Comuni di Este e Baone che hanno depositato un ricorso al Tar contro gli atti a favore di questo progetto.
«Purtroppo non tutti hanno avuto il coraggio di alzare la testa – continua Miazzi –. L’Ente Parco ha di fatto abdicato al proprio ruolo, disattendendo alle norme del proprio Piano ambientale.
Mentre continua a vessare i singoli cittadini per piccoli progetti di ristrutturazione domestica o per l’installazione di pannelli solari, si premura di non considerare una torre di 89 metri, quanto meno, incompatibile dal punto di vista paesaggistico». I comitati non demordono.

La citazione in giudizio, garantiscono, non li fermerà nella loro battaglia per la salute e per un diverso futuro di questo territorio, vocato a produzioni compatibili con il parco, foriere di vere possibilità di incremento occupazionale ed economico.
In questi giorni hanno presentato il ricorso al Tar per bloccare il progetto e rendere nulli gli atti e i pareri autorizzativi sinora emessi, e chiamano alla mobilitazione i cittadini per dare un segnale anche sociale ad Italcementi e a chi antepone il proprio interesse economico alla salute delle popolazioni di questo territorio.
Mentre continuano ad arrivare prese di posizione contro il revamping dal mondo accademico ed associazionistico ambientale va segnalata il comunicato di solidarietà con i comitati della sezione di Padova di Italia Nostra che condanna la citazione in giudizio di Italcementi ribadendo un giudizio negativo sul progetto revamping.

Paolo De Marchi
Terra Nord Est, Martedì 1 febbraio 2011

Conoscere la Valpolicella


III° Corso
Conoscere la Valpolicella
DALLA CONTEA SCALIGERA ALLA FINE DEL CINQUECENTO
Balconi di Pescantina
Via San Pietro Martire
4 marzo - 21 aprile 2011
In collaborazione con:
“Centro Documentazione per la Storia della Valpolicella”

Programma
VENERDI' 4 marzo - dalle ore 20.30 alle 22
Inaugurazione del III corso annuale “Dalla Contea della Valpolicella alla fine del Cinquecento”.
1° incontro: “Dalla Contea della Valpolicella alla caduta degli Scaligeri”. Prof. Gian Maria Varanini

DOMENICA 6 marzo
Testimonianze della Contea della Valpolicella:
visita guidata a Santa Maria in Valverde.
Ritrovo ore 9:30 in piazza a Marano. Facile.

VENERDI' 11 marzo - dalle ore 20.30 alle 22
2° incontro: “Aspetti artistici e arti figurative tra
Quattro e Cinquecento in Valpolicella”.
Dott.ssa Alessandra Zamperini

SABATO 12 marzo
Arte e architettura nel Quattrocento in Valpolicella. Visita a località Banchette (Fumane) e villa A vanzi a San Pietro In Cariano (previsto spostamento in auto). Ritrovo ore 14:30 nella piazza di Fumane. Facile.

VENERDI' 18 marzo - dalle ore 20.30 alle 22
3° incontro: “Il dominio veneziano in Valpolicella e il Vicariato”. Dott.ssa Valeria Chilese

DOMENICA 20 marzo
Testimonianze del Quattrocento in Valpolicella: visita al paese di San Pietro In Cariano. Ritrovo alle ore 9:30 nel parcheggio adiacente allo I.A.T. Facile.

VENERDI' 25 marzo - dalle ore 20.30 alle 22
4° incontro: “L’organizzazione ecclesiastica e aspetti religiosi in Valpolicella tra Quattro e Cinquecento”.
Dott.ssa Marianna Cipriani

SABATO 26 marzo
Testimonianze religiose del Quattrocento: la chiesetta di San Marziale a Breonio. Ritrovo ore 14:30 alla chiesa parrocchiale di Breonio. Facile.

VENERDI' 1 APRILE - dalle ore 20.30 alle 22
5° incontro: “La nascita delle ville in Valpolicella: le strutture a portico e loggia nel Quattrocento e nel Cinquecento”.
Dott.ssa Fiammetta Serego Alighieri

DOMENICA 3 APRILE
Aspetti artistici e architettonici del primo Cinquecento in Valpolicella: visita ad alcune ville dell’alta vallata di Negrar. Ritrovo ore 9 alla chiesa di Torbe.
Facile.

VENERDI' 8 APRILE - dalle ore 20.30 alle 22
6° incontro: “Economia: agricoltura, industria e commercio tra Quattro e Cinquecento in Valpolicella”.
Prof. Pierpaolo Brugnoli

DOMENICA 10 APRILE
Ville cinquecentesche in Valpolicella: villa Del Bene a Volargne. Ritrovo ore 14:30 presso la villa. Facile.

VENERDI' 15 APRILE - dalle ore 20.30 alle 22
7° incontro: “I giardini di villa tra Quattro e Cinquecento”.
Arch. Giuseppe Conforti

DOMENICA 17 APRILE
I giardini del Cinquecento: visita guidata a Villa Giona Fagioli (Cengia) e Villa Nichesola (Ponton)(previsto spostamento in auto). Ritrovo ore 9 in piazza a Corrubbio di Negarine. Facile.

GIOVEDI' 21 APRILE
Serata conclusiva del III corso annuale, consegna diplomi di partecipazione e presentazione dell’Annuario Storico della Valpolicella a cura del prof. Pierpaolo
Brugnoli.

Informazioni ed iscrizioni
CTG Verona - via Santa Maria in Chiavica, 7
Tel. 045 8004592
dalle 9 alle 12 dal lunedì al venerdì

Scarica il volantino con regolamento e scheda di iscrizione

Venerdì 4 febbraio incontra il Comitato Fumane Futura e l'Associazione Valpolicella 2000

Venerdì 4 Febbraio alle ore 21:00 presso l'Agriturismo Costa degli Ulivi di Fumane si terrà l'incontro di tutti i soci, amici e simpatizzanti del Comitato Fumane Futura e Associazione Valpolicella 2000.
Un importante momento informativo in cui verrà illustrato lo stato attuale del nostro lavoro, i progetti per l'anno 2011 e uno spazio per trovare risposta alle tue domande.
Per chi lo desidera sarà possibile rinnovare il tesseramento per l'anno 2011, fissato a 20 euro per una delle due associazioni, 30 euro per entrambi le tessere Fumane Futura e Valpolicella 2000.
Per allietare la serata vino, bibite e torte offerte dalle associazioni.

Partecipare è importante... non mancare a questo appuntamento.
La serata è aperta a tutti, spargi la voce tra amici, parenti e conoscenti.

"Se l'informazione e la conoscenza migliorano la nostra vita non lasciamo che gli altri decidano per noi"

Vi aspettiamo

martedì 1 febbraio 2011

Pederobba. Marotta: inquinamento oltre i limiti di legge e rischio salute

Il forno di cottura del cemento di Pederobba è lo stesso forno a Cicloni che vogliono costruire a Fumane. C'è ancora qualche illuso che pensa che a Fumane, se viene costruito il forno, Cementirossi non richiederà di coincenerire anche i pneumatici?







«Uno studio epidemiologico, per verificare eventuali relazioni tra il grave inquinamento della Pedemontana trevigiana e la salute della popolazione locale». Lo chiede, in un’interrogazione ricca di dati, Gennaro Marotta, consigliere regionale di Italia dei Valori, che domanda alla Giunta Zaia anche: «se conosce la situazione e quali controlli ambientali, sanitari e concrete misure precauzionali vuole attuare nell’area di Pederobba, per contenere le cause dell’inquinamento dell’aria».

Nella sua interrogazione il politico dipietrista punta i riflettori sul Cementificio Cementirossi di Pederobba, dal 1996 autorizzato dalla Provincia di Treviso al co-incenerimento di pneumatici. Le iniziali 35mila tonnellate/anno sono lievitate a 60mila, cui se ne sommano altrettante di Pet-coke, la “feccia della raffinazione petrolifera”, densa di zolfo e metalli pesanti.

«Da questo cementificio, l’ottavo in Italia per emissioni di monossido di carbonio – attacca il segretario regionale IdV – escono ogni anno 594.000 tonnellate di CO2, 1.520 tonnellate di CO, 27,7 tonnellate di Ammoniaca (NH3) e 981 tonnellate di Ossidi di azoto (NOx/NO2). In più preleva 2 milioni di metri cubi d’acqua dai pozzi di falda, che poi rilascia nel Piave, due volte e mezzo l’acqua consumata a Pederobba per usi civili. Inoltre, per l’usura precoce dei filtri, il co-inceneritore nel 2007 avrebbe emesso il triplo delle polveri sottili, passando da da 6 a 18 tonnellate/anno».

«La popolazione della Pedemontana trevigiana – afferma un preoccupato Marotta – dovrebbe essere informata meglio sugli IPA, gli Idrocarburi Policiclici Aromatici, inquinanti molto pericolosi perché cancerogeni, mutageni ed interferenti endocrini, da cui il corpo non si libera mai. Ebbene, nel territorio di Pederobba è stato registrato un inquinamento da IPA di quasi il doppio rispetto ai limiti di legge, mentre a 2,5 km in linea d’aria, a Valdobbiadene, patria del Prosecco, l’ARPAV ha rilevato tra il 2007 e il 2008 valori medi di IPA di 2,3 milligrammi per metro cubo – dove il limite è di 1 mg/mc – con punte fino a 7,5 mg/mc».

«I grattacapi non finiscono qui – ribadisce Marotta – il Comune di Pederobba sarebbe in procinto di autorizzare tre nuovi grandi impianti di cogenerazione, che porterebbero ulteriori immissioni in atmosfera. A Possagno la Provincia ha autorizzato un’attività di macinazione di pneumatici, che tratterà 10 milioni di pezzi all’anno per poi bruciarli nel vicino cementificio. Sempre la Provincia di Treviso vorrebbe incenerire a Pederobba anche il CDR della raccolta non differenziata di rifiuti».

«In tutto questo – conclude Marotta – sarebbe gravissimo se l’ULSS 8 non avesse mai avviato alcun monitoraggio sulla salute di adulti e bambini, anche se i medici e i pediatri della Pedemontana lo chiedono, con forza, da tempo».