Genova, 4 Marzo 2012
Dopo il pranzo domenicale a casa di mammà, mi capita tra le mani Repubblica. Sfogliandolo mi cade l'occhio sull'editoriale di Scalfari intitolato “Una strana gioventù che odia la velocità” dove l’autore in particolare si stupisce “della posizione degli studenti, ostile all'alta velocità”.
Oibò, a me invece stupisce il suo stupirsi! Da giornalista navigato forse dovrebbe informarsi un po' sulle aspirazioni e i sentimenti giovanili. Questi “strani giovani”, per ragioni anagrafiche lontani da lui, pensano al loro futuro. Quello che sarà l'Italia o il mondo tra 20 anni li tocca immensamente più di quanto non tocchi le persone dell’età di Scalfari, che, pur augurandogli lunga vita, chissà forse a quell'epoca li guarderà dall’alto.
I giovani meglio dei vecchi hanno capito che questo modello di società e sviluppo insostenibile sta distruggendo il loro futuro, i loro padri hanno permesso il depredamento delle risorse naturali, lo scempio del paesaggio, l'ipertrofia dei sistemi finanziari e speculativi, la corruzione, l'attaccamento al potere..., e si sono persi i rapporti di solidarietà e di comunità, i posti di lavoro, il welfare, la natura incontaminata, l'onestà, e mille altri valori.
I giovani meglio dei vecchi capiscono che per salvarsi bisogna ripensare il modello di società e di consumi. I giovani forse capiscono meglio concetti come “km 0”, “filiera corta”, “autoproduzione”, “sostenibilità”, “decrescita”, “beni comuni” ecc.. di cui forse Scalfari non sa il significato o li relega a utopie da ecologisti estremi, ignorando quanto stiano diventando realtà.
Sognamo un futuro dove non ci sia neanche bisogno di spostare tutte quelle merci per le quali sacrifichiamo intere comunità montane ed enormi quantità soldi pubblici, perché nel futuro che vogliamo avremo imparato a consumare meno e a consumare prodotti locali, prodotti da giovani che tornano a coltivare la terra e a fare artigianato o da piccole imprese sul nostro territorio.
Ora mi si accuserà di utopia, ma ci sono esperienze di tutto ciò e l'alternativa è la morte del genere umano e del pianeta. Pertanto preferisco inseguire l'utopia.
L'unico modo per produrre ricchezza non è produrre merci da sostituire continuamente perché già obsolete, né costruire infrastrutture inutili e dannose, a vantaggio del partito del cemento.
Possiamo produrre benessere investendo in altri settori utili e sostenibili. Vogliamo aiutare l'edilizia? Risaniamo energeticamente tutto il patrimonio immobiliare, così saremo anche meno assillati dalla crisi energetica; mettiamo in sicurezza il territorio così non dovremo piangere morti e danni alla prossima alluvione; investiamo sull'agricoltura e il recupero dei boschi, sul turismo e l'artigianato. Tutte attività che hanno impatti positivi e duraturi.
I giovani forse questo lo intuiscono ed è per questo che protestano, anche per difendere il diritto a dissentire e ad opporsi a scelte scellerate; la repressione poliziesca è un pessimo segnale e i giovani lo sanno bene.
Nel merito dell'opera ad oggi non ho ancora sentito una sola risposta alla domanda fondamentale: “Se le merci che viaggiano sono solo 3 mln tonnellate e la linea esistente può portarne fino a 20, a cosa serve una nuova linea?”. Le risposte sono state solo l'infantile “perché sì” oppure l'autoritaria repressione.
Per concludere con un sorriso riporto ancora la risposta del presidente Cota: “serve a fare aprire il Piemonte, anche psicologicamente”…
Ma se mandassimo in analisi tutti i piemontesi non è che magari ci costerebbe meno?
Ing. Silvia Parodi - Genova
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