In tutti gli inventari sulla produzione di diossine esiste una incredibile lacuna: nessuno conta le diossine presenti nelle ceneri prodotte dagli inceneritori.
E’ un fatto certo e documentato che gli inceneritori con recupero energetico producono rifiuti speciali e rifiuti tossici, ovvero le ceneri pesanti che restano sul fondo del forno e le ceneri leggere prodotte dalla depurazione dei fumi.
Ad esempio, per ogni tonnellata di rifiuto che è stato termovalorizzato dall’inceneritore di Brescia, questo stesso impianto ha prodotto 180 chili di ceneri pesanti e 41 chili di polveri leggere.
Si tratta di rifiuti solidi più pericolosi dei rifiuti urbani trattati, che occorre smaltire in sicurezza.
Non è affatto un problema secondario, in quanto le quantità di ceneri in gioco non sono per niente trascurabili: nel 2005 l’inceneritore di Brescia ha prodotto, complessivamente 167.389 tonnellate di ceneri (136.268 tonnellate di ceneri pesanti e 31.121 tonnellate di ceneri leggere): una quota di 882 chili di rifiuti per ciascun abitante del comune di Brescia che non sono entrati in nessun bilancio ambientale.
Non si può ignorare che nelle ceneri sono presenti sostante tossiche in quantità tutt’altro che trascurabili. In particolare, in base a studi su inceneritori italiani e spagnoli, per ogni tonnellata di rifiuto incenerito, grazie a questo trattamento, si producono da 2 a 7 microgrammi di diossine nelle ceneri pesanti e da 2 a 11 microgrammi nelle ceneri leggere.
In particolare, nelle ceneri prodotte dall’inceneritore spagnolo le concentrazioni di diossine sono risultate pari a 512 microgrammi TEQ per tonnellata nelle ceneri leggere e 10 microgrammi TEQ per tonnellata nelle ceneri pesanti.
Poiché in una tonnellata di rifiuto incenerito in quello stesso impianto (stima alla fine degli anni ’90) sono circa 2 i microgrammi di diossine presenti (in prevalenza, nei nostri scarti di cibo contaminati), se ne conclude che l’incenerimento è un sistema che, per recuperare un poco di energia dai rifiuti urbani, produce rifiuti più pericolosi di quelli termovalorizzati.
Questa affermazione è vera anche perché nelle ceneri, insieme alle diossine, si trovano diversi metalli tossici e cancerogeni come gli idrocarburi policiclici aromatici e anche questi inquinanti, nelle ceneri, sono a concentrazione superiore a quelli misurati nei rifiuti inceneriti.
L’idea di risolvere il problema, come è stato fatto nel recente passato in paesi come la Danimarca, usando le ceneri pesanti per riempimenti stradali e per asfalto e utilizzando le ceneri leggere per fare manufatti in cemento, non ci sembra una scelta prudente.
La scelta più prudente, se proprio si insiste nel volere incenerire i rifiuti, è quella di mescolare le ceneri ad una adeguata quantità di cemento e mettere il tutto in discariche controllate che diano garanzia di tenuta per i secoli a venire.
In Germania usano, a questo scopo, le vecchie miniera di salgemma, dove vanno certamente le ceneri leggere dell’inceneritore di Vienna e per qualche tempo sono anche andate le ceneri leggere dell’inceneritore di Brescia.
Ovviamente la scelta ancora più prudente e saggia, sarebbe quella di rinunciare all’incenerimento e puntare decisamente a modelli di produzione e consumo a “rifiuti zero”, una scelta tutt’altro che utopica.
Per quantificare il problema delle diossine nelle ceneri, ricordiamo che nel 2006 in Italia abbiamo incenerito “solo” 4 milioni di tonnellate di rifiuti; ipotizzando, con le ceneri, una produzione media di 5 microgrammi di diossine per ogni tonnellata incenerita, in quello stesso anno abbiamo prodotto, con le ceneri e grazie all’incenerimento, circa 20 grammi di diossine che, a nostro avviso, dovrebbero essere aggiunti ai 302 grammi di diossine della stima ufficiale di quell’anno, stima che ha valutato solo le diossine immesse nell’ atmosfera del nostro Paese.
Federico Valerio
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